L’IVA per cassa è un’opzione vantaggiosa per le imprese con fatturato limitato, permettendo di versare l’imposta solo dopo l’incasso. Questo aiuta a gestire la liquidità e a evitare anticipi fiscali gravosi. Ma quali operazioni rientrano nel regime e quali sono escluse?
Scopriamo i dettagli e i casi pratici per capire se conviene adottarlo.
La gestione dell’IVA per cassa
L’art. 32-bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nel nostro ordinamento il regime del cash accounting, noto anche come IVA per cassa.
Tale regime prevede che:
- per le cessioni di beni;
- per le prestazioni di servizi;
effettuate da soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, l’imposta sul valore aggiunto diviene esigibile al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.
Per i medesimi soggetti l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.
In ogni caso, il diritto alla detrazione dell’imposta in capo al cessionario o al committente sorge al momento di effettuazione dell’operazione, ancorché il corrispettivo non sia stato ancora pagato.
In concreto, il differimento dell’esigibilità e quello della detrazione inerente agli acquisti effettuati dal soggetto che opta per il cash accounting, è limitato nel tempo in quanto l’imposta diviene, comunque, esigibile e detraibile dopo il decorso di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, a meno che, prima del decorso di tale termine, il cessionario o committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali.
Si ritiene opportuno rammentare che la scelta per il regime in argomento:
- si desume direttamente dal comportamento concludente del contribuente, anche se sussiste la necessità di segnalare l’opzione nella dichiarazione IVA (quadro VO)