Novità dalla riforma delle procedure concorsuali per il curatore fallimentare

proponiamo una rassegna di tutte le novità che la riforma delle procedure concorsuali porta alla figura del curatore fallimentare: i criteri di nomina, le nuove funzioni per la gestione della fase di liquidazione…

Con la definitiva approvazione del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito in legge 132/2015, sono dettate una serie di misure in materia fallimentare, civile e processuale civile nonché di natura organizzativa. Al provvedimento d’urgenza, originariamente composto da 24 articoli, suddivisi in cinque Titoli, il Parlamento ha apportato modifiche, introducendovi anche alcuni articoli aggiuntivi.

Tra le novità, restando in tema di fallimento, si segnalano quelle riguardanti il concordato preventivo, la nomina del curatore fallimentare, la chiusura della procedura; con il presente commento analizziamo le novità riguardanti la figura del curatore fallimentare

Gli articoli da 5 a 7 del decreto-legge n. 83/2015, convertito in legge 6 agosto 2015, n. 132, modificano le disposizioni della legge fallimentare relative al curatore, con finalità di accelerazione delle procedure e di garanzia della terzietà dell’organo.

Il Capo III, del decreto legge in commento (artt. 5-7) detta alcune modifiche alla disciplina che la legge fallimentare dedica al curatore fallimentare sia con finalità di accelerazione delle procedure che di garanzia della terzietà dell’organo.

Il novellato art. 28, della L.F., prevede che possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a); in tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.

Il curatore è nominato tenuto conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all’articolo 33, comma 5, L.F..

È istituito presso il Ministero della giustizia un registro nazionale nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali. Nel registro vengono altresì annotati i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse. Il registro è tenuto con modalità informatiche ed è accessibile al pubblico.

Programma di liquidazione

L’articolo 6, del decreto legge in commento, modifica l’art. 104-ter della legge fallimentare, relativo al programma di liquidazione dell’attivo, prevedendo termini procedurali più stringenti.

In particolare:

  • è integrata la formulazione del comma 1, prevedendosi che, in ogni caso, il programma di liquidazione debba essere formato entro 180 giorni dalla sentenza che dichiara il fallimento e che il mancato rispetto di quest’ultimo termine è giusta causa di revoca del curatore;

  • è stabilito, dal nuovo terzo comma, che il programma debba precisare il termine entro il quale sarà ultimata la liquidazione dell’attivo del fallimento e che tale termine non possa eccedere i 2 anni, salvo che il curatore ritenga necessario, motivandone le ragioni (si presume al comitato dei creditori, cui spetta ex art. 104-ter l’approvazione del programma di liquidazione) un termine maggiore per liquidare specifici cespiti;

  • il curatore, oltre che da altri professionisti, può essere autorizzato dal giudice delegato ad essere coadiuvato nella vendita dei beni anche da società specializzate; è fatto salvo quanto previsto dall’art. 107, L. fall..

    La salvezza delle previsioni dell’art. 107 sembra riferirsi:

  • al fatto che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in base al programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati;

  • alla possibilità che il curatore possa prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dallo stesso giudice delegato;

  • agli obblighi del curatore, prima del completamento delle vendite di immobili e altri beni registrati, di darne notizia a tutti i creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio;

  • al fatto che il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un importo non inferiore al 10% del prezzo offerto;

  • dell’obbligo del curatore di informare il giudice delegato e il comitato dei creditori sugli esiti delle procedure, depositando in cancelleria la relativa documentazione.

Occorre valutare se il rinvio all’art. 107, in cui già è richiamata la possibilità per il curatore di avvalersi di soggetti specializzati, renda superfluo il riferimento specifico alle società specializzate da cui il curatore stesso può essere coadiuvato nella vendita dei beni.

    • è prevista come giusta causa di revoca del curatore il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione.

Chiusura della procedura di fallimento

L’articolo 7, del decreto legge in commento, modifica anche in tal caso a fini di velocizzazione della procedura, gli articoli 118 e 120 della legge fallimentare in materia di chiusura del fallimento.

Un primo intervento (lett. a) aggiunge alcuni periodi al secondo comma dell’art. 118, in base ai quali si stabilisce:

la chiusura del fallimento a seguito di ripartizione dell’attivo anche quando vi siano giudizi pendenti, relativi a rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento nei quali il curatore, ex art. 43 L. fall, è legittimato a stare in causa anche negli (eventuali) gradi ulteriori di giudizio; la previsione, che riproduce quanto già stabilito dal D.Lgs. 385/1993 (T.U. bancario) per la chiusura della liquidazione coatta amministrativa, intende anche facilitare il rispetto del termine biennale stabilito ora dall’art. 104-ter, come modificato dall’articolo 6, del provvedimento in commento;

una deroga all’art. 35 L. fall.: anche le rinunce alle liti e alle transazioni devono essere autorizzate dal giudice delegato.

Nella versione previgente il citato art. 35 prevedeva che le rinunce (con le riduzioni di crediti, i compromessi, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione) sono di competenza del curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori; il giudice delegato deve essere sempre informato in via preventiva dal curatore delle transazioni; per gli altri atti tale obbligo informativo sussiste quando essi siano di valore superiore a 50.000.

che le somme necessarie a coprire le spese di giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute dal curatore; dopo la chiusura del fallimento le somme trattenute e quelle che residuano dagli accantonamenti sono ripartite tra i creditori; con le modalità disposte dal tribunale con il decreto motivato di chiusura della procedura fallimentare;

che eventuali sopravvenienze dell’attivo derivanti dai giudizi non comportano la riapertura della procedura di fallimento;

la tardiva ammissione all’esdebitazione del fallito (art. 142, L. fall.) quando, a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente, i creditori siano stati in parte soddisfatti (si fa infatti riferimento alla causa di inammissibilità di cui al secondo comma dell’art. 142); la richiesta di esdebitazione va avanzata entro un anno dalla data del citato riparto.

Si ricorda che l’esdebitazione consente al fallito, persona fisica, l’ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:

1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;

2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;

3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48 (consegna al curatore di tutta la corrispondenza inerente il fallimento);

4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;

5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;

6) non sia stato condannato definitivamente per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.

L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.

E’ poi integrato dall’art. 7 (lett. b), il comma 2 dell’articolo 120 L.F. con la previsione che, nonostante la chiusura del fallimento, la pendenza dei giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito consente la permanenza in carica del curatore e del giudice delegato, pur ai soli fini previsti dall’art. 118, c. 2, come modificato.

Al fine di assicurare la celere definizione delle procedure concorsuali, ha posto a carico dei magistrati l’obbligo di trattare con priorità le cause in cui è parte un fallimento o un concordato.

E’ disposto, inoltre, che il giudice non può liquidare acconti a favore del curatore se non dopo un riparto parziale, al fine di accelerare il soddisfacimento dei creditori.

3 settembre 2015

Federico Gavioli