nel processo tributario è possibile la sospensione dell’esecuzione delle sentenze sfavorevoli al contribuente sia di primo che di secondo grado
L’esecuzione della sentenza della Commissione tributaria regionale può essere sospesa qualora sia presentata istanza di parte e se dall’esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile, anche nel caso in cui sia stato già proposto ricorso per cassazione.
Quanto sopra è contenuto nella sent. n. 109 depositata il 24 aprile 2012 della Corte Costituzionale che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, c. 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992 (il quale prevede che alle sentenze di appello si applicano le disposizioni civilistiche fatto salvo l’art. 337 C.p.c. in tema di sospensione dell’esecuzione della sentenza e dei processi) in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost..
Sospensione dell’esecuzione: principio civilistico
Il legislatore disciplina l’istituto della sospensione dell’esecuzione nell’ambito del ricorso per cassazione all’art. 373 C.p.c., prevedendo che il ricorso stesso non sospende l’esecuzione della sentenza, anche se il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte (da presentare al giudice di pace o al tribunale) qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione (artt. 119, 177 n. 2, 623 c.p.c.).
Circa l’applicazione dell’istituto della sospensione (art. 373 C.p.c.) anche al giudizio tributario si devono registrare difformi orientamenti giurisprudenziali a cui hanno trovato una soluzione varie pronunce della Corte di Cassazione (cfr. sent. n. 217/2010). La giurisprudenza di merito dal canto suo ha affermato che al giudice di appello non è consentito la sospensione dell’esecutività della sentenza di secondo grado in pendenza del ricorso per cassazione, secondo quanto statuito dalla sentenza n. 165 del 2000 (CTR Lazio 24 novembre 2011). Appaiono contestabili la «diretta» applicazione dell’art. 373 c.p.c. e gli asseriti connotati della necessità dell’esecuzione coattiva in atto, di una irreparabilità del danno insuscettibile in assoluto di ristorabilità per equivalente, dell’irrilevanza del «fumus boni iuris», dovendosi escludere, altresì, che il deposito del ricorso per cassazione costituisca condizione di ammissibilità dell’istanza. (CTR Lazio ord. 13 gennaio 2010).
Sospensione in ambito tributario
La tutela cautelare costituisce un elemento processuale di equilibrio tra le parti in causa, assurgendo a strumento di compensazione, in sede processuale, dello squilibrio tra contribuente e fisco a seguito dell’emanazione dell’atto impositivo. La tutela cautelare si contraddistingue per la esecutività, essendo connotata dalla strumentalità e dalla provvisorietà. La prima consiste nel fatto che la misura cautelare è preordinata ad assicurare o garantire gli effetti sattisfattivi della decisione di merito, mentre la seconda consiste nel fatto che il provvedimento cautelare è destinato a venire meno con la sentenza di merito. Nel processo tributario l’azione cautelare può proporsi solo nel corso della causa in via incidentale e, pertanto, in funzione di essa, mentre non è possibile nel sistema processuale tributario una tutela cautelare preventiva avverso gli atti. L’art. 47 elenca le condizioni che devono ricorrere affinché la Commissione tributaria provinciale possa emettere il provvedimento di sospensione, che consistono nel fumus boni juris e nel periculum in mora. Il primo è da intendere come la ragionevole ammissibilità o fondatezza apparente del ricorso ricavabile da una cognizione sommaria delle censure. Il periculum in mora è il fondato timore che nelle more del processo il contribuente possa subire un ulteriore e diverso danno connotato dai caratteri della gravità e irreperibilità (cd. danno indiretto). Su tali condizioni necessarie per il conseguimento della sospensione dell’atto impugnato, l’amministrazione finanziaria ha chiarito che il ricorso deve apparire ammissibile e fondato (fumus boni juris) e che l’esecuzione del provvedimento può essere sospesa solo nel caso si concreti un danno grave ovvero economico e non più riparabile anche in presenza di una decisione favorevole al ricorrente. Il procedimento cautelare si conclude con ordinanza motivata non impugnabile, che deve essere comunicata alle parti ex art. 16, c. 1, e quindi al ricorrente, all’ufficio finanziario, all’ente locale o al concessionario (Circ. Min. 23 aprile 1996, n. 98/E). Il successivo art. 49 prevede che alle impugnazioni delle sentenze delle CT si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, fatta eccezione per l’art. 337 Cpc il quale sancisce che il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza a meno che dall’esecuzione derivi un danno grave e irreparabile.
Sentenza n. 109/2012
A seguito di istanza cautelare presentata dal contribuente ai fini della sospensione dell’esecuzione di alcune sentenze di appello impugnate per cassazione, la CTR della Lombardia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, c. 1, del D.lgs. n. 546/92 nella parte in cui non prevede la possibilità di sospensione dell’esecutività della sentenza di appello impugnata con ricorso per cassazione. I giudici delle leggi hanno rilevato preliminarmente che la norma impugnata può essere interpretata in modo più estensivo al fine di superare i dubbi di legittimità costituzionali. In particolare, la Corte, uniformandosi a precedenti sentenze dei giudici di legittimità1, ha ritenuto che il dettato normativo dell’art. 337 c.p.c.è costituito da una regola (“L’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell’impugnazione di essa”) e da un’eccezione alla stessa regola (“salve le disposizioni dell’art. 373 Cpc”) ed anche l’art. 373 è formato a sua volta da una regola (“Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza”) e da una eccezione (“... Il giudice può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione derivi un danno grave e irreparabile, disporre che l’esecuzione sia sospesa”). L’inapplicabilità al processo tributario dell’art. 337 c.p.c. non comporta necessariamente l’inapplicabilità al processo anche delle suddette regole ed eccezioni, e, quindi, non esclude di per sé la sospendibilità dell’esecuzione della sentenza di appello impugnata per cassazione
Sul tema in esame, sovviene anche un recente pronunciamento della Suprema Corte che ha ritenuto che al ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione tributaria regionale si applica la disposizione di cui all’art. 373, c. 1, C.p.c., secondo cui il giudice di merito, può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile disporre con ordinanza la sospensione della sentenza (Cass. 24 febbraio 2012, n. 2845).
23 agosto 2012
Enzo Di Giacomo
1 Cass 17 giugno 2010, n. 217. E stata dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, c. 1, del d.lgs. n. 546/92 in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di sospensione della sentenza di appello tributaria, impugnata con ricorso per cassazione, quando sopraggiunga il pericolo di un danno grave ed irreparabile.