La crisi idrica e le temperature estive record stanno mettendo in ginocchio l’Italia, con gravi conseguenze per cittadini, imprese e turismo. La situazione richiede investimenti urgenti, ma le risorse sono in calo e le perdite idriche aumentano. Scopri i dettagli di un problema sempre più pressante e le possibili soluzioni per il futuro.
La crisi idrica e le alte temperature di luglio ed agosto che stanno colpendo l’Italia – principalmente le isole e le regioni del sud – hanno messo in evidenza come possano essere pesanti le conseguenze del cambiamento climatico. Una situazione che sta preoccupando cittadini ed imprese: cercare di prevenire i danni causati dal clima e la criticità della rete idrica italiana richiedono parecchi investimenti per la manutenzione del territorio. Nel corso del tempo – soprattutto negli ultimi anni – le risorse stanziate per queste opere sono state drasticamente ridotte.
A fare il punto della situazione sul climate change e sugli investimenti pubblici è stato il recente report dal titolo “Edilizia nell’era del post-superbonus e il trend dell’estate 2024”, che è stato redatto da ANAEPA-Confartigianato Edilizia e dall’Ufficio di Studi di Confartigianato Imprese.
Ma vediamone i dettagli.
Impatto climatico ed investimento nel territorio
Un primo monitoraggio delle preoccupazioni ambientali di cittadini ed imprese è stato condotto dall’Istat, che ha messo in evidenza che nel corso del 2023 sono aumentate le preoccupazioni per i cambiamenti climatici. Ad esprimersi in questo senso è il 58,8% della popolazione, in aumento di due punti percentuali rispetto al 2022, quando era ferma al 56,7%. Ma soprattutto di oltre sei punti rispetto al 2021, quando era al 52,2%.
L’Eurostat, che ha elaborato dei dati in possesso dell’Agenzia europea dell’Ambiente (EEA), ha messo in evidenza che l’Italia nel 2022 è stata al primo posto tra i 27 paesi dell’Unione europea per i danni provenienti dagli eventi meteorologici legati al clima. I danni per abitante sono stati pari a 284 euro, un valore 2,4 volte la media Ue che è pari a 117 euro per abitante. Nell’arco degli ultimi dieci anni – ossia il periodo compreso tra il 2013 ed il 2022 – l’Italia è riuscita ad accumulare danni per 50 miliardi di euro (valutati a prezzi costanti anno 2022). Ossia 5 miliardi di euro ogni anno.
A contribuire a queste tipologie di rischi così alti sono la scarsa manutenzione e la riduzione della dotazione di infrastrutture deputate alla difesa del territorio. Gli investimenti pubblici effettuati in opere a tutela del territorio, nel corso dei dieci anni precedenti, si è dimezzata in rapporto al Pil. Ma è tornata a salire nel 2021 grazie al sostegno del Pnrr.
Ad ogni modo è importante segnalare che a valori correnti la spesa di 11,2 miliardi di euro, nel corso dell’ultimo anno disponibile – ossia il 2022 -, è pari a quella del 2003: 11,1 miliardi di euro.
Le conseguenze della siccità
La siccità che affligge Sicilia e Sardegna mette a rischio l’attività di 8mila imprese, che stanno operando in settori manifatturieri dove l’impiego dell’acqua è alto. In queste aziende sono impiegati 38 mila addetti, pari ad un terzo dell’occupazione manifatturiera delle due isole.
Quando la fornitura dell’acqua diventa irregolare ha delle ripercussioni anche sul turismo: nei tre mesi estivi compresi tra giugno ed agosto, nel nostro paese si concentra il 47,3% (dati del 2023) delle presenze turistiche dell’anno.
A fronte della ridotta spesa pubblica per la manutenzione delle infrastrutture, si registrano elevate e diffuse perdite dalle reti idriche comunali. Su 8 miliardi di metri cubi di acqua immessi nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile, se ne perdono 3,4 miliardi (42,4%), un volume superiore all’acqua erogata per l’intero Centro-Nord (3,2 miliardi di metri cubi).
Entrando un po’ più nel dettaglio, la percentuale di perdite è la seguente:
- Nord-ovest: 33,5%;
- Nord-est: 37,2%;
- Centro: 43,9%;
- Sud: 50,5%;
- Isole: 51,9%.
A livello regionale le perdite più elevate si registrano in:
- Basilicata: 65,5%;
- Abruzzo: 62,5%;
- Molise: 53,9%;
- Sardegna: 52,8%;
- Sicilia: 51,6%;
- Campania: 49,9%;
- Umbria: 49,7%;
- Calabria: 48,7%;
- Lazio: 46,2%.
Le perdite rete sono da attribuire a fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche, a rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, oltre a fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati.
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Pierpaolo Molinengo
Sabato 31 agosto 2024