Le prestazioni lavorative rese nel corso di alcune trasferte all’estero da un lavoratore dipendente di una società italiana costituiscono prestazioni accessorie da assoggettare ad imposizione in Italia.
La presentazione della dichiarazione dei redditi all’amministrazione finanziaria di un Paese straniero non consente di desumere il pagamento delle imposte in via definitiva ed il concretizzarsi della doppia imposizione.
Tassazione delle trasferte estere
Con una recente sentenza[1] la Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo ha stabilito che le prestazioni lavorative rese nell’ambito di un rapporto di lavoro da un dipendente di una società italiana e prevalentemente in Italia, anche se in parte riguardanti alcune trasferte estere, devono essere assoggettate a imposizione in Italia.
Tali trasferte, aventi carattere temporaneo, sono da ritenersi prestazioni accessorie e, quindi, prive di una loro autonomia rispetto al rapporto di lavoro alle dipendenze della società italiana.
I giudici della CTR sono addivenuti a questa decisione sulla base di quanto previsto, dalla Convenzione tra Italia e Germania[2] per evitare le doppie imposizioni, agli articoli 15, paragrafo 1 e 29, paragrafo 2.
Come è noto le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sono trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti.
Oltre ad evitare le doppie imposizioni, le Convenzioni hanno anche lo scopo di prevenire l’evasione e l’elusione fiscale.
In Italia, le Conven