Con compensi a terzi troppo elevati si paga l'IRAP, perchè fanno desumere l'esistenza di un'autonoma organizzazione

il professionista che chiede a rimborso non dovrebbe aver sostenuto nell’anno spese di importo troppo elevato relative a compensi per attività professionale: compensi troppo elevati fanno desumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 27 febbraio 2015, n. 4060, torna ad affrontare la questione relativa all’Irap, confermando l’assoggettabilità all’imposta in presenza di elevati compensi a terzi.

La sentenza

Deve qui ribadirsi che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c) , l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’ IRAP solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull’ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007; v. S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull’ausilio di un dipendente part-time all’attività d’avvocato, nonché da ultimo Cass. n. 17598 del 2011, sull’utilizzo di una inserviente da parte di un medico di base; sul rilievo dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, v. Cass. n. 3677 del 2007; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011)”.

La Corte, con riguardo “all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, questa Corte (Cass. 23761/2010) ha già affermato che è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente. Da ultimo, questa Corte (Cass. 22674/2014), in relazione ad una fattispecie nella quale il professionista si era avvalso di una società di servizi, erogando alla stessa, per anno, rilevanti importi à (€ 80.000,00), ha affermato che ciò che rileva, agli effetti impositivi Irap, ‘è la sussistenza di una organizzazione imprenditoriale’, restando indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata (dipendenti ovvero società di servizi ovvero associazione professionale) e che rende possibile lo svolgimento (complesso) della attività (complessa) dei professionisti”.

Nel caso di specie, osserva la Corte, “i giudici d’appello non hanno esaurientemente motivato, tenuto conto dei sopra esposti principi di diritto, sulle ragioni della ritenuta sussistenza dell’autonoma organizzazione necessaria, avendo dato rilievo ad indici (essenzialmente, l’esistenza di un contiguo ufficio organizzato per l’esercizio dell’attività professionale, forense, da parte dei genitori e l’esercizio promiscuo, da parte del T., dell’attività di commercialista e di amministratore unico di società di capitali, in un immobile concesso in comodato) non rilevanti e decisivi, per come evidenziati, omettendo invece di argomentare in ordine a quegli altri elementi, indicati dalla contribuente sin dal primo grado ed in questa sede riproposti, in ipotesi, rilevanti agli effetti di un diverso percorso decisionale (l’esercizio dell’attività senza l’ausilio di lavoratori dipendenti e l’utilizzo di beni strumentali, per un valore non eccedente l’id quod plerumque accidit)”.

Nota

In tema di IRAP, a norma del combinato disposto dell’art. 2, c. 1, per. 1, e art. 3, c. 1, lett. c, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Resta fermo che costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre).

Sul punto specifico delle “spese elevate“ rileviamo che, con l’ordinanza n. 23370 del 18 novembre 2010 (ud. del 12 ottobre 2010) la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’elevato ammontare, negli anni di cui si tratta, dei compensi a terzi, delle spese per ristrutturazione ed ammodernamento dello studio, delle quote di ammortamento ed interessi passivi e la stessa natura di studio associato del contribuente depongono infatti per la sussistenza del requisito della autonoma organizzazione ed appaiono in assoluto contrasto con le opposte conclusioni del giudice di merito”.

Tale pronunciamento fa seguito all’ordinanza n. 18704 del 13 agosto 2010 (ud. del 9 giugno 2010), con cui la Corte di Cassazione aveva già chiuso una porta in materia di Irap. In questo caso, l’Amministrazione finanziaria si era rivolta alla Corte di Cassazione, censurando la sentenza di secondo grado per aver affermato “l’inesistenza del requisito della autonoma organizzazione, senza dare conto della circostanza, evidenziata dall’Ufficio, che, nelle dichiarazioni dei redditi della contribuente relativi agli anni di imposta considerati, erano esposte spese di non esiguo ammontare”.Per la Suprema Corte, resta fermo che “costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre)”. “Nel caso di specie, il giudice tributario non ha dato adeguato conto dell’iter logico in base al quale è pervenuto al giudizio di non imponibilità e, in particolare, non ha mostrato di tenere alcun conto degli elementi, pur significativi, evidenziati dall’Ufficio”.

Viceversa, con l’ordinanza n. 2131 del 29 gennaio 2013 (ud. 27 novembre 2012) la Corte di Cassazione ha ritenuto che le spese di consulenza sostenute, pur se elevate, non determinano l’assoggettamento del professionista all’Irap. Il ricorso al lavoro altrui può determinare l’assoggettamento ad Irap dell’attività professionale solo quando questo lavoro viene inserito nella struttura organizzativa cui è a capo il professionista. Nel caso di specie, questo non risulta e non è neppure evidenziato nel ricorso, in cui si dà anzi atto che i compensi costituivano il corrispettivo di lavoro autonomo. Giova dunque ribadire che ai fini che qui rilevano la misura dei compensi corrisposti non è decisiva (si pensi all’ipotesi che si renda necessaria la consulenza di un ‘luminare’ dai costi altissimi e che opera del tutto al di fuori della struttura del committente senza dunque assumere alcun rilievo ai fini dell’IRAP)”.

10 marzo 2015

Roberto Pasquini