Enti in riequilibrio finanziario: contabilizzazione del riassorbimento del disavanzo di amministrazione

Gli enti in fase di riequilibrio finanziario devono prevedere la corretta contabilizzazione, nel bilancio di previsione, del disavanzo accumulato.

Importante e nuovo principio stabilito dai giudici contabili, per gli enti in riequilibrio finanziario che abbiano attivato le procedure introdotte dal d.l.174/2012 e ss.mm.ii., in materia di corretta contabilizzazione, nel bilancio di previsione, del disavanzo accumulato ed oggetto di specifica pronuncia di approvazione del piano di riequilibrio da parte delle Sezione regionale di controllo. I citati principi sono stati enunciati nella deliberazione n.321, depositata in data 23/10/2014, dalla Corte dei Conti sezione regionale di controllo per l’Abruzzo.

 

LE DISPOSIZIONI DEL TUEL SUL RIASSORBIMENTO DEL DISAVANZO

Il collegio contabile precisa che le attuali disposizioni dell’art.188 del TUEL dispongono che il disavanzo di amministrazione, accertato con l’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio precedente, debba essere applicato al bilancio di previsione dell’anno successivo. In attuazione del predetto principio generale, l’art. 165, comma 11, del TUEL prevede che il disavanzo di amministrazione sia iscritto in bilancio prima di tutte le spese. Le citate norme hanno la chiara finalità di preservare la sana gestione degli enti locali, obbligandoli al riassorbimento immediato dei risultati negativi di amministrazione accumulati e al raggiungimento degli equilibri finanziari. Gli enti locali, infatti, sono tenuti, in sede di programmazione finanziaria annuale, a reperire le risorse in entrata necessarie a ripianare il disavanzo accumulato nel precedente esercizio e a coprire le spese previste per quello successivo, garantendo il pareggio finanziario complessivo, ai sensi dell’art. 162, comma 6, del TUEL. Tuttavia, secondo il collegio contabile abruzzese, tali principi si riferiscono ad enti locali che versano in una situazione di gestione ordinaria, laddove il conseguimento di risultati negativi di amministrazione deve costituire, in via generale, un evento episodico cui l’ente interessato è tenuto a far fronte illico et immediate.

 

LA SITUAZIONE PER GLI ENTI IN RIEQULIBRIO FINANZIARIO

Ora, secondo il collegio contabile, tale contesto normativo non è applicabile agli enti locali ammessi alla procedura di riequilibrio ex art. 243-bis. Tale procedura, attivabile in presenza di evidenti segnali di deficitarietà strutturale prossima al dissesto, apre una parentesi straordinaria nella gestione amministrativa degli enti, tesa a spalmare su un orizzonte temporale massimo di dieci anni il recupero di situazioni di disavanzo e di posizioni debitorie fuori bilancio che, diversamente, non sarebbero assorbibili con le ordinarie procedure di cui ai citati articoli 188, 193 e 194 del TUEL. Infatti, in questo caso è fondamentale precisare come la citata procedura, introdotta dal legislatore nel d.l. 174/12, la quale ha subito integrazioni e modificazioni sino ad oggi, oggetto di specifici interventi da parte della sezione delle Autonomie che ne ha delineato le linee guida, muove da alcuni principi fondamentale che consistono:

  • nella preventiva definizione della complessiva posizione deficitaria e debitoria dell’ente;

  • nella ripartizione del ripianamento della stessa lungo l’orizzonte temporale pluriennale di riferimento;

  • nell’individuazione di misure correttive attendibili e ragionevoli, atte a garantire la copertura della quota della massa passiva imputata ai singoli esercizi.

Tali principi rappresentano, per l’Ente locale, una prospettiva unitaria, atta cioè a far conseguire l’obiettivo finale del risanamento finanziario complessivo, attraverso il progressivo recupero delle passività accumulate, secondo l’iter previsto nel piano pluriennale.

Sulla base delle sopra indicate considerazioni, precisa il collegio contabile, l’iscrizione in bilancio dell’intero importo del disavanzo di amministrazione accumulato, in luogo della sola quota imputata al singolo esercizio nel piano di riequilibrio, determinerebbe inevitabilmente la previsione di risultati di amministrazione negativi per tutti gli esercizi in cui si articola il piano di rientro, con conseguente violazione del principio di pareggio finanziario complessivo previsto dall’art. 162 del TUEL. In altri termini, gli enti in riequilibrio, infatti, non sarebbero presumibilmente nella posizione di reperire già nei primi anni della procedura le risorse finanziarie necessarie a chiudere i bilanci in pareggio, recuperando l’intera posizione deficitaria che, con il piano approvato dalla Corte dei conti, si sono invece impegnati a riassorbire in un arco temporale decennale.  Da tale ricostruzione ne consegue che, gli enti in procedura di riequilibrio finanziario, in sede di redazione del bilancio di previsione debbano imputare la sola quota del disavanzo complessivo che, secondo l’iter previsto nel piano approvato dalla Corte dei conti, deve essere oggetto di recupero nell’esercizio di riferimento. Nella citata prospettiva unitaria della procedura di riequilibrio ex art. 243-bis del TUEL, il ripianamento della massa passiva complessiva verrebbe conseguito solo al termine dell’arco temporale pluriennale preso in considerazione dal piano. Così se ad esempio il recupero del disavanzo di 100 è stato previsto in 10 anni in quote costanti, l’imputazione nel primo bilancio di previsione della quota dell’anno dovrà essere pari a 10 e non l’inserimento della quota complessiva del disavanzo di 100. Solo in tal modo, continua il collegio contabile, vi sarebbe coerenza e omogeneità tra i documenti ufficiali di bilancio e le previsioni finanziarie del piano di riequilibrio, consentendo un confronto agevole tra stime effettuate in fase di definizione del piano e risultati ottenuti in fase di attuazione dello stesso.

 

I RIFERIMENTI NORMATIVI A SUPPORTO DEL PRINCIPIO CONTABILE

D’altra parte, tale ricostruzione operata dal collegio contabile che vede l’imputazione nel bilancio di previsione della quota di disavanzo riassorbibile così come previsto nel piano di riequilibrio approvato dalla Corte dei Conti, è ricavabile dalle seguenti nuove disposizioni normative:

  • dallo stesso art. 243-bis del TUEL, il quale al comma 6, lettera d), dispone che il piano di riequilibrio deve contenere, tra l’altro, l’individuazione, per ciascun esercizio, “della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio”;

  • dal documento “Linee guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza”, approvato con deliberazione della Corte dei conti n. 16/SEZAUT/2012, nel quale si legge che l’orizzonte pluriennale in cui si articola il piano di riequilibrio “vincola anche le future gestioni per cui la graduazione, negli anni di durata del piano, della percentuale del ripiano del disavanzo di amministrazione e degli importi da prevedere nei bilanci per il finanziamento dei debiti fuori bilancio (art. 243-bis, comma 6, lettera d) deve privilegiare un maggior peso delle misure nei primi anni del medesimo piano e, preferibilmente, negli anni residui di attività della consiliatura e comunque nei primi 5 anni”;

  • dagli articoli 165 e 188 del TUEL, così come modificati dall’art. 74, comma 1, n. 32), lett. a) e b), D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. aa), D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126, e in vigore a partire dall’esercizio 2015. Tali norme, infatti, prevedono la possibilità per gli enti locali, in via ordinaria, di ripianare il disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio.

CONCLUSIONE

Stabilito il principio contabile dell’iscrizione pro quota nel bilancio di previsione, in coerenza con quanto previsto nel piano di riequilibrio pluriennale, conclude il collegio contabile come, eventuali ulteriori risultati negativi di amministrazione realizzati nel corso della procedura di riequilibrio, costituendo deviazioni dagli obiettivi intermedi fissati nel piano, devono trovare copertura attraverso le procedure ordinarie di bilancio. Se ciò non dovesse essere vero, l’iscrizione in bilancio di previsione della sola quota di disavanzo individuata nel piano approvato, senza tener conto dei nuovi accumuli di massa passiva, non consentirebbe, al termine dell’arco temporale di implementazione delle misure correttive, e con esse il raggiungimento del riequilibrio finanziario dell’ente. 

 

27 ottobre 2014

Vincenzo Giannotti

Articolo già pubblicato su www.bilancioecontabilita.it