La gestione dell’IVA nei trasporti internazionali nel caso di affidamento a vettori terzi di servizi di trasporto. Quando scatta la non imponibilità IVA?
Affidamento dei servizi di trasporto internazionali a vettori terzi
Poniamo il caso di una società che eserciti attività di intermediazione nei trasporti internazionali e che affidi a vettori terzi i servizi di trasporto richiesti dalle società di spedizione sue committenti. Consentire alla società dell’esempio di usufruire del regime di non imponibilità IVA per i trasporti internazionali previsto dall’art. 9, DPR 633/72, nonostante non sia lei ad effettuare direttamente il servizio di trasporto internazionale, darebbe adito alla commissione di frodi IVA.
Infatti, quella società potrebbe farsi fatturare come operazioni imponibili i servizi di trasporto internazionali resi dai vettori terzi nazionali (magari società da essa controllate, che poi non versano all’Erario l’IVA addebitata in rivalsa) e, poi, potrebbe rifatturare ai committenti effettivi quelle stesse prestazioni in regime di non imponibilità, maturando così indebitamente ingenti crediti IVA (la questione è stata affrontata da un’interessante sentenza della Corte di Cassazione, la n. 14014 del 20/05/2024).
La prassi del Fisco in tema di trasporti internazionali
Tutto ciò, in passato, era reso possibile dal fatto che l’Amministrazione finanziaria, nei propri orientamenti, sosteneva che:
“i servizi di trasporto di beni in esportazione effettuati da terzi trasportatori cui i medesimi vengono sub-commessi dai vettori principali, così come quelli resi da questi ultimi, rientrano tra i servizi non imponibili indicati nell’art. 9, punto 2, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 e successive modifiche” (cfr. R.M. 21 settembre 1977, n. 412019).
Quindi, l’art. 9, punto 2, DPR 633/72, ammetteva la non imponibilità di tali trasporti internazionali sub-commessi, equiparandoli a quelli effettuati direttamente dai vettori principali.
L’intervento della Corte di Giustizia UE
Però, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 29 giugno 2017, causa C-288/16, caso “L.C.”, ha affermato qualcosa in contrasto con tale orientamento di prassi, e cioè che:
“l’art. 146, paragrafo 1, lettera e), della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione prevista da tale disposizione non si applica ad una prestazione di servizi relativa a un’operazione di trasporto di beni verso un Paese terzo, laddove tali servizi non siano forniti direttamente al mittente o al destinatario di detti beni”.
In pratica, per effetto di tale sentenza è emersa, in tema di non imponibilità dei trasporti internazionali, un’incompatibilità della norma nazionale con quella comunitaria.
Ebbene, per risolvere tale incompatibilità, il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146 (“Decreto fiscale”) ha inserito il nuovo comma 3 nell’art. 9, DPR 633/72 (IVA), in base al quale la non imponibilità IVA dei servizi di trasporto relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, non opera se i servizi di trasporto sono resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito o dall’importatore.
Scongiurate, quindi, le frodi IVA in questo ambito!
Ma non solo.
Infatti, l’intervento normativo ha consentito, da un lato, di dare univoche indicazioni per il futuro e, soprattutto, dall’altro, dirimere potenziali contenziosi attivati in passato.
I rischi di contestazione dal Fisco
Infatti, in molte occasioni, alcuni Uffici periferici dell’Agenzia delle entrate avevano cominciato a contestare i comportamenti degli operatori che non si erano allineati al dispositivo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ancorché tali operatori avessero uniformato la loro condotta ai datati, ma mai confutati, orientamenti dell’Amministrazione finanziaria, sopra riportati (cfr. R.M. 21 settembre 1977, n. 412019).
Domenico Fortunato
Giovedì 6 giugno 2024
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