i contribuenti che ritengono di essere esclusi dalla compilazione degli studi di settore devono verificare attentamente la sussistenza della causa di esclusione, pena sgradevoli conseguenze in fase di accertamento
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Gli studi di settore si applicano ai contribuenti che esercitano quale attività prevalente una tra quelle per le quali risultano approvati gli studi di settore.
Il comma 4 dell’articolo 10 della L. 146/1998 individua situazioni di non applicazione degli studi di settore che si riscontrano in un apposita codifica da indicare nei quadri di UNICO in cui devono essere rappresentati i redditi di impresa e di lavoro autonomo.
Tuttavia l’erronea indicazione di una causa di esclusione non sussistente potrebbe implicare l’irrogazione di sanzioni molto elevate nonché l’applicazione dell’accertamento induttivo puro.
L’attuale impianto normativo, infatti, prevede oltre all’applicazione di sanzioni molto salate per le ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, la possibilità dell’applicazione dell’accertamento induttivo puro.
In sintesi è previsto che, l’omessa presentazione del modello degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto e il contribuente non provveda alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito dell’agenzia delle entrate è causa di irrogazione delle seguenti sanzioni amministrative:
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La sanzione amministrativa per violazione formale di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 471/1997 nella misura massima pari ad € 2.065,00;
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La sanzione amministrativa per infedele presentazione della dichiarazione dei redditi, Irap e IVA, nella misura maggiorata del 50%, se il maggior reddito, il maggior imponibile IRAP o la maggiora imposta IVA accertati a seguito della corretta applicazione degli studi di settore risultino maggiori del 10% dei relativi valori dichiarati.
Inoltre, l’agenzia delle entrate potrà adottare la procedura dell’accertamento induttivo puro, ai sensi della lettera d-ter del secondo comma dell’articolo 39 del DPR 600/73, nelle seguenti ipotesi:
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Quando il contribuente omette la presentazione del modello degli studi di settore;
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Quando il contribuente indica una causa di esclusione o di inapplicabilità non sussistente;
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Nei casi di infedele compilazione dei modelli che comporti una differenza superiore al 15% o comunque ad euro 50.000,00 tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.
Il contribuente dovrà quindi prestare molta attenzione nella verifica della sussistenza della causa di esclusione che intende avocare perché una erronea valutazione potrebbe essere causa di irrogazioni di pesanti sanzioni (laddove la causa di esclusione non sussistente implichi la non presentazione del modello degli studi di settore), o l’adozione di una procedura di accertamento molto invasiva quale quella dell’accertamento induttivo puro.
A tal fine con il presente intervento si fornisce un’analisi delle situazioni di esclusione riconducibili alle ipotesi di inizio e cessazione delle attività esercitate nel periodo di imposta.
1 – Le cause di esclusione dall’applicazione degli studi di settore
Il comma 4 dell’articolo 10 della L 146/1998 prevede che l’accertamento sulla base degli studi di settore non si applica nei confronti dei contribuenti:
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che hanno dichiarato ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;
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che hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo d’imposta. L’accertamento sulla base degli studi di settore si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l’attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;
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che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività.
Nelle istruzioni di UNICO le ipotesi di cui sopra sono codificate come di seguito:
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Nella tabella di cui sopra oltre a riportare le singole causa di esclusione sono indicati, per ciascuna di esse, l’obbligatorietà della presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore (Mod. no/Mod. sì).
Nei successivi paragrafi si argomentano le particolari ipotesi riconducibili alle situazioni di inizio e di cessazione dell’attività nel periodo di imposta.
2 – Inizio dell’attività nel periodo di imposta
Ai sensi della lettera b) del quarto comma dell’articolo 10 della L. 146/1998, nel periodo di imposta in cui ha inizio l’attività di impresa o di lavoro autonomo esercitata dal contribuente i risultati generati dagli studi di settore non possono essere utilizzati né per l’azione di accertamento né quale criterio di selezione delle posizioni da sottoporre a controllo. Il contribuente che si trova in tale situazione non è tenuto alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e dovrà indicare nel quadro “redditi di impresa” o “redditi di lavoro autonomo” il codice di esclusione numero: 1.
Una situazione particolare si verifica quando il periodo di imposta di inizio formale dell’attività esercitata non coincide con quello di inizio sostanziale della medesima attività. E’ il caso in cui il contribuente ha acquisito la partita IVA in un periodo di imposta per iniziare in concreto l’attività e realizzare i primi ricavi o compensi nei periodi di imposta successivi. Per tali ipotesi ci si chiede quale debba essere il corretto comportamento dichiarativo da adottare ed in particolare se per la verifica dell’inizio dell’attività nel periodo di imposta, ai fini dell’adozione della causa di esclusione in trattativa, si debba fare riferimento all’inizio formale, che coincide con il momento di assegnazione della partita IVA, o si debba far riferimento all’inizio sostanziale dell’attività che coincide con l’avvio in concreto della stessa e con il momento di realizzo dei primi ricavi o compensi.
A tal fine appare necessario evidenziare che la situazione per la quale il contribuente non ha ancora iniziato le attività proprie della sua impresa o della sua attività professionale, è riconducibile ad una situazione di non normale svolgimento delle attività nel periodo di imposta.
In particolare, nelle istruzioni parte generale degli studi di settore è previsto che, costituisce un periodo di non normale svolgimento dell’attività quello in cui in cui l’impresa non ha ancora iniziato l’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale, ad esempio perché:
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la costruzione dell’impianto da utilizzare per lo svolgimento dell’attività si è protratta oltre il primo periodo d’imposta, per cause indipen- denti dalla volontà dell’imprenditore;
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non sono state rilasciate le autorizzazioni amministrative necessarie per lo svolgimento dell’attività;
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è svolta esclusivamente un’attività di ricerca propedeutica allo svolgimento dell’attività produttiva di beni e servizi, sempreché l’attività di ricerca non consenta di per sé la produzione di beni e servizi e quindi la realizzazione di proventi.
Per le ipotesi sopra prospettate si dovrà utilizzare il codice di esclusione “7” (non normale svolgimento dell’attività nel periodo di imposta) e il contribuente è tenuto alla presentazione del modello degli studi di settore avendo cura di rappresentare la particolare condizione che caratterizza il periodo di imposta nelle note aggiuntive.
La situazione di non normale svolgimento dell’attività riconducibile all’ipotesi di mancato inizio dell’attività produttiva, è da riferire, evidentemente, a situazione diversa da quella di inizio dell’attività nel periodo di imposta. In sostanza la causa di esclusione di non normale svolgimento delle attività per non inizio delle attività produttive deve essere riferita ad un periodo di imposta successivo a quello di inizio formale e di assegnazione della partita IVA, per il quale potrà unicamente operare la condizione di esclusione rappresentata dal codice “1”.
In altri termini si ritiene che, per la particolare situazione prospettata, di non coincidenza dell’inizio formale e dell’inizio sostanziale delle attività, il contribuente dovrà procedere come segue:
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con riferimento al periodo di imposta di inizio formale che coincide con quello di assegnazione della partita IVA, potrà fruire della causa di esclusione codificata con il codice 1 “inizio dell’attività nel periodo di imposta”;
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con riferimento al periodo di imposta di inizio sostanziale, successivo a quello di assegnazione della partita IVA, potrà fruire della causa di esclusione codifica con il codice 7 “ periodo di imposta di non normale svolgimento delle attività”; il contribuente, per tale periodo di imposta, è tenuto alla presentazione del modello degli studi di settore, rappresentando nelle note aggiuntive che la particolare situazione che interessa il periodo di imposta, sotto il profilo sostanziale, è perfettamente coincidente con la situazione di esclusione rappresentata dal codice 1, di inizio attività nel periodo di imposta.
A conferma di quanto sopra si segnala che, l’agenzia delle entrate, ancorché con riferimento alla disciplina delle società di comodo, con circolare 48/E/1997 ha precisato che il primo periodo di imposta e` quello di inizio dell’attivita`, coincidente con l’apertura della partita IVA, a prescindere dall’inizio dell’attività produttiva.
3 – Mera prosecuzione delle attività esercitate in precedenza da altri soggetti.
La lettera b) del comma 4 dell’articolo 10 della L. 146/1998, stabilisce che la disposizione di esclusione per inizio dell’attività nel periodo di imposta non può essere avocata nei casi di mera prosecuzione dell’attività svolta in precedenza da altri soggetti.
La norma, chiaramente antielusiva, non propone una chiara definizione del concetto di mera prosecuzione. L’agenzia delle Entrate con 31/2007 ha fornito una propria interpretazione della circostanza fattuale indicata dalla norma precisando che, il legislatore ha inteso ricondurre nell’ambito di applicazione degli studi di settore anche quelle attività che, seppur formalmente configurabili come “nuove”, costituiscono sostanzialmente la continuazione di attività già precedentemente in essere.
Tale fattispecie si verifica quando l’attività presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale, ma che viene svolta, ancorché da un altro soggetto, in sostanziale continuità.
In quest’ottica, sono da considerarsi comunque “mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti” alcune situazioni di inizio di attività quali quelle derivanti da:
– acquisto o affitto d’azienda;
– successione o donazione d’azienda;
– operazioni di trasformazione;
– operazioni di scissione e fusione d’azienda.
Nelle istruzioni “parte generale” è evidenziato che “le ipotesi di “cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione”, nonché di “mera prosecuzione dell’attività”, ricorrono nel caso in cui vi sia omogeneità dell’attività rispetto a quella preesistente, ossia quando le attività sono contraddistinte da un medesimo codice attività, oppure i codici attività sono compresi nel medesimo studio di settore”.
Va da se che la norma antielusiva si applica unicamente alla condizione della verificata sussistenza dell’omogeneità della nuova attività iniziata rispetto a quella preesistente, requisito che, secondo l’agenzia delle entrate, deve essere valutato unicamente con riferimento alla omogeneità dello studio di settore che contempla le due attività, quella iniziata e quella preesistente, a nulla rilevando eventuali diverse situazioni quali la diversa localizzazione, la diversa struttura organizzativa e il diverso numero di dipendenti impiegato nell’attività.
In sostanza, secondo la posizione amministrativa, si ha mera prosecuzione quando la nuova attività è avviata in conseguenza ad una delle operazioni straordinarie sopra indicate e sempreché il nuovo imprenditore adotti il medesimo studio di settore del precedente soggetto esercente la medesima attività oggetto di trasferimento, a nulla rilevando la diversa modalità organizzativa adottata dalla nuova attività aziendale, circostanza che potrà essere segnalata nelle note aggiuntive per essere apprezzata già nelle fasi di selezione.
Il concetto di mera prosecuzione fornito dall’agenzia delle entrate non pare molto convincente dovendosi escludere in tutte quelle ipotesi per le quali la nuova attività, ancorché nascente a seguito delle operazioni straordinarie sopra descritte, si contraddistingue da quella esercitata dal precedente imprenditore per la sussistenza di condizioni operative marcatamente diverse quali, appunto, la diversa localizzazione, la diversa struttura produttiva o il diverso numero di personale addetto all’attività.
Va da sé che per tali particolari situazioni è necessaria una valutazione da condurre caso per caso, e in mancanza di ulteriori precisazioni dell’agenzia delle entrate, tenuto conto delle possibili conseguenze in termini di maggiori sanzioni e di accertamento induttivo puro indicate nella premessa, pare più opportuno adottare il comportamento dichiarativo attualmente indicato nelle istruzioni dei modelli degli studi di settore, perfettamente coincidente con quanto indicato nella circolare 31/E/2007.
Si ricorda, a completamento, che per le ipotesi in argomento di mera prosecuzione, il soggetto che cessa l’attività non sarà assoggettato all’applicazione degli studi di settore, poiché nei suoi confronti troverà applicazione la causa di esclusione relativa alla cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta.
3 – Inizio della medesima attività cessata da meno sei mesi.
L’accertamento sulla base degli studi di settore si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione.
E’ quanto prevede la lettera b) del quarto comma dell’articolo 10 della L. 146/1998, con la quale il legislatore ha proposto una seconda norma antielusiva.
Si segnala che a differenza della norma antielusiva di cui al precedente paragrafo, quella in trattativa è riferita non solo alla causa di esclusione per inizio dell’attività ma anche alla causa di esclusione per cessazione dell’attività esercitata.
In sostanza, il contribuente che, dopo aver cessato l’attività avvia, nell’arco temporale di sei mesi, una nuova attività omogenea alla precedente, non potrà avocare né la causa di esclusione per inizio attività, con riferimento alla nuova attività iniziata, né quella per cessazione con riferimento all’attività in precedenza esercitata.
L’agenzia delle entrate, con circolare 31/E/2007, ha fornito rilevanti chiarimenti ai fini della verifica della corretta applicazione della disposizione antielusiva in argomento, stabilendo che la stessa è subordinata a tre condizioni e requisiti:
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condizione soggettiva;
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condizione temporale;
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condizione oggettiva di omogeneità delle attività esercitate.
A – Condizione soggettiva;
Con riferimento alla condizione soggettiva, fa notare l’agenzia delle entrate, la norma richiede che le attività iniziata e cessata siano esercitate dal “medesimo soggetto”. A tal fine non si pongono problemi quando il soggetto coincide con una persona fisica, giacché la cessazione dell’attività esercitata non determina l’estinzione della posizione fiscale del soggetto. Ne deriva che se la persona fisica cessa un’attività, sia essa di impresa o lavoro autonomo, per iniziare la medesima attività entro il termine di sei mesi, ancorché con una nuova partita IVA, non potrà avocare né la causa di esclusione riconducibile alla cessazione dell’attività nel periodo di imposta né la causa di esclusione riconducibile all’inizio dell’attività nel periodo di imposta.
La verifica della condizione soggettiva diventa più complessa quando il contribuente coincide con un soggetto diverso dalla persona fisica (società di persone o di capitali).
In tal caso, osserva l’AE, la cessazione dell’attività determina l’estinzione della posizione fiscale del soggetto e pertanto la norma antielusiva non può trovare applicazione.
Osserva inoltre l’agenzia delle entrate che la disposizione della norma si incrocia con l’ipotesi di messa in liquidazione della società che costituisce un periodo, autonomo, di non normale svolgimento delle attività.
In definitiva l’AE afferma che, per i soggetti diversi dalla persona fisica/imprenditore individuale, la cessazione dell’attività determina l’estinzione della posizione fiscale del soggetto e, quindi, fa venir meno uno dei requisiti essenziali per l’applicabilità della norma in oggetto.
Ne consegue che non si applica, nei confronti di società di persone, società di capitali ed enti che siano posti in liquidazione, la nuova disciplina prevista dal comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146/1998, nella parte in cui prevede che lo studio di settore si applichi comunque “in caso di cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione “.
B – Condizione temporale
La norma antielusiva si applica se tra il momento di cessazione dell’attività, che coincide con quello indicato nella relativa comunicazione all’AE da formulare ai sensi dell’articolo 35 del DPR 633/72, e il momento di inizio dell’attività (che si ritiene coincidente con quello di inizio formale e di assegnazione della nuova partita IVA), non sia decorso un periodo non superiore a sei mesi computando per interi le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni.
Va da se che, la norma antielusiva potrà trovare applicazione anche quando l’intervallo di tempo di osservazione si verifica a cavallo dell’anno, come ad esempio quando l’attività è cessata nell’anno 2012 per essere poi riattivata nel successivo anno 2013.
C – Condizione oggettiva di omogeneità delle attività
Le cause di esclusione di inizio e cassazione dell’attività non si applicano, afferma la norma, nel caso di cessazione e inizio dell’attività, da parte del medesimo soggetto nel periodo di sei mesi.
E’ palese che le attività, quella cessata e quella iniziata, devono essere omogenee.
In merito, l’AE, con la circolare 31/E/2007, ha precisato che il requisito della omogeneità della nuova attività, rispetto a quella preesistente, sussiste se entrambe le attività sono contraddistinte da un medesimo codice attività, ovvero i codici attività sono compresi nel medesimo studio di settore.
Anche le istruzioni alla compilazione dei modelli degli studi di settore, come per le ipotesi di mera prosecuzione chiarito, confermano che il requisito di omogeneità coincide con la omogeneità degli studi applicati.
Tale verifica va esercitata tenendo conto che l’evoluzione degli studi di settore può condurre, in alcuni casi, all’accorpamento in un unico studio di studi precedentemente distinti, qualora le attività ad essi relative abbiano caratteristiche analoghe. In altri termini il requisito dell’omogeneità si realizzerà anche qualora la cessazione ed il successivo inizio abbiano ad oggetto attività caratterizzate da codici che, sebbene in origine afferenti a distinti studi di settore, siano confluiti nel medesimo studio a seguito dell’evoluzione.
Tale particolare circostanza, evidentemente, si può avere solo quando la cessazione e l’inizio dell’attività si verificano in periodi di imposta differenti.
Secondo l’agenzia delle Entrate NON è incidente, ai fini della verifica del requisito in trattativa, la circostanza che l’attività nuovamente iniziata o proseguita si differenzi dalla precedente in relazione a caratteristiche quali:
– differente localizzazione in cui l’attività viene esercitata;
– modifiche della struttura organizzativa;
– diverso numero di dipendenti, etc.
Tali situazioni potranno essere tenute in considerazione, in sede di contraddittorio, ai fini della corretta valutazione della posizione del contribuente.
Per tale interpretazione amministrativa e di prassi ne dovrebbe derivare che, il contribuente che cessa la propria attività di Bar esercitata da anni, ad esempio nella riviera Riminese, per trasferirsi nella citta di Brescia, laddove dovesse iniziare la medesima attività in tale nuova città, con una nuova struttura, un numero di dipendenti assolutamente diverso, non solo non è escluso dagli studi di settore con riferimento a tale nuova attività imprenditoriale, ma anche con riferimento all’attività cessata in precedenza, sempreché, ovviamente, la cessazione e il nuovo inizio si verifichino in periodo di tempo non superiore a sei mesi.
E’ evidente che tale conclusione non appare affatto appagante tanto più per il caso in cui il nostro contribuente, magari, invece che semplicemente cessare l’attività precedentemente esercitata, la ceda ad un terzo. Infatti per tali ipotesi, per stessa ammissione dell’ufficio contenuta nel medesimo documento di prassi, il soggetto cedente l’azienda potrà sempre avocare la condizione di esclusione per cessazione delle attività.
Conclusione
Per quanto sopra e tenuto conto dell’inasprimento delle sanzioni e del nuovo presupposto applicativo di accertamento induttivo puro, appare necessario un intervento dell’amministrazione che argomenti più precisamente e preventivamente le cause di esclusione riconducibili all’inizio e alla cessazione delle attività con particolare riferimento alle ipotesi di cui alle norme antielusive trattate.
Nel frattempo, tenuto conto delle particolari conseguenze che possono derivare da un non corretto comportamento dichiarativo in materia di studi di settore, appare più opportuno e necessario prestare molta attenzione, tutte le volte in cui si intende avocare una causa di esclusione per la quale l’agenzia delle entrate e le istruzioni non si siano espresse chiaramente, e valutare la declinazione per la non indicazione di tale causa di esclusione, per rappresentare compiutamente la particolare situazione che contraddistingue il contribuente nelle note aggiuntive.
In parole semplice, allo stato attuale pare più opportuno consigliare la non indicazione di cause di esclusione di dubbia sostenibilità che potrebbe essere causa di forme di accertamento estremamente invasive quali quelle di cui all’accertamento induttivo puro.
Abbiamo pubblicato un utilissimo ebook sui principali aspetti pratici degli studi di settore
8 luglio 2014
Mario Agostinelli