Circolari del fisco vincolanti per il concessionario

le circolari emanate dall’amministrazione finanziaria vincolano il concessionario della riscossione, data la sua posizione di soggezione che, in quanto tale, lo vincolano al rispetto delle direttive ed istruzioni impartite dalla stessa amministrazione

Le circolari emanate dall’amministrazione finanziaria vincolano il concessionario della riscossione, attesa la sua posizione di soggezione che in quanto tale lo vincolano al rispetto delle direttive ed istruzioni impartite dalla stessa amministrazione

La SC con la sentenza n. 3907 del 12 marzo 2012 ha ritenuto che il concessionario non può discostarsi dalla circolari amministrative che sino a quel momento avevano negato il rimborso dell’imposta versata

 

Natura giuridica delle circolari amministrative

Com’è noto le circolari amministrative sono meri atti di prassi interna interpretativi di disposizioni normative sostanziali ed in quanto tali non vincolanti per i terzi.

La circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva (Cass. SS.UU, 2 novembre 2007, n. 23031). Sulla stessa falsariga si sono espressi i giudici amministrativi precisando che le circolari sono atti di indirizzo interpretativo, non vincolanti per i soggetti estranei all’Amministrazione, mentre risultano vincolanti per gli organi destinatari solo se legittime, in quanto disapplicabili se siano contra legem. Esse non possono essere contrarie a norme regolamentari e/o di legge e non sono vincolanti nei confronti dell’organo destinatario delle stesse. (Cons. di Stato 15 ottobre 2010, Sez. V, 7521).

In ambito tributario il termine per proporre ricorso dinanzi alla Commissione provinciale è disciplinato dall’art. 21, c. 1, del d.lgs. 546/92 e deve avvenire entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato. Il successivo secondo comma fa riferimento al ricorso avverso il rifiuto tacito alla restituzione di una imposta, risultando circoscritto alle sole situazioni in cui vi sia un diniego di rimborso a fronte di un pagamento indebito. Quindi il termine biennale ivi previsto non risulta applicabile nelle ipotesi in cui il contribuente non è tenuto a presentare apposita istanza, avendo già richiesto il rimborso nella dichiarazione annuale IVA e la successiva domanda presentata è da considerarsi come atto interlocutorio al fine di sollecitare il rimborso di quanto dovuto in forza di una richiesta già formalizzata. Ne consegue che in tali ipotesi è da applicarsi, ai sensi dell’art. 2946 c.c., il termine di prescrizione decennale decorrente dalla data in cui è sorto il rimborso.

 

Il caso

Nella fattispecie portata al vaglio della Suprema Corte una società concessionaria per la riscossione dei tributi del centro-nord ha impugnato l’atto emesso dall’Agenzia delle entrate con cui veniva negato il rimborso dell’IVA versata sugli aggi esattoriali percepiti per la riscossione dei contributi consortili. Per quanto precede la società ha eccepito la violazione e falsa applicazione del citato art. 21 in quanto la CTR ha fatto decorrere il termine per il rimborso dalla data dei pagamenti e non dalla data prevista da una circolare amministrativa.

La SC ha ritenuto che l’assunto della CTR , secondo cui la decorrenza del termine di cui all’art. 21 non può ancorarsi alla data di emanazione di risoluzioni dell’amministrazione finanziaria interpretative della normativa, essendo tali risoluzioni inidonee a costituire un diritto prima insussistente, è certamente corretto in linea generale, come ribadito più volte dalla giurisprudenza di legittimità. In particolare, il termine di due anni fissato dalla norma decorre, in ogni caso, dalla data del pagamento, atteso che circolari e risoluzioni amministrative interpretative di norme sostanziali non sono idonee a costituire un diritto prima insussistente e, quindi, irrilevanti quali “presupposto per la restituzione” in materia di rimborso (Cass 26 marzo 2009, n. 7271). Tale principio, pur astrattamente condivisibile, va rapportato comunque alle singole fattispecie di rimborso, in relazione alle modalità di formazione dei titoli abilitanti a far valere i relativi diritti e ai soggetti che ne sono destinatari. Esso non può essere applicato trascurando la peculiarità della posizione di soggezione del concessionario, che in quanto vincolato al rispetto delle direttive ed istruzioni impartite dall’amministrazione, non può discostarsi dalle circolari amministrative.

 

Ciò posto, i giudici di legittimità, avallando precedenti giurisprudenziali (cfr. Cass. Sez. V, sent. 11 settembre 2009, n. 19623), hanno affermato che ai fini del rimborso IVA indebitamente versata trova applicazione il termine biennale di decadenza di cui all’art. 21, c. 2, d.lgs. n. 546/92, il quale decorre non già dalla data di versamento dell’imposta ma dall’emanazione della circolare n. 52/E del 1999. che ha riconosciuto la natura tributaria dei contributi consortili. In particolare, “il valore meramente ricognitorio di diritti e obblighi, normalmente ricollegabile all’interpretazione ministeriale, non esclude infatti la possibilità di attribuire, nella specie, valore determinante alla circolare, tenuto conto della posizione di soggezione del concessionario che, in quanto vincolato al rispetto delle direttive ed istruzioni impartite dall’amministrazione, non poteva discostarsi dalle circolari amministrative che fino a quel momento avevano negato il diritto al rimborso”. 1

Va evidenziato, in conclusione, che le circolari, atti interni e come tali non vincolanti per il contribuente, non sono impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, al giudice ordinario in quanto non assurgono ad atti generali di imposizione, e né dinanzi alle commissioni tributarie.

 

 

13 aprile 2012

Enzo Di Giacomo

1 Cass. 15 marzo 2011, n. 6056. Le circolari del ministero delle finanze non sono vincolanti, per cui il contribuente che si è uniformato ad un’interpretazione fornita nella circolare dell’amministrazione finanziaria si salva solo dall’esclusione di sanzioni atteso che tali documenti non sono fonte di obblighi o diritti per il privato.