IVA di gruppo: società di persone e remissione in bonis

il tema dell’IVA di gruppo: i concetti di funzionamento, il caso della capogruppo costituita in forma di società di persone, l’ipotesi della remissione in bonis

Commercialista Telematico | Software fiscali, ebook di approfondimento, formulari e videoconferenze accreditateLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21637 del 26.10.2016, si è pronunciata su un argomento di grande attualità: l’Iva di gruppo.

L’agenzia delle Entrate, nel caso di specie, aveva contestato ad una società di aver omesso i versamenti inerenti le liquidazioni periodiche di cui agli artt. 27 e 33 del DPR n. 633 del 1972 per l’anno 1998, negando che essa potesse fruire del regime dell’Iva di gruppo di cui all’art. 73, u.c., del DPR n. 633 del 1972 e al DM 13 dicembre 1979 n. 11065, visto che lo stesso DM 13 dicembre 1979 n. 11065 e la Circolare ministeriale 28 agosto 1986 n. 16/360711 escludevano l’applicabilità del regime dell’Iva di gruppo nel caso in cui la società controllante fosse una società di persone.

Il ricorso avanzato dalla SNC controllante veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale.

In sede di appello la Commissione Tributaria Regionale confermava poi la decisione di primo grado, affermando in particolare che la normativa IVA postula una nozione di “gruppo” diversa da quella di cui all’art. 2359 c.c., e negando dunque che vi fossero valide ragioni giuridiche per ritenere il regime dell’Iva di gruppo inapplicabile in caso di una controllante società di persone.

Avverso la decisione di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 73, comma 3, del DPR 633 del 1972 ed all’art. 2 DM 13 dicembre 1979 n. 11065.

L’Agenzia censurava in particolare la decisione impugnata per aver i giudici di appello omesso di considerare che l’applicazione della disciplina di cui alle norme evocate, e specificamente di quella di cui all’art. 2 DM 13.12.1979 n. 11065, presuppone necessariamente che tanto le società controllate quanto la società controllante siano società di capitali.

Il motivo di impugnazione, secondo la Suprema Corte, era infondato, così come in sostanza già affermato dalle Sezioni Unite della medesima Corte con la sentenza n. 1915 del 2016.

Il più favorevole regime di liquidazione dell’Iva di gruppo, nel testo ratione temporis vigente, in base al quale l’Iva a credito di una società può essere compensata con gli importi dovuti a debito, per la medesima imposta, da altra società appartenente allo stesso gruppo, si applica infatti anche se la società controllante sia una società di persone, senza che rilevi, in senso contrario, quanto indicato dal DM n. 11065 del 1979 del Ministero delle Finanze, gerarchicamente subordinato alla legge, né, tantomeno, la successiva circolare dello stesso Ministero n. 16/360711, dovendosi ritenere una diversa interpretazione lesiva del principio di parità di trattamento rispetto a soggetti che operano nel medesimo mercato.

In particolare, del resto, l’art. 2 del DM del 1979 prevede che agli effetti della procedura “si considerano controllate soltanto le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata” e che “le società controllanti a loro volta controllate da un’altra società possono avvalersi della facoltà prevista dal presente decreto soltanto se la società che le controlla rinuncia ad avvalersene”.

Tali disposizioni non escludono, dunque, le società di persone dall’ambito applicativo del regime.

Chi fa parte di un gruppo può quindi sempre valutare l’opportunità di avvalersi della procedura iva di gruppo, presentando all’Agenzia in via telematica (direttamente o tramite intermediari abilitati), il modello IVA 26.

Il termine del 16 febbraio, entro cui tale opzione andrebbe effettuata, non è peraltro perentorio.

L’istituto della cosiddetta remissione in bonis, disciplinato dall’art. 2 del DL 16/2012, consente infatti comunque l’accesso alla citata liquidazione di gruppo (come confermato nella C.M. 38/E/2012), sanando la mancata presentazione del modello laddove:

  1. vi siano i requisiti sostanziali di accesso al regime opzionale;

  2. la violazione non sia stata ancora contestata, né siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche con riferimento all’Iva;

  3. venga effettuata la comunicazione entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;

  4. venga contestualmente versata la sanzione di 258 euro (senza fruire della compensazione con crediti in F24) utilizzando il codice tributo 8114 istituito con la RM 46/E del 11/05/2012.

Non è invece sufficiente il comportamento concludente ai fini dell’efficacia dell’opzione stessa.

Tale procedura consente in sostanza l’estinzione automatica, all’interno del gruppo, delle posizioni creditorie IVA in capo ad alcune società, con quelle debitorie di altre società, concentrando in capo all’ente o società controllante gli obblighi relativi ai versamenti periodici IVA, per l’ammontare complessivo ed al netto delle eccedenze detraibili.

Le società controllate devono inoltre avere i seguenti requisiti, previsti dall’art. 2 del DM 13/12/1979 ossia:

  • le azioni o quote devono essere possedute dalla controllante per una percentuale superiore al 50% del capitale (la percentuale va depurata delle azioni prive di diritto di voto);

  • la partecipazione, nei limiti di cui sopra, deve sussistere dall’inizio dell’anno solare precedente.

Anche le società estere possono accedere al regime IVA di gruppo ma, oltre ai consueti requisiti di controllo, dovranno:

  • essere residenti in un altro Paese membro dell’Unione europea;

  • essere costituite in forma equivalente a quella di società di capitali di diritto italiane;

  • essere identificate nel territorio dello Stato, in maniera diretta oppure attraverso un rappresentante fiscale o una stabile organizzazione.

La dichiarazione, che ha la finalità di manifestare la volontà di adesione e di attestare la sussistenza dei requisiti delle società partecipanti, è vincolante ed ha validità per il solo intero anno solare in cui è presentata (va quindi presentata ogni anno se si intende continuare ad avvalersi della liquidazione di gruppo) per tutte le società partecipanti alla liquidazione di gruppo, qualora non intervengano variazioni che determinano il venir meno dei requisiti richiesti.

Diversamente da quanto previsto in tema di consolidato fiscale nazionale, il requisito del controllo in caso di interposizione di una controllata non deve essere verificato tenendo conto della demoltiplicazione provocata della catena di controllo, ma è sufficiente la continuità della catena di controllo.

Si evidenzia comunque che la disciplina non comporta il riconoscimento giuridico dell’unitarietà fiscale del gruppo, lasciando a carico di ciascuna società partecipante la responsabilità per la corretta determinazione dell’IVA a credito o a debito trasferita al gruppo.

20 ottobre 2017

Giovambattista Palumbo