Nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di consulenza ed assistenza non sono riservate per legge in via esclusiva ai «dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commerciali». perché non rientrano tra le attività di stretta competenza di «soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione». E’ questo il principio espresso dalla sezione seconda della Corte di Cassazione, Ordinanza pubblicata il 28.05.2018, n. 13342.
CONSULENZA ed ASSISTENZA TRIBUTARIA
Oggetto della controversia
Una società presentava opposizione avverso un decreto ingiuntivo con il quale una Sas richiedeva il pagamento di un importo quale compenso per le prestazioni di consulenza fiscale e tributaria nonché elaborazione dei dati contabili.
La tesi difensiva si basava sull’insussistenza della prova del conferimento dell’incarico e dell’attività esperita.
Il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo che le prestazioni svolte rientrassero nell’ambito delle attività riservate ai professionisti iscritti all’albo dei dottori e ragionieri commercialisti ed esperti contabili, al quale la Sas non era iscritta: ne conseguiva la nullità del contratto ed esclusione del diritto al compenso (art. 2231 c.c.).
La Corte di appello confermava tale decisione, dichiarando manifestamente infondato il grave proposto, dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c.
Lo studio di contabilità proponeva ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.
Con il primo lamentava violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 2231 c.c. D.lgs. n. 139/2005, 3 e 33 Costituzione censurando la sentenza che annoverava tra le attività proprie dei dottori commercialisti e ragionieri e esperti contabili, la redazione di modelli Iva o per la dichiarazione dei redditi, conteggi Irap ed ICI, richiesta di certificati CCIAA, assumendole estranee alla riserva di legge in via esclusiva (cfr. Corte Costituzionale n. 481/1996;
La decisione della Corte di Cassazione
I giudici di Legittimità hanno condiviso l’impostazione elaborativa del ricorrente. Secondo il supremo Collegio Corte (si vedano Cass. n. 14085/2010; n. 15530/2008; n. 12840/2006) al fine di stabilire se ricorresse la nullità prevista dall’art. 2231 c.c. occorreva verificare se la prestazione espletata dal professionista rientrasse in quelle attività che sono riservate in via esclusiva a una determinata categoria professionale, essendo l’esercizio della professione subordinato per legge all’iscrizione in apposito albo o ad abilitazione.
Tale accertamento, secondo i principi elaborati dalla Corte Costituzionale e richiamati dalla ricorrente, deve tuttavia tener conto del fatto che “ …al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione…”.
Nell’interpretazione giurisprudenziale di Legittimità, con riferimento alla materia tributaria le richiamate pronunzie hanno affermato che “ …nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti c