Inammissibile il ricorso per Cassazione che viola il principio di autosufficienza

E’ principio consolidato che il ricorso per Cassazione, in ragione del principio di autosufficienza deducibile dall’art. 366 c.p.c., deve contenere, a pena d’inammissibilità, tutti gli elementi atti a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere alla Corte di Cassazione la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio o di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito

I motivi di ricorso per Cassazione

Il ricorso per Cassazione è disciplinato, nel processo tributario, dall’art. 62 del D.lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, il quale così statuisce:

“1. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell’articolo 360, comma 1, del codice di procedura civile.

2. Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto”.

Il rinvio all’art. 360 C.p.c., comma 1, accoglie tutta la disciplina processualcivilistica del giudizio di legittimità e, pertanto, i motivi per i quali si può ricorrere in Cassazione avverso una sentenza della Commissione regionale sono gli stessi indicati nel comma 1 dell’articolo 360 C.p.c.

La dottrina suole distinguerli:

  • errores in procedendo: motivi che si fondano su vizi di attività, ossia quelli che sono conseguenza di un’errata applicazione delle norme processuali;
  • errores in iudicando: motivi che riguardano vizi di giudizio, ossia derivanti da una non corretta applicazione delle norme di diritto sostanziale.

La prima categoria comprende i numeri 1, 2, 4 e 5 dell’articolo 360 C.p.c., mentre il numero 3 è compreso nella seconda.

Motivi

La cassazione può essere adita:

  • per motivi attinenti alla giurisdizione e, al riguardo, nonché in merito al regolamento di giurisdizione (articolo 41 C.p.c.), si ritiene sufficiente quanto enunciato dall’articolo 3 del predetto D.lsg;
  • per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza. Si ricorda che, a norma del comma 4 dell’articolo 5 del D.lgs. n. 31 dicembre 1992, n.546, il regolamento di competenza non è ammesso nel processo tributario;
  • per violazione o falsa applicazione di norme di diritto: la Corte di Cassazione, infatti, è giudice innanzi al quale non è possibile sollevare questioni attinenti l’accertamento in fatto;
  • per nullità della sentenza o del procedimento: riguardo ai casi di nullità della sentenza, si rinvia agli articoli 35 e 36 del citato D.Lgs; le cause di nullità del procedimento, invece, essenzialmente sono da ricercarsi:
    • nell‘inammissibilità del ricorso;
    • nell’irregolare costituzione del contraddittorio;
  • per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio. E’ questo il motivo di impugnazione cui è affidata la verifica della giustizia sostanziale del procedimento; si verifica, cioè, se le risultanze processuali siano state tutte esaminate nella sentenza e se tale esame sia stato completo ed abbia condotto a determinazioni coerenti con le risultanze medesime.

Il comma 2 dell’ art. 360 c.p.c. dispone l’applicazione al ricorso per cassazione di tutte le norme, in quanto compatibili, del codice di procedura civile.

Alla luce di tale rinvio, è opportuno ricordare che le parti del procedimento in Cassazione sono il ricorrente ed il resistente; quest’ultimo, qualora proponga ricorso incidentale, assumerà anche la veste di ricorrente in via incidentale.

La domanda si propone con ricorso, con il quale si chiede la cassazione (eliminazione) della sentenza impugnata; alla domanda, si resiste proponendo controricorso.

Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:

  1. l’indicazione delle parti;
  2. l’indicazione della sentenza impugnata;
  3. l’esposizione sommaria dei fatti di causa;
  4. i motivi sui quali si fonda il ricorso e l’indicazione delle norme di diritto poste a sostegno della loro fondatezza;
  5. l’indicazione della procura al difensore, se conferita con atto separato. (Cfr. Cass. Sez. 1 n. 278 del 12 gennaio 2000)

Modalità di proposizione

Il ricorso deve essere notificato alle parti del giudizio entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notificazione della sentenza impugnata e va successivamente depositato, a pena di improcedibilità, nella cancelleria della Corte, entro 20 giorni dall’ultima notificazione.

La notificazione del ricorso deve essere effettuata nei confronti del Ministero delle Finanze, quale amministrazione centrale, presso l’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 11 del R.D. 1611/1933; una notifica diversa è da intendersi inesistente e non sanabile ex art. 291 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. I, 5 novembre 1999, n. 12513 e Cass. Sez. I, n. 1 del 4 gennaio 2000.

Di conseguenza, la decorrenza del termine breve per la ricorribilità in Cassazione non può essere collegata alla notifica effettuata nei confronti dell’Ufficio (Cass. Sez. I, n. 1429 del 9 febbraio 2000).

Insieme al ricorso devono essere depositati i documenti e gli atti su cui lo stesso si fonda (secondo comma dell’articolo 369 C.p.c.). A tal proposito, va ricordato che non possono essere prodotti documenti che non siano già stati assunti nei precedenti gradi di giudizio, salvo che riguardino la nullità della sentenza impugnata o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso.

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Avv. Maurizio Villani

Avv. Lucia Morciano

31 luglio 2018

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