la nuova normativa relativa agli studi di settore dovrebbe tendere a suggerire ai contribuenti di adeguarsi ai dati degli studi, nel caso in cui gli scostamenti non siano originati da giustificati motivi
La circolare del 16/03/2012 n. 8 dell’Agenzia delle Entrate ha esaminato, fra l’altro, le novità normative in materia di studi di settore, fornendo gli attesi chiarimenti in ordine ai decreti legge n. 98, n. 138 e n. 201 del 2011, convertiti con modificazioni, rispettivamente, dalle leggi n. 111, n. 148 e n. 214 del 2011.
Puntiamo la nostra attenzione, in questo intervento, su alcuni dei passaggi più significativi.
L’effetto compliance
Ciò che è da rimarcare subito è l’informazione data dalla C.M. n. 8 del 16 marzo 2012 per le attività di analisi del rischio, di selezione e di controllo. L’Agenzia delle Entrate potrà, infatti, inviare specifici inviti ad adempiere agli obblighi dichiarativi ai contribuenti potenzialmente interessati, senza che tali inviti precludano agli stessi la possibilità di sanare il comportamento omissivo ai fini dell’applicazione delle sanzioni incrementate in argomento.
È stata, quindi, prevista la possibilità di trasmettere un invito, diverso da quelli previsti dagli artt. 32 del DPR n. 600 del 1973 e 51 del DPR n. 633 del 1972, e più in generale dagli atti di cui al comma 1 dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, basato esclusivamente sui dati indicati in dichiarazione e, quindi, non sulle risultanze dei controlli effettuati, che possa ulteriormente incentivare i comportamenti virtuosi, anche successivamente ai termini di scadenza della presentazione di UNICO.
Pur non prevedendo la norma che l’Agenzia delle Entrate invii obbligatoriamente un invito a tutti i soggetti potenzialmente interessati, la stessa stabilisce che, nel caso l’Amministrazione si attivi in tal senso ai fini dell’incremento della compliance dichiarativa, ciò non abbia effetti preclusivi nei confronti del destinatario.
In pratica, si selezionano i soggetti non congrui e non coerenti, per esempio, per una determinata annualità, e si inviano a tali soggetti delle comunicazioni persuasive.
L’art. 10, c. 4- bis, della legge n. 146 del 1998
La lettera d dell’articolo 23, comma 28, del decreto legge n. 98 del 2011 prevede che “è soppresso il seguente periodo: «In caso di rettifica, nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.»”, in precedenza previsto al comma 4-bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146 in relazione agli accertamenti nei confronti dei contribuenti che abbiano dichiarato, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità.
Si ricorda che il periodo abrogato era stato aggiunto dal comma 17 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e trovava applicazione con riferimento agli accertamenti riguardanti i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi.
Al riguardo, la circolare n.8/2012 fa osservare che alla citata disposizione abrogativa non conseguono, peraltro, modifiche degli indirizzi operativi forniti in passato relativamente ai criteri di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo ed alla necessaria completezza della motivazione di ciascun accertamento.
Pertanto, le Direzioni provinciali procederanno al controllo della corretta contabilizzazione e dichiarazione dei ricavi e dei compensi conseguiti dagli operatori economici che risultano “congrui” rispetto alle risultanze degli studi di settore solo nel caso in cui, a seguito di una puntuale attività di analisi del rischio e di selezione, ed in particolare alla luce delle risultanze degli indicatori di coerenza e di normalità, ritengano sussistenti elementi idonei a giustificare il controllo di dette specifiche posizioni soggettive.
Particolare attenzione andrà posta alla veridicità dei dati dichiarati ai fini dell’applicazione degli studi di settore, con l’eventuale pianificazione di specifiche attività di riscontro degli stessi, realizzate anche con l’effettuazione di appositi accessi brevi.
In merito, vengono, inoltre, richiamate le indicazioni già fornite con le precedenti direttive interne e circolari. In particolare, con la circolare n. 58/E del 27 giugno 2002 (cfr. paragrafo 12.1) è stato evidenziato che “l’attendibilità delle procedure di elaborazione degli studi di settore non impedisce all’Amministrazione di svolgere l’azione di accertamento con le ordinarie procedure e di pervenire a risultati diversi da quelli degli stessi studi, anche nei confronti dei contribuenti che risultano congrui e coerenti. In tali casi, per evitare che i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore possano essere validamente opposti dai contribuenti, è necessario, però, che la determinazione dei maggiori ricavi o compensi si fondi su obiettivi elementi e su una convincente ricostruzione logica ed argomentata dei ricavi o dei compensi stessi che tenga conto delle peculiarità della posizione soggettiva sottoposta a controllo. Ovviamente, in presenza della prova certa di ricavi omessi, non assumerà alcun rilievo la circostanza che il contribuente sia congruo e coerente rispetto agli studi di settore”.
Quindi, anche a seguito della eliminazione, nel comma 4-bis dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, della disposizione che imponeva di evidenziare “le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”, resta dunque fermo che la motivazione dell’avviso di accertamento dovrà dare specifica evidenza alla circostanza che le presunzioni, eventualmente utilizzate per la ricostruzione dei ricavi o compensi effettivamente conseguiti, presentano requisiti di gravità, precisione e concordanza di entità e qualità tali da rendere la ricostruzione stessa maggiormente attendibile rispetto a quella derivante dall’applicazione degli studi di settore.
In particolare, nel caso di eventuale acquisizione, nell’ambito dei controlli, di elementi idonei a fondare presunzioni dotate dei predetti requisiti, gli stessi andranno adeguatamente valorizzati nella motivazione dell’atto accertativo, al fine di provare l’omessa dichiarazione di ricavi o compensi in maniera più convincente rispetto a quanto scaturente dalle risultanze degli studi di settore.
Accertamenti analitico-presuntivi in caso di congruità
L’art. 2, c. 35, del decreto legge n. 138/2011 ha modificato l’art. 10 della legge n. 146 del 1998, intervenendo sul comma 4-bis che prevede la limitazione dei poteri accertativi nel caso in cui un soggetto sia risultato congruo alle risultanze degli studi di settore.
Successivamente all’entrata in vigore di tale disposizione, il comma 12 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011 ha abrogato il citato comma 4-bis “con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 e successive”.
Alla luce di ciò, in relazione ad annualità antecedenti il 2011, per un soggetto congruo, prima della modifica normativa operata dal comma 35 in commento, l’accertamento di tipo presuntivo previsto all’articolo 39, comma 1, lettera d, periodo 2, del D.P.R n. 600 del 1973, e all’articolo 54, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, poteva essere effettuato solo al verificarsi di almeno una delle seguenti condizioni:
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che l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, fosse superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;
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che l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, fosse superiore, in valore assoluto, a 50.000 euro.
Con l’intervento in commento viene previsto, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto, che “in relazione ad un’annualità di imposta” la limitazione dei poteri accertativi in precedenza citata “sussiste solo se il contribuente interessato è risultato congruo, anche a seguito di adeguamento, agli studi di settore anche per l’annualità precedente oggetto di controllo”.
Naturalmente, in ragione della metodologia di elaborazione degli studi di settore, i valori di congruità tengono necessariamente conto delle risultanze, in termini di maggiori ricavi o compensi, degli indicatori di normalità economica di cui all’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998.
In merito, vengono richiamati i chiarimenti forniti con la circolare n. 44/E del 2008. In tale sede, in relazione ai primi studi approvati con i cosiddetti INE a “regime”, è stato evidenziato che “il contribuente dovrà confrontare i propri ricavi/compensi dichiarati con quelli risultanti dall’applicazione della tradizionale analisi della congruità e della nuova analisi di normalità economica. La procedura GERICO 2008 evidenzierà la “congruità” ai risultati dello studio qualora il soggetto dichiari ricavi o compensi di ammontare pari o superiore al valore puntuale calcolato sulla base degli studi di settore aumentato degli eventuali maggiori ricavi o compensi derivanti dall’applicazione della normalità economica”.
La modifica normativa in argomento ha natura procedimentale, atteso che non muta il profilo sostanziale dei singoli ambiti impositivi interessati. Ne consegue che la disposizione in esame ha efficacia anche per le rettifiche relative ai periodi d’imposta, sino al 2010, ancora accertabili.
Laddove però il contribuente risulti interessato nel periodo d’imposta precedente a quello oggetto di controllo da una delle cause di esclusione ovvero di inapplicabilità, ai fini della predetta verifica della congruità per il periodo anteriore, lo stesso non possa essere considerato “assimilato” ad un periodo d’imposta con ricavi o compensi “congrui”.
Infatti, la nuova disposizione del decreto legge n. 138 del 2011, limitando i poteri di accertamento dell’Ufficio nei confronti dei soggetti che risultano congrui per due anni consecutivi, appare diretta a “premiare” i contribuenti che, nel tempo, sin dal momento di presentazione della dichiarazione annuale evidenziano un volume di compensi o ricavi non inferiore a quello stimato dallo studio di settore ad essi applicabile.
Le novità di cui al decreto legge n. 201 del 2011
I commi da 9 a 13 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011 disciplinano i limiti dell’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti “congrui e coerenti” alle risultanze degli studi di settore.
In particolare, a partire dal periodo di imposta 2011 sono state introdotte limitazioni ai poteri di accertamento nei confronti dei soggetti che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi, a condizione che gli stessi soggetti:
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abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;
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sulla base di tali dati, risultino coerenti con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.
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siano “potenzialmente” accertabili sulla base delle risultanze degli studi di settore. Sono quindi esclusi i contribuenti che presentano cause di inapplicabilità o di esclusione dagli studi, compresi quelli nei cui confronti lo strumento accertativo non si rende applicabile ai sensi del DM 11 febbraio 2008 (cfr successivo paragrafo 5).
Nell’individuazione dei soggetti che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi, occorre tenere altresì conto degli eventuali maggiori valori risultanti dagli specifici indicatori di normalità economica, di cui all’articolo 10-bis, comma 2, della legge n. 146 del 1998.
Infatti, poiché tali indicatori formano parte integrante degli studi medesimi e partecipano alla determinazione dei ricavi/compensi stimati, il valore di riferimento ai fini della congruità, come già precisato nella circolare n. 44/E del 2008 e, di recente, nella circolare n. 30/E del 2011, tiene conto dell’applicazione dell’analisi di congruità, dell’analisi di normalità economica e degli eventuali correttivi per la crisi, evidenziato da GE.RI.CO.
Sulla base della disposizione introdotta nei confronti dei soggetti congrui e coerenti:
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sono preclusi gli accertamenti di tipo “analitico – presuntivo” disciplinati all’articolo 39, comma 1, lettera d, periodo 2, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall’articolo 54, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972);
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la determinazione sintetica del reddito complessivo (di cui all’articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973), è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (in luogo di almeno un quinto, come previsto ordinariamente dal sesto comma del citato articolo 38);
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è ridotto di un anno il termine di decadenza per l’attività di accertamento effettuata ai fini delle imposte dirette (ai sensi dell’articolo 43, comma 1, del citato D.P.R. n. 600 del 1973) e dell’IVA (articolo 57, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 972). Tale ultimo beneficio non si applica nel caso in cui il contribuente abbia commesso una violazione che comporti l’obbligo di denuncia per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 (cfr. i chiarimenti forniti con la circolare n. 54/E del 2009).
Il comma 12 dell’articolo 10 in esame prevede, altresì, che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla nuova disciplina, tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente. Inoltre, è stabilito che con lo stesso provvedimento siano dettate le relative disposizioni di attuazione.
Il comma 12 dell’art. 10 in commento, coerente con il nuovo assetto normativo, abroga il comma 4–bis dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998, in materia di limitazioni alle attività di accertamento effettuate nei confronti dei soggetti congrui, ed il successivo articolo 10-ter, relativo agli effetti dell’adesione agli inviti predisposti sulla base delle risultanze degli studi di settore.
Le citate abrogazioni, come anche le limitazioni ai poteri di accertamento, tenuto conto di quanto disposto dal comma 13 dell’articolo 10 in commento, hanno effetto con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive. Resta quindi confermata la previgente normativa per le dichiarazioni relative all’annualità 2010 ed a quelle precedenti.
Ai sensi del comma 11 dell’articolo 10 in esame, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza devono destinare parte della propria capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo nei confronti dei contribuenti cui si applicano gli studi di settore in fase accertativa e per i quali non sono applicabili le predette disposizioni limitative di cui al comma 9 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011.
I citati controlli, in relazione ai quali l’Agenzia si è riservata di fornire a breve indicazioni operative, dovranno articolarsi su tutto il territorio nazionale in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e saranno basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’articolo 7, comma 6, del D.P.R. n. 605 del 1973.
Inoltre, la disposizione in commento prevede anche che nei confronti dei contribuenti non congrui e non coerenti, lo svolgimento dei controlli avviene prioritariamente con l’utilizzo delle indagini finanziarie.
9 maggio 2012
Roberta De Marchi