Compensi dell'amministratore: profili normativi
Come è noto, per effetto di quanto stabilito dalla lettera c-bis), dell’art. 50, comma 1, DPR 22/12/1986 n. 917, (aggiunta dall’’art. 34, L. 21/11/2000, n. 342) i compensi degli amministratori, ossia le somme e i valori percepiti in relazione agli uffici di amministratore costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente [1].
Fanno eccezione a tale regola, sempre in relazione a quanto previsto dalla medesima disposizione, gli uffici che rientrano nei compiti istituzionali oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 53, comma 1, concernente i redditi di lavoro autonomo.
In virtù della regola generale, cristallizzata dalla Circolare Agenzia Entrate 12/12/2001, n. 105, i proventi derivanti dall’’ufficio di amministratore, di società ed enti danno luogo a reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
Soltanto in via di eccezione, quando l’ufficio rientra nei compiti istituzionali oggetto della professione, i relativi proventi sono riconducibili all’attività professionale.
Attrazione nel reddito professionale a determinate condizioni
Opera quindi un principio di attrazione nella sfera del lavoro autonomo di quei rapporti di collaborazione sia tipici (uffici di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti, collaborazione a giornali riveste ecc, partecipazione a collegi e commissioni) che atipici (altre attività di collaborazione) che risultino inerenti all’attività artistica o professionale esercitata dal contribuente.
Tuttavia, qualora la funzione di amministratore sia esercitata da un professionista in possesso di partita iva non opera – tout court -l’automatismo secondo cui la prestazione rientri nell’alveo del lavoro autonomo.
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