Prosegue la trattazione relativa a quella particolare tipologia di struttura turistica nota come condhotel. In questo contributo ci occuperemo delle condizioni per l’esercizio di tale attività.
Condhotel: cos’è e come funziona
Il DPCM 13/2018, come previsto dall’art. 31 del DL 133/2014, “definisce le condizioni di esercizio del condhotel e indica i criteri e le condizioni per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera, limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale” di esso.
Esso si applica agli esercizi alberghieri[1] esistenti che rispettano le condizioni di esercizio che elencheremo tra poco (artt. 1 e 2 del DPCM 13/2018).
Anche il decreto attuativo, all’art. 3, definisce il condhotel:
“un esercizio alberghiero aperto al pubblico, a gestione unitaria, composto da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina[2], la cui superficie complessiva non può superare il 40% della superficie netta destinata alle camere[3]”.
Per “gestione unitaria” del condhotel si intende:
“l’attività concernente la fornitura di alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto […], sia per le camere destinate alla ricettività che, in forma integrata e complementare, per le unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizi autonomo di cucina”.
Per “fornitura di servizi alberghieri in forma integrata e complementale”, si intende:
“l’attività concernente la fornitura anche nelle unità abitative a destinazione residenziale dei servizi alberghieri e di quelli aggiuntivi normalmente assicurati dal gestore unico della struttura ricettiva alle camere destinate alla ricettività” dei turisti.
In altre parole, il condhotel fornisce i suoi servizi alberghieri non solo ai turisti alloggiati in esso, ma anche ai residenti che dimorano nelle sue unità abitative a destinazione residenziale per un periodo di tempo minimo di dieci anni dall’avvio d