Debiti fuori bilancio: il dirigende risponde della mancata sottoscrizione del contratto

Il funzionario/dirigente che abbia dato esecuzione ad un contratto non regolarmente sottoscritto è responsabile direttamente del debito sorto col fornitore della P.A.

Gli Ermellini hanno, con una recente sentenza, confermato il principio, previsto dall’art. 191 comma 4 del TUEL, che della mancata sottoscrizione del contratto, stante la nullità dello stesso nei confronti della P.A., risponde in via diretta il funzionario o l’amministratore che ne abbia autorizzato l’esecuzione, qualora questi ultimi non ne abbiano manifestato il proprio dissenso. Si tratta della recente sentenza del 09/10/2014 n.21340 della Corte di Cassazione.

 

IL FATTO

Due professionisti incaricati di alcuni lavori di progettazione, avevano, all’epoca dei fatti, ricevuto comunicazione da parte del dirigente del Settore Lavori Pubblici dell’affidamento dell’incarico e dell’ammonizione a “provvedere con urgenza a dare corso al disciplinare di incarico”.

A causa della mancata concessione di finanziamenti connessi all’opera pubblica, l’amministrazione non procedeva al pagamento delle attività di progettazione ai professionisti. I citati professionisti, procedevano, pertanto, all’attivazione della causa con l’amministrazione, ma il tribunale respingeva il ricorso avverso l’amministrazione a fronte della nullità dell’incarico per non essere lo stesso assistito da un valido contratto sottoscritto tra le parti.

I professionisti, successivamente, attivano il contenzioso in via diretta con il dirigente del settore, per avere il funzionario comunale “consentito la prestazione del privato in difetto dei presupposti necessari di legge”. La Corte di Appello aveva negato il ricorso avverso il funzionario in quanto non era dimostrato il ruolo determinate da parte di quest’ultimo. Sulla questione è, pertanto, intervenuta la Corte di Cassazione.

 

LE MOTIVAZIONI DELLA NOMOFILACHIA

Glie Ermellini sono stati sollecitati alla verifica delle disposizioni, oggi contenute nell’art.191 comma 4 TUEL, a mente del quale “Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1,  2  e  3,  il  rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della  controprestazione  e  per  la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1,  lettera e), tra  il  privato  fornitore  e  l’amministratore,  funzionario  o dipendente che hanno  consentito  la  fornitura..”. A fronte del citato articolo, il massimo Consesso civile, entra nel merito del significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (art. 12 preleggi) e alla finalità della normativa, indiscutibilmente volta a prevenire il formarsi di debiti fuori bilancio a carico delle amministrazioni.

L’uso del verbo “consentire” descrive infatti il comportamento di chi, trovandosi privo del potere decisionale sul conferimento dell’incarico o l’acquisizione del bene, nell’esercizio delle sue funzioni permetta che avvenga l’acquisizione della prestazione o della fornitura, senza opporvisi per quanto dovuto nei limiti delle sue attribuzioni. Il disposto normativo è volto a far sì che un contratto non perfezionatosi secondo legge non pervenga alla fase esecutiva.

A questo fine viene responsabilizzato l’amministratore o il funzionario che, chiamato ad operare, a cagione del suo ufficio, per la conclusione e l’attuazione del contratto, cooperi, lasciando che la prestazione venga eseguita. Il legislatore vuole invece, lo si desume dalla scelta dell’espressione verbale, che il funzionario neghi il suo consenso e comunque non presti, per quanto possibile, l’opera che sarebbe suo dovere compiere se il contratto fosse stato formato a norma di legge.

In altre parole “lasciar fare in luogo di ostacolare; assecondare; cooperare; sono manifestazioni di quel comportamento consenziente che il legislatore ha voluto vietare e dal quale fa scaturire conseguenze a carico del funzionario o dell’amministratore”.

In questo caso ha errato, secondo la nomofilachia, la Corte di Appello nel descrivere il comportamento configurato dal legislatore, cioè il “consentire”, alla stregua di un ruolo di “iniziativa o determinante intervento”.

Pertanto, non può che essere confermata il precedente della stessa nomofilachia (Cass. Sentenza n.10640/07), secondo cui si ha l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale, e quindi anche quando, approvata dal Comune la proposta di conferimento dell’incarico professionale con lo schema di disciplinare, sia mancata la stipulazione del contratto e quando in mancanza del prescritto impegno contabile, l’esecuzione di fatto del rapporto sia stata tuttavia consentita dall’amministratore o dal funzionario.

Il funzionario in questo caso era ben cosciente, posto il suo ruolo dirigenziale, dell’incompletezza della fattispecie contrattuale, nonché in presenza di noti “problemi connessi al finanziamento dell’opera” e, nonostante ciò aveva con comportamenti concludenti:

  • Comunicato ai professionisti l’approvazione dell’affidamento dell’incarico di progettazione;

  • Invitato i ricorrenti a “provvedere con urgenza a dare corso al disciplinare di incarico”;

  • Senza alcun riferimento a mandato di alcun altro soggetto sopraordinato, il dirigente aveva ordinato, a ciascuno dei due professionisti, con tre telegrammi “l’immediata consegna” degli elaborati.

Sulla base di tale ricostruzione il massimo Consesso accoglie il ricorso.

 

CONCLUSIONE

Al fine di uniformare i comportamenti della Corte territoriale, i Giudici della nomofilachia emettono il seguente principio di diritto “In tema di spese dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) ai fini dell’interpretazione del disposto … (ndr oggi disciplinato dall’art.191 comma 4 D.Lgs.267/00) , che stabilisce l’insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l’attività di consentire la prestazione debba consistere in un ruolo di iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera come se fosse in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione del’ente locale”.

 

13 ottobre 2014

Vincenzo Giannotti

Articolo già pubblicato su www.bilancioecontabilita.it