Legittimazione all’istanza di rimborso IVA e superabilità del termine di decadenza biennale

E’ possibile richiedere a rimborso l’IVA erroneamente esposta in fattura, erroneamente pagata dal cessionario ed erroneamente versata dal cedente? Analizziamo questo complesso caso e verifichiamo qual è il termine ultimo per presentare istanza di rimborso.

L’indetraibilità dell’imposta erroneamente indicata in fattura è sostenuta nella considerazione che non si possa considerare imposta quella erroneamente indicata.

Il cessionario o committente nei cui confronti il cedente o prestatore abbia erroneamente esercitato la rivalsa dell’IVA per un’operazione esente, non imponibile o non soggetta ad imposta non ha titolo per esercitare il diritto di detrazione.

Il rapporto esistente tra il cedente o prestatore e l’Amministrazione finanziaria, riguardante l’imposta addebitata in fattura, ha carattere tributario, mentre il rapporto tra il cedente o prestatore e il cessionario o committente, conseguente all’esercizio della rivalsa dell’imposta, ha natura privata.

Nel rapporto tributario tra il fornitore e l’Amministrazione finanziaria, il primo può chiedere, attraverso la procedura di cui all’art. 21, c. 2, del D.Lgs. n. 546/1992, il rimborso dell’IVA non dovuta, mentre l’Amministrazione finanziaria, in considerazione del rapporto tributario intrattenuto con il cliente (committente o cessionario), può recuperare a tassazione l’IVA illegittimamente detratta.

La natura privatistica del rapporto di rivalsa dà, tuttavia, diritto al cessionario o committente di recuperare l’imposta illegittimamente corrisposta alla controparte, promuovendo, nei confronti del cedente o prestatore, l’azione di indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., finalizzata ad ottenere la restituzione dell’imposta versata in aggiunta al corrispettivo dell’operazione e soggetta al termine di prescrizione decennale.

La mancata attivazione della procedura di variazione fa venire meno solo il diritto a recuperare il credito mediante l’esercizio della detrazione, senza precludere la possibilità di ottenere il rimborso della maggiore imposta, indebitamente versata, in quanto la rettifica diminutiva rappresenta una modalità di recupero dell’imposta illegittimamente corrisposta all’Erario rimessa alla libera scelta del contribuente, il quale può pertanto optare per l’azione generale di rimborso (Cass., 21 aprile 2006, n. 9437 e Id., 9 marzo 2005, n. 5094).

La Corte Suprema con sentenza n. 10939/2015 ha ritenuto che l’inottemperanza dell’emittente agli adempimenti richiesti dall’art. 26 per provvedere alla correzione od all’annullamento della fattura erroneamente emessa, non può tuttavia ritenersi ostativa al riconoscimento del rimborso dell’IVA indebita versata in eccedenza, laddove, con accertamento in fatto riservato al Giudice di merito, risulti che sia stato in tempo utile definitivamente eliminato qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale, perdita che si verifica allorché il destinatario della fattura (erroneamente emessa o nella quale è stata indebitamente liquidata l’imposta) abbia esercitato in base a tale documento il diritto alla detrazione (o al rimborso), o comunque possa attualmente esercitare tale diritto, dovendosi riconoscere la definitiva eliminazione del rischio in questione, quando risulti accertato che la fattura o il documento ad essa considerato equipollente non sia stata “emessa” ai sensi dell’art. 21, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, ovvero quando la fattura erroneamente “emessa” sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti od in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione), o ancora quando l’Amministrazione finanziaria (anche a seguito di segnalazione dello stesso emittente, ovvero nell’esercizio dei poteri di verifica di ufficio) abbia contestato e definitivamente disconosciuto con provvedimento divenuto definitivo, o riconosciuto legittimo con accertamento passato in giudicato, il diritto alla detrazione vantato dal destinatario della predetta fattura.

 

 

Legittimato a chiedere il rimborso

Nella disciplina dell’IVA, soggetto passivo del tributo, e quindi legittimato a richiederne il rimborso, ove il pagamento non sia dovuto, è il cedente del bene o il prestatore del servizio, non già il cessionario o il committente, i quali ultimi, come semplici soggetti d’IVA, cioè solo economicamente incisi e consumatori finali, rimangono estranei al rapporto con l’amministrazione finanziaria.

Soggetto passivo del tributo legittimato a richiedere il rimborso in caso di indebito è il cedente del bene o il prestatore di servizio, non già il cessionario od il committente, i quali ultimi, quali semplici soggetti d’Iva, cioè soggetti solo economicamente incisi e consumatori finali, rimangono estranei al rapporto con l’Amministrazione finanziaria che non può perciò essere chiamata a rimborsare direttamente al cessionario o al committente quanto d’Iva da essi versato in via di rivalsa al cedente.

Non può quindi configurarsi rapporto tra Fisco e cessionario “in materia di rimborso” per cui a quest’ultimo anche se inciso direttamente e definitivamente nella sfera economica dall’imposta, è negata qualsiasi possibilità di richiesta di rimborso potendo agire in via di restituzione, ove ne ricorrano le condizioni, soltanto nei confronti del cedente.

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