Rinuncia ai diritti retributivi nelle cause di lavoro

Quale valore ha la quietanza del saldo nelle cause di lavoro? La rinuncia del lavoratore ai propri diritti retributivi deve evincersi in maniera oggettiva dalle dichiarazioni da lui sottoscritte e rese.

rinuncia diritti retributiviNelle cause di lavoro, capita spesso che il datore di lavoro presenti documenti a prova contraria di quanto contestato o richiesto dal dipendente.

È importante dunque valutarne il contenuto, perché, come vedremo in questo contributo, può avere effetti determinanti nell’ambito dell’accoglimento del ricorso da parte del Giudice del Lavoro.

 

Cause di lavoro: importanza della analiticità della documentazione a difesa del datore di lavoro

Ci riferiamo, tra le tante sentenze, a una recentissima del Tribunale di Palermo, n. 1162/2022.

Nella controversia giunta all’esame del Giudice, un dipendente aveva citato il proprio datore di lavoro chiedendo la condanna al pagamento della indennità sostitutiva di ferie e permessi non goduti, decurtata la somma già percepita.

Infatti, la parte ricorrente aveva accettato la somma di € 3.000,00 a titolo di “crediti per mensilità arretrate a saldo e stralcio e nulla più a pretendere”, con una apposita nota.

Ed è su questa fattispecie che il Tribunale, in sentenza, svolge delle considerazioni interessanti.

 

Le considerazione del Tribunale di Palermo su un caso di rinuncia a eventuali diritti retributivi

Secondo la giurisprudenza di legittimità:

“La quietanza a saldo sottoscritta dal lavoratore, che contenga una dichiarazione di rinuncia a maggiori somme e che sia riferita, in termini generici, ad una serie di titoli di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere il valore di rinuncia o di transazione alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi” (cfr. Cassazione n. 23296/2019; Cass. 13731/2006);

Nel caso di specie – continua la sentenza – si rileva che contrariamente a quanto sostenuto dalla parte resistente [il datore di lavoro], la suddetta nota non pare poter assurgere al rango di rinuncia o transazione ma piuttosto di “quietanza a saldo” da parte del lavoratore, stante il tenore letterale della stessa, dal quale è possibile ravvisare gli estremi di una semplice dichiarazione di scienza e non anche di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto.

Inoltre, il Giudice sottolinea come la sintetica dichiarazione non contiene particolari elementi di interpretazione – né questi ultimi sono desumibili aliunde – dai quali risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare ai propri diritti.

D’altronde, la generica formulazione dell’imputazione di pagamento della suddetta nota non consente di ritenere che la somma menzionata sia stata corrisposta a titolo di ferie e permessi non goduti.

Sulla base quindi di quanto esposto, il Tribunale ha dichiarato legittima la richiesta economica del datore di lavoro.

La vicenda della rinuncia diritti retributivi brevemente esposta, conferma ancora una volta l’opportunità di redigere atti e dichiarazioni validi inter-partes con la massima analiticità, in modo da renderne il contenuto inequivocabile in caso di uso davanti a terzi.

 

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A cura di Danilo Sciuto

Giovedì 14 aprile 2022