Utile di esercizio delle società di capitali: quando è possibile la distribuzione ai soci

La destinazione dell’utile annuale (eventualmente) conseguito dalla società viene determinata dalla stessa assemblea dei soci che approva il bilancio.

 

Tuttavia, la libera volontà dei soci è subordinata al previo rispetto di alcuni vincoli che in questo scritto si vuol cercare di illustrare. Si tratta di vincoli che derivano principalmente dalla legge, ma come vedremo anche la stessa compagine sociale può avere predeterminato dei vincoli all’utile disponibile, e ciò sia in sede di statuto, sia in sede di delibere precedenti.

 

1. I VINCOLI IMPOSTI DALLA LEGGE

Poiché l’ordine di priorità nella destinazione dell’utile dell’esercizio segue il grado del vincolo posto in relazione alle diverse riserve, nell’esposizione dei vari casi si terrà conto di tale priorità.

 

1.1 La riserva legale

In base all’articolo 2430 del codice civile, fino a quando la riserva legale non raggiunge un importo pari al 20% del capitale sociale, un ammontare pari almeno al 5% degli utili annuali deve obbligatoriamente essere destinato alla predetta riserva.

 

1.2 L’applicazione del “fair value”

Con l’introduzione del principio del “fair value”, si è introdotta una ulteriore fattispecie di vincolo all’utile. In particolare, se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso plusvalori derivanti dall’applicazione del fair value, l’utile dell’esercizio deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile, di cui al comma 2 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 38/2005, fino a concorrenza dei predetti plusvalori, al netto delle imposte differite rilevate in correlazione ai plusvalori medesimi; tale vincolo, come viene ad essere evidente considerando la ratio dello stesso, prescinde dall’esistenza dell’utile, per cui la società è obbligata a destinare all’apposita riserva le altre voci disponibili del proprio patrimonio netto e, in mancanza, gli utili degli esercizi successivi, sia nel caso in cui i plusvalori “da fair value” siano stati in tutto o in parte assorbiti dai componenti negativi di conto economico, e quindi l’esercizio abbia chiuso con una perdita, sia nel caso in cui l’utile disponibile per l’accantonamento sia inferiore all’importo dei plusvalori da “fair value”.

 

1.3 Valutazione in deroga ai principi di bilancio

Nel caso in cui alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso componenti positivi di conto economico iscritti in deroga ai principi di redazione del bilancio, una corrispondente quota dell’utile dell’esercizio deve essere accantonata in un’apposita riserva non distribuibile, di cui al comma 3 dell’art. 2423 del codice civile, al netto delle eventuali imposte differite rilevate in correlazione al provento medesimo; qualora l’ammontare che dovrebbe essere destinato alla riserva risultasse superiore agli utili dell’esercizio effettivamente disponibili per l’accantonamento, esso risulterà dovuto solo fino a concorrenza di questi ultimi, senza obbligo di vincolare anche eventuali altre riserve disponibili presenti nel patrimonio netto della società.

 

1.4 Gli utili su cambi

Se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso utili netti su cambi “da valutazione” (ossia non realizzatisi ancora), l’utile dell’esercizio deve essere accantonato all’apposita riserva non distribuibile prevista dal numero 8-bis dell’art. 2426 del codice civile, fino a concorrenza dell’entità degli utili netti su cambi “da valutazione” iscritti nel conto economico dell’esercizio, al netto delle imposte differite rilevate in correlazione agli utili su cambi medesimi; se la predetta riserva già risulta iscritta nel patrimonio netto della società, l’ammontare di utili vincolato è pari alla differenza tra il preesistente saldo della riserva e l’ammontare di utili su cambi da “da valutazione” iscritti nel conto economico dell’esercizio; se però il preesistente saldo della riserva risultasse eccedente rispetto all’ammontare di utili su cambi “da valutazione” iscritti nel conto economico dell’esercizio, non risulta obbligatorio alcun accantonamento ulteriore, e la riserva non distribuibile può essere ridotta in misura corrispondente a tale eccedenza; se l’ammontare che dovrebbe essere destinato alla riserva risultasse superiore agli utili dell’esercizio effettivamente disponibili per l’accantonamento, esso risulta dovuto solo fino a concorrenza di questi ultimi, senza l’obbligo di vincolare anche eventuali altre riserve disponibili presenti nel patrimonio netto della società.

 

1.5 Valutazione delle partecipazioni con l’“equity method”

Se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso plusvalori iscritti a conto economico su partecipazioni valutate secondo il metodo “del patrimonio netto”, una quota dell’utile dell’esercizio pari al maggior valore iscritto sulla partecipazione rispetto a quello dell’esercizio precedente deve essere accantonato ad apposita riserva non distribuibile di cui al numero 4) dell’art. 2426 del codice civile, al netto delle imposte differite rilevate in correlazione ai plusvalori medesimi. Qualora l’ammontare che dovrebbe essere destinato alla riserva risultasse superiore agli utili dell’esercizio effettivamente disponibili per l’accantonamento, esso risulterà vincolato solo fino a concorrenza di questi ultimi, non occorrendo vincolare anche eventuali altre riserve disponibili presenti nel patrimonio netto della società.

In riferimento a questo argomento, si consiglia la lettura di questo articolo recentemente pubblicato.

 

2. I VINCOLI ALL’UTILE DISPONIBILE: LO STATUTO O L’ASSEMBLEA

L’utile disponibile è quell’utile la cui destinazione dipende dalla volontà sociale; tale volontà può essere espressa o contestualmente alla delibera, oppure in sede di statuto.

In particolare, nello statuto potrebbe essere previsto un diritto di partecipazione agli utili per soci fondatori e promotori (ex artt. 2340 e 2341 del codice civile), oppure l’attribuzione di privilegi nella ripartizione degli utili a favore dei detentori di speciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali (ex artt. 2346, 2348 e 2350 del codice civile), o, ancora, degli obblighi di accantonamento ad apposite riserve statutarie.

La volontà sociale potrebbe poi anche essere stata espressa in una precedente delibera, come nel caso in cui sia stata deliberata una quota di partecipazione agli utili in favore degli amministratori (ex art. 2389 del codice civile), oppure in favore dei dipendenti (ex art. 2102 del codice civile).

Una volta ottemperati i vincoli di destinazione predeterminati con lo statuto o con precedente delibera, l’utile eventualmente residuo può essere (alternativamente o contestualmente) distribuito ai soci, o utilizzato per la costituzione o l’incremento di voci del patrimonio netto liberamente scelte dall’assemblea, o infine può essere portato a nuovo.

 

3. QUANDO NON E’ POSSIBILE LA DISTRIBUZIONE

La possibilità di distribuire gli utili è tuttavia vietata nei seguenti casi :

1) quando sono presenti perdite rinviate da precedenti esercizi il cui ammontare determina una perdita sul capitale sociale (ex art. 2433 comma 2 del codice civile);

2) quando sono stati iscritti e capitalizzati costi di impianto e di ampliamento, o costi di ricerca e sviluppo, oppure costi di pubblicità aventi utilità pluriennale, se ed in quanto in capo alla società non residuino riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei predetti costi non ancora ammortizzato (ex art. 2426 comma 1 n. 5 del codice civile);

3) quando la società ha emesso un prestito obbligazionario e, per effetto di perdite rinviate da precedenti esercizi, non risulta più rispettata la condizione per la quale l’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione non può eccedere il doppio della sommatoria di capitale sociale, riserva legale e altre riserve disponibili (ex art. 2413 comma 2 del codice civile).

 

Danilo Sciuto

Dottore commercialista in Catania

danilosciuto@https://www.commercialistatelematico.com