Rinuncia all’eredità, chiamato all’eredità e presentazione della dichiarazione di successione

di Antonino Russo

Pubblicato il 10 marzo 2023

Il tema degli effetti prodotti dalla valida rinuncia all’eredità da parte del chiamato all’eredità, rispetto ai debiti, nello specifico tributari, del de cuius e il tema della presentazione della dichiarazione di successione e degli asseriti effetti pregiudizievoli sul rinunciante all’eredità.

Il chiamato all'eredità e il possesso di beni ereditari

rinuncia eredità dichiarazione successioneQuanto agli effetti della valida rinuncia all'eredità, l’analisi deve partire dal quadro normativo di riferimento e quindi dall’art. 485 codice civile, riguardante il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari; tale norma prevede, al comma 1°, l’obbligo di:

“fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità”,

altrimenti – salva la concessione di proroga massima di mesi tre per il (solo) completamento dell’inventario,

“il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice” (comma 2°).

Tale profilo attiene quindi all’ipotesi della c.d “accettazione presunta” per effetto della mancata effettuazione dell’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari[1].

Secondo l’orientamento consolidato[2]:

l’immissione in possesso dei beni ereditari non comporta accettazione tacita dell’eredità, poiché non presuppone necessariamente, in chi la compie, la volontà di accettare; cionondimeno, se il chiamato nel possesso o compossesso anche di un solo bene ereditario non forma l’inventario nel termine di tre mesi decorrenti dal momento di inizio del possesso, viene considerato erede puro e semplice; tale onere condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d’inventario, ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius”.

Inoltre, posto che la norma si riferisce al possesso “a qualsiasi titolo” dei beni ereditari, la giurisprudenza ritiene che per tale debba intendersi qualunque relazione materiale con un bene ereditario da parte del chiamato all’eredità che sia consapevole dell’appartenenza del bene al compendio ereditario[3].

Secondo l’orientamento dominante, infatti, la nozione di possesso rilevante ai fini de quibus non equivale a quella indicata dall’art. 1140 codice civile, comprendendo essa, come detto, qualsiasi

“relazione materiale intesa come situazione di fatto, anche circoscritta ad uno solo dei beni ereditari, che consenta l’esercizio di concreti poteri su di essi”.

La fattispecie opera, inoltre, anche in