Imposta sulle scommesse: parola alla Corte Costituzionale

i dubbi sulla debenza e sulla gestione dell’imposta sulle scommesse dovuta dai bookmaker esteri che operano in Italia hanno portato ad investire la Corte Costituzionali sulla complessa normativa fiscale relativa alla raccolta di scommesse sportive

L’imposta unica sulle scommesse e sui concorsi pronostici se grava sulle sole ricevitorie che operano per i bookmakers esteri privi di concessione è in contrasto con i principi costituzionali.

Quanto precede emerge da alcune ordinanze emesse dalla CTP di Rieti (nn. 429-432/2015) di rimessione alla Corte Costituzionale in cui si sottolinea che se l’imposta grava solo sulla ricevitoria che gestisce la raccolta delle scommesse per conto di un bookmaker estero determina la violazione dei principi di cui agli artt 3 e 53 Cost.

Fatto

La norma, che è stata introdotta con la Stabilità del 2011, in sostanza prevede che a ctd e bookmaker possa essere chiesto il pagamento del prelievo sulle scommesse che hanno raccolto in Italia. Ricevitorie e compagnia madre sono responsabili in solido, vale a dire che lo Stato può chiedere alle une o all’altra il pagamento dell’intera cifra.

La società ricorrente Ctd (centro trasmissione dati – obbligato principale), che gestisce un centro di raccolta di scommesse, e il bookmaker estero (obbligato dipendente) per il quale la prima opera, hanno impugnato gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia dei Monopoli. Occorre premettere che la società ha con il bookmaker un contratto di ricevitoria in base al quale raccoglie le scommesse e le trasmette a quest’ultimo, pagando poi l’eventuale vincita.

In sostanza, la ricevitoria non è il soggetto che organizza le scommesse ma il centro di trasmissione dei dati per il gioco, mentre il bookmaker (nella specie la Stanley) è l’organizzatore del gioco. L’Agenzia dei monopoli ha chiesto il pagamento della imposta anche al ricevitore in base al disposto dell’art. 3 D Lgs n. 504/1988, come modificato dall’art. 1, comma 66, lett. b), legge n. 220/2010. In base a tale norma l’Agenzia ritiene che i centri di raccolta dati siano gestori di scommesse per conto terzi (bookmaker) e per questo sono da considerare soggetti passivi di imposta. Per quanto precede la società ha eccepito il pagamento dell’imposta di consumo, ritenendo che le due norme possano riferirsi alla sua attività.

La questione posta al vaglio della Corte è, quindi, se i centri di raccolta (ricevitorie) siano o meno soggetti passivi di imposta, avendo rilevato i giudici tributari remittenti che sino ad ora è prevalsa la tesi affermativa e con essi è obbligato solidalmente il boomaker di riferimento.

Ordinanza

I giudici tributari hanno rilevato preliminarmente che esiste un orientamento corrente secondo cui le ricevitorie sono obbligate al pagamento dell’imposta, ma tale interpretazione produce una norma anticostituzionale.

Il primo quesito è legato alla violazione dell’art. 53 della Costituzione, considerato che l’imposta sulle scommesse è un’imposta indiretta che colpisce il consumo di ricchezza del giocatore e grava su quest’ultimo. Atteso che il Ctd è una ricevitoria che funge da centro elaborazione dati che poi fornisce al bookmaker, ma in alcun modo può trasferire sul giocatore l’imposta. Alla ricevitoria (obbligato principale) è preclusa la possibilità di rivalersi sul bookmaker,(obbligato dipendente) per esplicita previsione normativa (art. 64, comma 3, Dpr n. 600/19973), che invece attribuisce all’obbligato dipendente (bookmaker).

Il secondo quesito investe la parità dei due soggetti coinvolti, atteso che le disposizioni citate pongono lo stesso carico d’imposta sul gestore per conto proprio (bookmaker) e sul gestore per conto terzi (titolare di ricevitoria), mentre in realtà trattasi di attività astrattamente diverse. Pertanto, visto che i soggetti sono diversi è giusto porre gli stessi su un paino di uguaglianza dal punto di vista della responsabilità tributaria (sul tema cfr. CTP Napoli n. 29890/3072014).

Il terzo quesito attiene al principio di ragionevolezza delle leggi e di proporzionalità, in quanto emerge che l’aver previsto l’onere d’imposta sul titolare della ricevitoria, nonostante questi sia del tutto estraneo alla scommessa tassata, corrisponde al preciso intento voluto dal legislatore.

Sul tema in argomento vi è un precedente, in quanto è pendente dinanzi alla Corte di Giustizia Europea un’altra disposizione ideata per contrastare gli operatori senza concessione, quella che impone il pagamento del prelievo anche ai centri trasmissione dati e ai bookmaker esteri. A inviare le carte in Lussemburgo è stata la Commissione Tributaria Regionale di Milano (ordinanza n 1449/2015 del 14 ottobre 2015) , affrontando un ricorso intentato dalla Stanley. La norma, che è stata introdotta con la Stabilità del 2011, in sostanza prevede che a ctd e bookmaker possa essere chiesto il pagamento del prelievo sulle scommesse che hanno raccolto in Italia. Ricevitorie e compagnia madre sono responsabili in solido

Una precedente sentenza della Cassazione in sede penale aveva già posto in risalto la divisione dei ruoli, così come aveva fatto il Consiglio di Stato in quella amministrativa, pervenendo alla conclusione che sebbene «l’organizzazione, la raccolta e l’accettazione delle scommesse vengono esercitate in via esclusiva e autonoma dal bookmaker», la norma colpisce le ricevitorie.

Ora la parola passa ai giudici delle leggi atteso che dalla norme attualmente vigenti non sembra emergere una corretta distinzione tra i due soggetti menzionati (ctr centro raccolta-ricevitoria – e book maker).

27 febbraio 2016

Enzo Di Giacomo