Il Quick Fix allenta temporaneamente gli obblighi ESG, offrendo alle imprese un’occasione preziosa per ripensare il proprio approccio alla rendicontazione. Ma ciò che sembra una semplificazione può rivelarsi un rischio: meno trasparenza, meno fiducia. Il vero valore di questo rinvio sta nella capacità di trasformarlo in investimento strategico e organizzativo.
Quick Fix ESG: quando semplificare rischia di rallentare la transizione
La Commissione europea lo scorso 11 luglio ha pubblicato un Regolamento Delegato (Delegated Regulation C-2025) vale a dire un atto giuridico vincolante nell’Unione Europea – valevole a partire dagli esercizi che iniziano il 1° gennaio 2025 – con cui interviene per modificare gli obblighi informativi ESRS per le imprese di prima ondata (wave one) previsti dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD – Direttiva UE 2022/2464).
Attraverso tale regolamento la Commissione non cambia il quadro di riferimento principale della CSRD ma interviene su aspetti tecnici e procedurali come le scadenze di rendicontazione e le clausole di esenzione, in piena aderenza con le semplificazioni già promosse dalla Budapest Declaration e dal Pacchetto Omnibus.
Ricordiamo, infatti, che la Budapest Declaration on the New European Competitiveness Deal è un documento politico congiunto, sottoscritto nel novembre 2024 dai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, che delinea un impegno strategico per rafforzare la competitività del sistema economico europeo nel contesto post-pandemico e in un quadro geopolitico instabile mentre il Pacchetto Omnibus del 26 febbraio 2025 (Omnibus Simplification Package) è un’iniziativa legislativa organica della Commissione europea finalizzata a semplificare e rendere più proporzionata l’attuazione della CSRD, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI) e per tutti gli operatori economici coinvolti nella catena di reporting ESG.
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