Analizziamo una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite che affronta le controversie sul mutuo fondiario e di scopo. La Corte ha scelto un approccio conservativo, favorendo gli istituti di credito e riducendo le tutele per i mutuatari. Analizziamo i quattro orientamenti giurisprudenziali emersi negli ultimi anni e le possibili implicazioni di questa decisione.
In questo contributo vogliamo analizzare le criticità dell’approdo a cui è pervenuta la Cassazione, nella sentenza emessa a Sezioni Unite del 16/11/2022, in una materia particolarmente attuale e controversa quale il mutuo fondiario e di scopo.
Mutuo fondiario e mutuo di scopo: la giurisprudenza sulla nullità
Occorre premettere, per comprendere la questione in tutti i suoi risvolti, che nel corso dell’ultimo decennio sono emersi non 2, bensì addirittura 4 orientamenti difformi della giurisprudenza di merito e di legittimità, sui quali è stata chiamata a dirimere, la Corte Regolatrice, nella nota ordinanza di remissione alle Sezioni Unite n. 4117/2022 devoluta dalla Sezione I.
- Il primo orientamento, invero più risalente nel tempo, riteneva che, anche in caso di erogazione di somme eccedenti il limite previsto dal secondo comma dell’art. 38 TUB, il mutuo dovesse ritenersi valido ed efficace, con la consequenziale conservazione dei privilegi riconosciuti in ragione della natura fondiaria del finanziamento.
Tale tesi collocava le conseguenze scaturenti dal superamento del limite di finanziabilità sul piano della mera responsabilità della banca mutuante, assoggettata alle sanzioni amministrative previste dalla speciale disciplina bancaria.
In buona sostanza, il superamento del limite di finanziabilità non determinava la nullità del contratto di mutuo, neppure intesa nella forma virtuale. - Il secondo orientamento, frutto di un revirement del primo testé illustrato, ha attribuito al limite di finanziabilità de quo rilievo di elemento essenziale del contratto di mutuo, costituente un limite all’autonomia privata, giustificato dalla natura pubblica dell’interesse tutelato; ne deriva che il mancato rispetto generi la nullità del finanziamento.
Alla base di tale convincimento è la qualificazione della norma bancaria uniforme in termini di norma imperativa, avente la funzione di fissare un necessario limite del credito e del relativo privilegio.
L’imperatività rappresenta il prodromo per la declaratoria di nullità virtuale del contratto in caso di violazione della stessa, sulla base della tradizionale distinzione giurisprudenziale tra regole di validità e regole di condotta; col superamento del limite di finanziabilità, la regola di cui al secondo comma dell’art. 38 TUB è disattesa non solo sul versante del comportamento, ma, soprattutto, su quello dell’oggetto del finanziamento fondiario eccessivo.
Dunque, la violazione de qua, lungi dal determinare la mera applicazione di sanzioni amministrative, dovrebbe essere più correttamente intesa quale causa di nullità assoluta del contratto, ex art. 1418 comma 1 codice civile. - Il terzo orientamento, sviluppatosi sulla falsariga del secondo testé menzionato, giunge a mitigare la sanzione di nullità assoluta della fattispecie negoziale in esame, individuando quale unica modalità di recupero del contratto nullo, quella della conversione, ex art. 1424 codice civile, in un contratto diverso, che richiede, come tale, un’espressa istanza di parte e la sussistenza di determinati requisiti di meritevolezza e buona fede delle parti.
- Il quarto orientamento invece, sviluppatosi sulla falsariga del primo, risolve il problema della violazione del limite di finanziabilità sul terreno della qualificazione giuridica del contratto, osservando che, a prescindere dal nomen iuris concretamente impiegato dalle parti per attribuire una qualificazione giuridica al negozio, al giudice non deve essere riconosciuto il potere di “riqualificazione” del contratto di mutuo fondiario, laddove violativo della norma che impone un tetto massimo di erogazione delle somme finanziate.
Ed escludendo che il contratto di mutuo fondiario rappresenti una forma contrattuale autonoma, questo deve essere inteso quale species del genus credito ipotecario, trattandosi di una forma particolare di finanziamento cui, in presenza di taluni requisiti, si applica una disciplina ad hoc.
Indi, dalla violazione della normativa bancaria in tema di limite di finanziabilità del mutuo deriverebbe non l’invalidazione totale del contratto (da considerarsi inefficace ab origine), quanto, piuttosto, la mera disapplicazione della disciplina speciale del mutuo fondiario, con conservazione del contratto di mutuo ipotecario ordinario.
Tale operazione consente di bypassare l’articolato meccanismo della conversione ex art. 1424 codice civile, che invero necessita, oltre un’espressa istanza di parte ancorata alle rigide preclusioni del processo civile, il soddisfacimento dei requisiti soggettivi di buona fede in capo alle parti e della sussistenza dei requisiti di meritevolezza dell’operazione negoziale dedotta, che non può essere in caso contrario effettuata in frode alla legge.
Il caso di conversione di un mutuo fondiario nullo in ordinario mutuo ipotecario
Orbene, le Sezioni Unite della Cassazione, a fronte di questo frastagliato panorama giurisprudenziale, hanno optato, a sommesso parere di chi scrive, per l’approdo più conservativo ed, invero, più favorevole alle tesi degli Istituti di Credito, aderendo alla quarta tesi e dispensandoli così dal fornire la prova, il cui onere grava sulla parte creditrice, della sussistenza dei requisiti di buona fede e meritevolezza, indispensabili per approdare alla conversione di un mutuo fondiario nullo in ordinario mutuo ipotecario.
Indicativi, sono i seguenti passi della motivazione della sentenza della Corte Regolatrice:
“La tesi della nullità contrattuale per eccesso di finanziamento, strumentale alla critica rivolta indirettamente all’istituto in sé del mutuo fondiario, forse percepito come anacronistico o non più proporzionato rispetto agli obiettivi perseguibili (cfr. Cass. n. 7509 del 2022 cit.), in considerazione dei privilegi riconosciuti al creditore fondiario in deroga alla par condicio.
E tuttavia, il predetto istituto ha resistito al vaglio di costituzionalità con la sentenza n. 175 del 2004, che ha ritenuto trattarsi di una scelta di politica economica non manifestamente irrazionale nei termini compiuti dal legislatore, che ha inteso – come si è detto – favorire la “mobilizzazione” della proprietà immobiliare, incentivando gli operatori professionali a erogare credito, muniti al contempo di strumenti per la più rapida e agevole procedura per il suo recupero forzoso, restando ferma l’esigenza della sana e prudente gestione, a tutela della stabilità finanziaria degli enti erogatori.
In conclusione, non si tratta di una nullità virtuale neutralizzata dalla previsione di sanzioni diverse e alternative (art. 1418 c.c. comma 1, seconda parte): non è configurabile una nullità, rimanendo la questione delle conseguenze disciplinari nei confronti dell’istituto di credito, cui sia imputabile il superamento del limite di finanziabilità, rilevante sul diverso piano del rapporto con l’autorità di vigilanza, che è questione estranea all’oggetto del giudizio.
Si deve enunciare il seguente principio di diritto:
In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui al D. Lgs. n. 385 del 1993, art. 38, comma 2, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto; non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della “vigilanza prudenziale” (cfr. art. 51 ss. e art. 53 TUB) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), potrebbe condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”.
Ed ancora:
“Nel caso in esame, essendo denunciata per cassazione infondatamente l’invalidità del contratto stipulato tra le parti per contrasto con le norme riguardanti il mutuo fondiario, sul presupposto della corrispondenza di tale operazione negoziale che sia alla comune volontà delle parti, la riqualificazione d’ufficio del contratto come ordinario mutuo ipotecario non è operazione praticabile, risolvendosi in una impropria correzione o manipolazione del regolamento di interessi validamente convenuto tra le parti, al fine di privarlo in concreto dei relativi effetti legali.
In conclusione, si deve enunciare il seguente principio: qualora i contraenti abbiano inteso stipulare un mutuo fondiario corrispondente al modello legale (finanziamento a medio o lungo termine concesso da una banca garantito da ipoteca di primo grado su immobili), essendo la loro volontà comune in tal senso incontestata (o, quando contestata, accertata dal giudice di merito), non è consentito al giudice riqualificare d’ufficio il contratto, al fine di neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente prescelto dai contraenti per ricondurlo al tipo generale di appartenenza (mutuo ordinario) o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità, la quale implicitamente postula la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario”.
Così le Sezioni Unite, escludendo persino la riqualificazione del contratto di mutuo fondiario e ritenendo consequenzialmente assorbita la domanda subordinata, hanno ritenuto valido ab origine e produttivo di effetti il contratto stipulato tra il ricorrente e l’Istituto di Credito, assolvendolo persino dall’onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’invocata conversione.
Tale approdo, che penalizza oltremodo le ragioni del mutuatario non può dirsi condivisibile, perché così argomentando finisce per diventare irrilevante la fattispecie concreta, ovvero il singolo caso che l’operatore si trova ad affrontare.
Non è infrequente infatti, nella prassi, imbattersi in casi nei quali è palese la sussistenza di elementi che ostano sia alla “riqualificazione”, sia alla “conversione” del contratto di mutuo, da cui scaturiscono effetti distorsivi, meritevoli di essere sanzionati con la nullità.
Un elemento riscontrabile può essere l’esorbitante differenza tra le somme erogate dalla banca ed il valore dei lavori edili realizzati: ciò può essere indicativo del fatto che l’Istituto di credito, sarebbe riuscito a convertire e trasformare l’esposizione debitoria del mutuatario a fronte di una linea di credito a revoca (fido di cassa), supportata da una garanzia “debole”, in un’esposizione a scadenza (finanziamento fondiario) garantita da un’ipoteca di primo grado.
In questi casi, gli istituti di credito non potevano non sapere che parte dei crediti erogati, poiché eccedente tanto rispetto alla soglia dell’art. 38 TUB, quanto alla liquidità necessaria alla realizzazione dello scopo contrattualmente stabilito, sarebbero stati utilizzati dai mutuatari ripianare altre ed ulteriori esposizioni debitorie, soprattutto se in situazione di carenza di liquidità che impediva loro di onorare le obbligazioni, sia con gli istituti di credito, sia con altri operatori.
Alla luce di quanto sopra, riteniamo che, malgrado il perentorio approdo della sentenza delle Sezioni Unite del 16/11/2022, non sia ancora stata posata la definitiva pietra tombale sulla questione, visti i numerosi “ripensamenti” (o per meglio dire “revirement”) nell’ultimo decennio.
Fonte: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 33719/2022 del 16 novembre 2022.
Roberto Molteni
Lunedì 22 luglio 2024