Corte di Cassazione – Ordinanza 17 luglio 2018 n. 18927

Tale ordinanza afferma che può sussistere la finalità elusiva con riguardo alla cessione di ramo d’azienda in favore di società controllata con lo scopo di ottenere la compressione del reddito imponibile in capo alla società controllante

Rilevato che

  • l’Agenzia delle Entrate ricorre contro la società S.A. per Uffici S.r.L. in liquidazione e concordato preventivo per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 35/03/2008 della Commissione Tributaria Provinciale di Arezzo in accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente avverso avvisi di accertamento IVA, IRAP, IRES 2004 conseguenti a indeducibilità dei costi relativi alle forniture ricevute dalla controllata S.A. per Ufficio S.r.L., rettifica del reddito dichiarato e relative sanzioni;
  • l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, denunciando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio per non avere la CTR tenuto conto dei <<molteplici elementi posti dall’Ufficio a base dell’accertamento, puntualmente evidenziati nell’atto di appello>>;
  • la società contribuente si è costituita con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale.

Considerato che

1.1. preliminarmente va respinta l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di tardività del ricorso per cassazione;

1.2. a fronte di sentenza di appello pubblicata il 30.7.2010, non notificata, il ricorso per cassazione doveva essere notificato, ai sensi dell’art. 327 c.p.c. vigente ratione temporis – tenuto conto del doppio computo del periodo feriale, tra il primo agosto ed il quindici settembre, nell’ipotesi, come quella in esame, in cui dopo una prima sospensione il termine iniziale non sia decorso interamente al sopraggiungere del nuovo periodo feriale; cfr. da ultimo Cass. n. 3787/2018 ord., entro il 31.10.2011, data nella quale, in effetti, il ricorso risulta essere stato affidato all’agente postale per la notificazione;

1.3. in applicazione del ben noto principio di scissione degli effetti della notificazione tra notificante e destinatario (cfr. Corte Cost. n. 477/2002) – rilevante proprio in materia processuale e, dunque, anche in ordine ai termini di impugnazione – risulta dunque la tempestività del ricorso, indipendentemente dal fatto che sia stato ricevuto dal destinatario (3.11.2001, notifica presso la sede della società) oltre il decorso del termine massimo;

2. a seguire, il ricorso dell’Ufficio è fondato;

3.1. l’Ufficio lamenta la mancata valutazione ed esame, da parte della CTR, di molteplici elementi probatori offerti a supporto della tesi circa la finalità elusiva della società contribuente con riguardo alla cessione di ramo d’azienda in favore di società dalla stessa controllata con lo scopo di ottenere la <<compressione del reddito imponibile in capo alla società verificata (controllante)>>;

3.2. orbene, va premesso, con riguardo all’istituto dell’abuso del diritto di elaborazione comunitaria (in relazione ai tributi armonizzati) e successivamente accolto anche dall’ordinamento statale (in relazione alle imposte sui redditi: art. 37 bis D.P.R. n. 600/1973), che la costante giurisprudenza di questa Corte esclude dalla nozione di abuso del diritto in materia tributaria le ipotesi di condotte illecite fraudolente od anche soltanto simulatorie, iscrivendo invece il fenomeno nell’ambito delle sole condotte lecite (id est: non violative di prescrizioni normative) e non occulte (essendo realmente diretta la volontà dei contraenti <<abusivi>> alla produzione degli effetti giuridici previsti dalla legge), che consentono di perseguire legalmente il risultato finale previsto, attraverso ad esempio l’uso indiretto del negozio od il collegamento negoziale od anche eventuali deroghe negoziali allo schema tipico dei contratti o commistioni tra discipline negoziali differenti (che collocano il rapporto nella sfera dei negozi atipici o misti rimessi all’esercizio della autonomia privata) od ancora il frazionamento in autonomi contratti di prestazioni unitariamente riconducibili ad un medesimo schema negoziale tipico, ed inoltre ravvisando il connotato dell’abusività della condotta nel risultato finale – da valutarsi secondo un criterio oggettivo – elusivo della imposizione fiscale, ottenuto all’esito dell’operazione negoziale, risultato che viene raggiunto dalle parti evitando che la operazione economica venga ad integrare il fatto giuridicamente rilevante che la norma impositiva assume a presupposto d’imposta;

3.3. gli indici sintomatici ai quali, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, occorre attingere per la dimostrazione della abusività della condotta, non vanno ricercati nella causa (funzione economico-sociale) o negli effetti giuridici del negozio o della complessa operazione negoziale (diretti a disciplinare il regolamento di interessi voluto dalle parti), ma debbono essere ricercati nel limite imposto dalla convenienza economica della operazione, nel senso che, data la peculiare situazione economico-patrimoniale ed il tipo di organizzazione aziendale o societaria del soggetto, rilevate ex ante rispetto alla operazione economica da compiere, detto limite è rispettato se la modifica di tale situazione – mediante l’attività negoziale posta in essere – è rispondente a logiche di mercato ed in ultima analisi ai principi di economicità della gestione: ove tali requisiti di economicità (che possono essere individuati anche in modifiche di tipo organizzativo od aziendale in quanto volte a realizzare miglioramenti nell’efficienza della attività od a rendere maggiormente competitiva la impresa) non siano, invece, rinvenibili nell’operazione realizzata, ma la fattispecie negoziale posta in essere consenta, comunque, di realizzare, mediante una diversa allocazione delle risorse economico-patrimoniali preesistenti, un trattamento fiscale più favorevole, allora la duplice combinazione di tali elementi (carente giustificazione economica della operazione; realizzazione di un risparmio fiscale) consente di pervenire a qualificare la operazione come <<abuso di diritto>> in quanto diretta <<esclusivamente>> ad impedire la verificazione del presupposto d’imposta (cfr. Cass. n. 26781/2013, 21782/2011, 1372/2011, 12249/2010, 10257/2008);

3.4. tanto premesso gli elementi, a dimostrazione dell’abuso di diritto, indicati dalla Agenzia fiscale, su cui gravava l’onere della relativa prova (cfr. Cass. n. 25374/2008, secondo cui <<l’individuazione dell’impiego abusivo di una forma giuridica incombe sull’Amministrazione finanziaria, la quale non potrà limitarsi ad una mera e generica affermazione, ma dovrà individuare e precisare gli aspetti e le particolarità che fanno ritenere l’operazione priva di reale contenuto economico diverso dal risparmio d’imposta”; id. 30.11.2012, 21390/2012 20029/2010), non sono stati adeguatamente valutati dalla CTR;

3.5. è incontestato che l’operazione in esame consistesse nei seguenti passaggi: la società controllata, divenuta, a seguito della cessione del ramo d’azienda, impresa produttrice di mobilia per conto della controllante, si approvvigionava delle materie prime presso i fornitori, produceva i mobili e gli arredi per l’ufficio che venivano poi trasportati e montati presso i clienti della controllante su ordinativi di quest’ultima; la controllata emetteva quindi fattura nei confronti della controllante, addebitando anche le spese di trasporto; la controllata provvedeva inoltre anche al pagamento delle provvigioni di spettanza dei vari venditori che raccoglievano gli ordinativi; la controllata, da ultimo, emetteva fattura nei confronti dei clienti finali per un importo pari a quello fatturato dalla controllata, comprensivo delle spese di trasporto;

3.6. la CTR, ha, in particolare, valorizzato le difese della contribuente, secondo la quale, a seguito dell’improvvisa revoca del fido da parte dell’Istituto bancario di riferimento, essa sarebbe stata <<indotta a cedere il ramo produttivo dell’azienda a decorrere dal 15/09/2003 in favore della neo costituita “S.U. srl” interamente partecipata>>, affermando altresì che l’operazione di cessione era quindi basata <<sulle seguenti … ragioni economiche: a) ripresa dell’attività con il recupero del valore del marchio e dell’avviamento commerciale b) salvaguardia dal rischio d’impresa del patrimonio immobiliare, atteso che il fabbricato industriale di rilevante valore veniva concesso in comodato d’uso alla controllata c) diminuzione dell’indebitamento >>, il che avrebbe permesso alla controllante di non essere coinvolta nelle successive difficoltà finanziaria della controllata, ovvero <<crisi finanziaria, cessione dell’attività ai creditori e dichiarato dal Tribunale di Arezzo il 18/11/2004>>;

3.7. il Collegio evidenzia, dunque, che lo scopo della contribuente di salvaguardare la propria attività, il proprio marchio e l’avviamento commerciale non per questo legittimava anche una gestione dell’attività d’impresa che prescindesse dal principio di economicità della gestione;

3.8. risulta Infatti evidente tale antieconomicità nella gestione di impresa atteso che la società risultava agire in perdita rispetto alle operazioni di acquisto e rivendita dianzi illustrate, con condotta del tutto incongruente nell’offerta dei prodotti sul mercato a prezzi inferiori ai costi sostenuti per l’approvvigionamento dei prodotti;

3.9. ne consegue che l’Ufficio poteva legittimamente presumere che l’impresa comprimesse artatamente i prezzi di vendita dei mobili ed arredi al fine di ridurre l’imponibile fiscale IRES, IRAP ed IVA;

3.10. sussistevano, dunque, gli elementi indiziali minimi per poter riconoscere, nella specie, la natura elusiva dell’operazione posta in essere dalla società contribuente;

  1. il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata; non essendo necessario accertare altri fatti, la causa può inoltre decidersi nel merito col rigetto del ricorso proposto dalla contribuente avverso l’atto fiscale;
  2. per il principio di soccombenza la controricorrente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo; sussistono invece giusti motivi, in ragione delle peculiarità processuali della vicenda, per la compensazione delle spese relative ai gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della società contribuente, che condanna alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 9.000,00 oltre spese prenotate a debito, con compensazione delle spese relative ai gradi di merito.