Il potere sanzionatorio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

il ‘decreto Madia’ è intervenuto anche in materia di anticorruzione, istituendo l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) avente quale mission: la prevenzione nel comparto pubblico e delle partecipate/controllate

  1. Premessa

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), come noto1, nasce con l’entrata in vigore del Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, convertito dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114, che ha di fatto soppresso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici.

La mission del nuovo ente può essere individuata nella prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, nelle società partecipate e controllate attraverso l’attuazione della trasparenza e l’attività di vigilanza nell’ambito dei contratti pubblici, degli incarichi e comunque in tutti i settori della pubblica amministrazione potenzialmente a rischio corruzione, creando una rete di collaborazione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e al contempo aumentando l’efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 90 del 2014, l’ANAC ha rilevato la necessità di emanare un Regolamento per disciplinare il proprio potere sanzionatorio nei casi di omessa adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza e dei Codici di comportamento.

I Piani triennali di prevenzione della corruzione, di cui all’articolo 1, comma 8, della legge 6 novembre 2012, n. 190,sono parte integrante del Piano Nazionale Anrticorruzione2, che ha lafunzione principale di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale ed internazionale.

Detti piani triennali devono presentare i seguenti contenuti minimi:

  • processo di adozione del piano, con data e documento di approvazione del Piano da parte degli organi di indirizzo politico-amministrativo ed individuazione degli attori interni all’amministrazione ed esterni che hanno partecipato alla predisposizione del Piani;

  • gestione del rischio, con indicazione delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, della metodologia utilizzata per effettuare la valutazione del rischio e delle schede di programmazione delle misure di prevenzione utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi;

  • formazione in tema di anticorruzione, con indicazione dei soggetti che erogano la formazione e quelli a cui viene erogata, contenuti, canali e strumenti di erogazione della formazione;

  • codici di comportamento, con l’adozione delle integrazioni al codice di comportamento dei dipendenti pubblici e l’indicazione dei meccanismi di denuncia delle violazioni del codice di comportamento e dell’ufficio competente a emanare pareri sull’applicazione del predetto codice.

I Programmi triennali di trasparenza, disciplinati dall’articolo 10 deldecreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, definiscono le misure, i modi e le iniziative volti all’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi ed hanno lo scopo di favorire una maggiore uniformità nell’attuazione della legislazione e della normativa vigente in materia di trasparenza e di semplificare l’attività amministrativa degli enti locali.

Infine, l’articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dall’art. 1, comma 44, della legge 6 novembre 2012, n. 190, stabilisce che ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni definito dal Governo ed approvato con decreto del Presidente della Repubblica.

  1. Contenuto del regolamento.

Il 9 settembre 2014, l’ANAC ha quindi approvato il Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio per l’omessa adozione dei Piani di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza, dei Codici di comportamento.

Il documento, a firma del Presidente, Dott. Cantone, disciplina il processo di erogazione delle sanzioni da parte di ANAC in caso di mancata adozione da parte degli enti pubblici dei Piani triennali (di prevenzione e di trasparenza) e dei Codici di comportamento.

Per poter esercitare il proprio potere sanzionatorio, è necessario che l’amministrazione interessata, ovvero tutte le amministrazioni, ivi compresi gli enti di diritto privato in controllo pubblico, abbia omesso l’adozione degli strumenti di prevenzione appena citati.

La misura in questione è tutt’altro che restrittiva in quanto per “mancata adozione” deve intendersi anche l’approvazione di un provvedimento:

  • puramente ricognitivo di misure in materia di anticorruzione, adempimento degli obblighi di pubblicità ovvero in materia di Codice di comportamento;

  • il cui contenuto riproduca pedissequamente analoghi provvedimenti adottati da altre amministrazioni e quindi privo di specifiche misure in relazione alle esigenze dell’amministrazione interessata;

  • privo di misure per la prevenzione del rischio nei settori più esposti e di misure concrete di attuazione degli obblighi di pubblicazione, quindi meramente riproduttivo del Codice di comportamento emanato con il D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62.

Il predetto comportamento omissivo può essere appurato dall’ANAC attraverso accertamenti e ispezioni ovvero sulla base di segnalazioni ad essa pervenute, purché non gravemente incomplete o palesemente infondate.

Accertata l’omissione, il Responsabile del procedimento, individuato nel dirigente responsabile dell’ufficio competente all’istruttoria per le sanzioni, dà comunicazione dell’avvio del procedimento all’amministrazione interessata, al soggetto esterno che ha inviato la segnalazione e ai soggetti, se individuati, cui possa derivare un pregiudizio dall’attività in corso.

La comunicazione di avvio del procedimento deve contenere i seguenti dati3:

  • la contestazione della violazione;

  • il termine per l’invio di eventuali memorie e documentazione allegata, nonché per eventuali controdeduzioni;

  • la possibilità di richiedere di essere sentiti in audizione presso l’Ufficio competente, specificando il termine per inoltrare detta richiesta;

  • l’ufficio presso cui è possibile avere accesso agli atti del procedimento;

  • il nome del responsabile del procedimento, l’ufficio nel quale opera e i modi per entrare in contatto;

  • il termine di conclusione del procedimento sanzionatorio.

Se l’omessa adozione degli strumenti di prevenzione della corruzione viene accertata da organi di polizia amministrativa o da organi con funzioni ispettive, gli stessi sono tenuti a contestare la violazione.

La contestazione costituisce avvio del procedimento e deve contenere tutti gli elementi precedentemente indicati.

Nel corso dell’istruttoria il Responsabile del procedimento può:

  • disporre ispezioni e accertamenti, anche avvalendosi della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 34–bis, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n. 221;

  • richiedere alle amministrazioni interessate documenti, informazioni o chiarimenti volti ad accertare l’effettiva omissione;

  • disporre l’audizione dei soggetti interessati, su loro richiesta.

Tutti i partecipanti al processo istruttorio possono, in ogni momento della fase di acquisizione degli elementi probatori, produrre ulteriore documentazione, memorie e controdeduzioni sulle informazioni inviate da altri partecipanti al procedimento, nonché possono richiedere di essere sentiti in audizione e fare richiesta di accesso al fascicolo istruttorio.

Al termine della fase istruttoria, qualora venga accertata l’omissione e deliberata l’irrogazione della sanzione, può essere disposta anche l’immediata notifica della predetta sanzione al soggetto responsabile, assegnando un termine di 30 giorni per eventuali osservazioni e controdeduzioni.

Sulla base delle osservazioni eventualmente pervenute e comunque decorso il termine di cui sopra, il Consiglio dell’ANAC delibera il provvedimento di definitiva irrogazione della sanzione dandone adeguata motivazione e determinandone l’importo.

Una volta quantificata la sanzione, che varia in relazione ad una serie di elementi quali la gravità dell’infrazione, la rilevanza degli adempimenti omessi, la contestuale omissione di più di uno dei provvedimenti obbligatori, l’eventuale reiterazione di comportamenti già contestati o, all’opposto, di comportamenti “riparatori”, il procedimento può dirsi concluso.

Il termine di conclusione non può superare i 120 giorni dalla dati di comunicazione del suo avvio e può essere sospeso solo in caso di:

  • accertamenti particolarmente complessi;

  • di convocazione in audizione, presso il Responsabile del procedimento o presso il Consiglio.

Definito il procedimento, il provvedimento finale, e solo questo, è pubblicato integralmente sul sito istituzionale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.

  1. Conclusioni

Avuto riguardo all’Iter legis, il Decreto Legge, approvato dal Governo durante la seduta del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2014, è stato, poi, trasmesso alle Camere per la conversione in legge.

Il disegno di legge di conversione è stato, quindi, approvato dalla Camera dei Deputati il 31 luglio 2014, rubricato come Atto Camera n. 2486.

In seconda lettura, il Senato, con 160 voti favorevoli e 106 contrari ha approvato la fiducia sul maxi emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione, rubricato come Atto Senato 1582.

Il disegno di legge, che recepiva le modificazioni già approvate dalla Camera dei Deputati (AC 2486 approvato il 31 luglio 2014) e quelle proposte dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, è, quindi, poi tornato alla Camera in seconda lettura (AC 2486B) per l’approvazione definitiva.

Il 7 agosto 2014, la Camera ha quindi approvato, definitivamente, in terza lettura, la legge di conversione del Decreto Legge in esame, con 303 voti favorevoli, 163 contrari e 9 astenuti.

Il c.d. decreto “Madia” sulla Pubblica Amministrazione si pone l’obiettivo, riportando le parole in conferenza stampa del ministro al quale deve il proprio nome, di “uscire dalla rappresentazione decadente che oggi travolge la nostra amministrazione pubblica e che travolge anche il tanto di buono che c’è oggi nelle professionalità della pubblica amministrazione”.

Uscire dalla cultura del certificato per reimpostare il rapporto cittadino-Pubblica Amministrazione: equità, compensi pubblici, anticorruzione, semplificazioni ed efficienza con mobilità le keywords del decreto, nel solco dei provvedimenti tesi ad abbattere il costo occulto della corruzione e del mal funzionamento della macchina statale.

12 febbraio 2015

Fabrizio Stella e Vincenzo Mirra

1Si rinvia agli altri interventi, a firma degli stessi Autori, pubblicati sul Commerciali telematico – Pubblica Amministrazione.

2 Per un approfondimento, ci sia consentito il rinvio, degli stessi Autori, ad Il Piano Nazionale Anticorruzione: uno strumento per il recupero della competitività, in questa rivista il 29 gennaio 2015.

3 Come si legge all’art. 4 punto 5 della Delibera ANAC del 9 settembre 2014, in Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2014.