Dirigenti illegittimi dell'Agenzia delle Entrate: una questione da risolvere

un’analisi della vexata quaestio dei dirigenti illegittimi dopo l’intervento del Consiglio di Stato: sulla questione urge una soluzione definitiva

La questione dei dirigenti incaricati presso l’Agenzia delle entrate, dichiarati illegittimi dopo la sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale, sembra al momento non trovare una soluzione. Nel richiamare la recente sentenza n. 0461 depositata il 6/10 u.s. del Consiglio di Stato, si cerca di ricostruire le tappe della vexato questio della vicenda in esame.

Fatto

La vicenda ha riguardato un numero consistente (circa 800) di funzionari a cui è stato conferito un incarico dirigenziale poi prorogati nel corso degli anni.

In particolare, si è trattato di incarichi a contratto concessi dall’Agenzia delle entrate senza il superamento di una procedura concorsuale nonché il sistema di assegnazione dei incarichi dirigenziali ai funzionari (ciò che fino a qualche anno fa poteva effettuarsi facendo ricorso all’istituto della cd Reggenza), secondo l’applicazione non conforme alla legge dell’art. 19, c. 6, del D.Lgs. n. 165/2001 secondo cui è possibile assegnare incarichi dirigenziali a funzionari interni, sulla base dl presupposto di essere funzionari.

Gli incarichi di cui sopra erano previsti dall’art. 24 del Regolamento di amministrazione e hanno consentito il conferimento di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non in possesso della relativa qualifica (fino al 2010). Tali dirigenti a vario titolo sono i direttori provincialireggenti; i dirigenti “incaricati che sottoscrivono gli atti su delega dei reggenti.

La situazione sopra descritta, come detto, si è protratta fino alla emanazione della sentenza n. 37/2015 a cui sono seguite una serie innumerevoli di sentenze di merito e poi a qualche prima sentenza di legittimità che ha toccato direttamente e non la questione in esame.

Diritto

La sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale ha chiarito l’illegittimità costituzionale delle posizioni occupate dai suddetti funzionari.

I giudici delle leggi hanno rilevato che secondo la costante giurisprudenza della Corte, nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di una PA debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (Cfr. sentenza n. 194 del 2002; n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009). Nell’evidenziare che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta “l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso”, è stato chiarito che le reiterate delibere di proroga del termine finale hanno di fatto consentito, negli anni, di utilizzare uno strumento pensato per situazioni peculiari quale metodo ordinario per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti. In realtà, nell’ambito dell’ordinamento del lavoro delle pubbliche amministrazioni, l’illegittimità di questa copertura delle posizioni dirigenziali deriva dalla sua non riconducibilità, né al modello dell’affidamento di mansioni superiori a impiegati appartenenti ad un livello inferiore, né all’istituto della cd reggenza.

Invero, è stato precisato, che l’assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo all’istituto della reggenza, disciplinato dall’art. 20 del d.P.R. 266/1987.

I giudici hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., dell’art. 8, c. 24, del d.l. n. 16 del 2012 che ha consentito “all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica”.

Dopo la predetta decisione della Corte (con cui sono stati rimossi 767 dirigenti dell’Agenzia delle entrate) è seguita la pronuncia n. 3222/15 della CTP di Milano con cui è stata dichiarata la nullità “per irregolarità della sottoscrizione apposta da soggetto non abilitato” in quanto il Capo Area aveva firmato l’atto impositivo per delega del Direttore provinciale non essendo munito del potere di reggenza dell’ufficio. Il TUIR prevede che gli avvisi di accertamento devono essere sottoscritti, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato per cui i giudici tributari hanno disposto l’illegittimità dell’atto in relazione alla sottoscrizione del funzionario.

Dopo tale pronunciamento ci sono stati pronunciamenti di merito tra cui deve annoverarsi la sentenza 2184/13/2015 della Commissione tributaria regionale di Milano, sentenza che si aggiunge ad altro analogo intervento della Commissione tributaria provinciale di Milano sentenza n. 3222/25/2015; della Commissione tributaria provinciale di Frosinone sentenza n. 414/02/2015; della Commissione tributaria provinciale di Brescia sentenza n. 277/1/2015 ed alle sentenze 1789/02/2015 e 1790/02/2015 della Commissione tributaria provinciale di Lecce. 1)

In particolare, la CTR Milano ha sancito la nullità degli atti amministrativi, sottoscritti da dirigenti illegittimi, e la stessa deve essere rilevata alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità e che ha sancito la non applicabilità dell’articolo 21-octies, comma 2, della legge 241/90; gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate non hanno natura vincolante ma meramente discrezionale. Secondo la citata giurisprudenza, che richiama le statuizioni in precedenza espresse dalla Corte di Cassazione, la nullità dell’atto può essere rilevata d’ufficio dal Giudice in quanto “… si verificherebbe un’ipotesi di nullità assoluta del provvedimento…” ai sensi dell’articolo 21 septies della legge 241/90, essendo l’atto viziato da difetto assoluto di attribuzione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio anche d’ufficio.

Non da ultimo si annovera la sent. n. 18448/2015 della Corte di Cassazione che ha riconosciuto l’applicabilità all’ordinamento tributario delle norme generali sugli atti del processo amministrativo, sanzionando la nullità degli accertamenti affetti dalla mancata di sottoscrizione eccepita subito e non successivamente né tantomento d’ufficio dal giudice.

Si annoverano a favore dell’Agenzia numerose sentenze della Commissione tributaria provinciale di Pesaro (sent n. 309 del 28 aprile 2015) e della CTP di Bergamo (sent. n. 393/8/2015 del 27 aprile 2015); entrambe richiamano l’iter logio-giuridico della giurisprudenza di legittimità (Cass 10 agosto 2010 n. 18515 e Cass. 10.7.2013, n. 17044“), secondo cui il capo di un ufficio è l’organo in grado di manifestare all’esterno la volontà dell’ufficio a prescindere dalla qualifica dirigenziale dallo stesso ricoperta.

Consiglio di Stato

Con la sentenza n. 04641/2015 il Consiglio di Stato ha chiarito che la procedura di assegnazione degli incarichi a propri funzionari di cui all’art. 24 del Regolamento di amministrazione da parte dell’Agenzia delle entrate non è conforme alla legge e alla Costituzione ed ha determinato di fatto una grave situazione di illegittimità tra la situazione concreta e l’organizzazione amministrativa. Tale Regolamento ha violato sia il principio di uguaglianza dei cittadini nell’accesso ai pubblici uffici (nella specie, dirigenziali), sia il principio secondo cui ai pubblici uffici si accede mediante concorso (art. 97 Cost.).

In particolare, tale Regolamento consentiva la copertura di posizioni dirigenziali vacanti con contratti a termine la cui proroga è stata ripetuta illegittimamente, trattandosi di violazione di “normativa primaria e di principi costituzionali di estrema gravità, in base alla quale si è proceduto al conferimento di diverse centinaia di incarichi dirigenziali, con ripercussioni evidenti non sul principio del buon andamento amministrativo, ma anche sulla stessa immagine della P.A. e sulla sua affidabilità, per di più nel delicato settore tributario, dove massima dovrebbe essere la legittimità e la trasparenza dell’agire amministrativo”. La ripetuta applicazione della norma regolamentare ha di fatto determinato una grave situazione di illegittimità in cui si è trovata per anni l’organizzazione dell’Agenzia delle entrate.

In realtà i giudici amministrativi si sono pronunciati sulla selezione/concorso per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia bandito dall’Agenzia delle entrate e del DM del Mef 10/09/2010, entrambi annullati nella parte in cui il bando può costituire una deroga diretta a sanare l’illegittima situazione determinatasi a seguito del conferimento di incarichi.

Indagine della Corte dei Conti

E’ notizia recentissima l’avvio da parte della Procura della Corte dei Conti Lombardia di una indagine sulla possibile responsabilità erariale dei dirigenti “illegittimi”.

Gli eventuali profili di danno erariale possono riguardare il mancato gettito conseguente all’annullamento degli avvisi di accertamento sottoscritti dai funzionari incaricati; il mancato gettito derivante dall’inammissibilità dell’appello avverso la sentenza di primo grado firmato da un funzionario incaricato; retribuzioni erogate ai funzionari incaricati.

Alla luce di quanto sopra esposto, emerge che alla situazione venutasi a creare potrà dare risposta un pronunciamento mirato della Corte di Cassazione. Per il 21 ottobre prossimo è in calendario l’udienza avente ad oggetto la questione dei funzionari incaricati decaduti dopo la sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale. Ciò farà chiarezza su un contenzioso che sinora ha visto posizioni assai divergenti dei giudici di merito.

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17 ottobre 2015

Enzo Di Giacomo