Esonero dall'IRAP anche per il professionista con dipendente

In seguito a due rivoluzionarie sentenze della Cassazione, vi sono ipotesi in cui la disponibilità di un dipendente non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituisce un fattore ‘impersonale e aggiuntivo’ alla produttività del contribuente ma semplicemente una comodità per lui e i suoi clienti

 

La Corte di Cassazione, con due sentenze praticamente identiche, la n. 22020 e la n. 22022, entrambe del 25/9/2013, ha aperto un enorme buco nelle maglie dell’Irap per i professionisti che hanno dipendenti, per i quali si spalancano adesso le porte delle istanze di rimborso e del conseguente ricorso avverso il verosimile (anche se non auspicabile) rigetto (esplicito o meno).

 

 

I passaggi più rilevanti delle due sentenze

Vediamo dunque di evidenziare i tratti più interessanti di tali due sentenze, in modo da fornire gli spunti per redigere i ricorsi.

 

In premessa, la Corte rileva come

<<La presenza di modeste spese per emolumenti a terzi …….. non appare sufficiente per determinare l’automatica sottoposizione ad IRAP della professionista; specie a fronte della pochezza di detti compensi che non superano le 400.000 lire mensili. Giova del resto sottolineare che la presenza di dipendenti non è di per sé elemento costitutivo della “autonoma organizzazione” bensì un elemento presuntivo da cui può essere dedotta la sussistenza della “autonoma organizzazione”.>>

 

D’altronde, viene rimarcato come

<< la “autonoma organizzazione” deve costituire un qualcosa di ulteriore e diverso rispetto a quella razionale autoorganizzazione che necessariamente accompagna qualunque attività professionale svolta abitualmente,>>

 

Poi la Corte cita alcune sentenze che in passato avevano fatto emergere l’ipotesi della esclusione da Irap anche in presenza di dipendenti, anche se ovviamente non in maniera così netta come adesso; tali sentenze, afferma la Corte

<< …… non escludono che la presenza di anche solo un dipendente possa costituire indizio di ”stabile organizzazione”, rimettono però la concreta valutazione al giudice di merito, escludendo un automatismo dipendente-soggezione a IRAP (cfr. la sentenza n. 22592 dell’11 dicembre 2012). Il mancato riferimento, come fattore sufficiente a determinare dì per sé solo l’applicazione dell’IRAP, della circostanza che il professionista si avvalga dell’opera di un dipendente è, ad esempio, particolarmente significativo nell’ambito della pronuncia 5012/2007, in quanto risultava – in fatto – pacifico che il professionista (avvocato) disponeva di locali – ancorché in locazione – e di un dipendente con mansioni di segretario.

Vi sono, del resto, precedenti specifici secondo cui la presenza dì un solo dipendente part-time addetto alla porta ed alla pulizia dello studio non costituisce di per sé un elemento tale da concretizzare il presupposto di autonoma organizzazione come previsto dalla normativa I.R.A.P.” (ordinanza n. 18472 del 4 luglio 2008); cui si può affiancare, tra l’altro, l’ordinanza n, 14304 del 8 agosto 2012 secondo cui “deve essere confermata la sentenza di merito che ha escluso la applicabilità dell’IRAP ad un ragioniere che usufruisca di un dipendente part-time per poche ore (10) alla settimana” (adde da ultimo l’ordinanza n. 14304 del 8 agosto 2012).>>

 

La parte più innovativa della sentenza è la successiva, in cui si afferma che

<< l’automatica sottopozione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate vanificherebbe l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatone ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l’IRAP divenga una (probabilmente incostituzionale) “tassa sui redditi di lavoro autonomo”. Vi sono, a giudizio del Collegio, ipotesi in cui la disponibilità di un dipendente (magari part-time o con funzioni meramente esecutive) non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituisce un fattore “impersonale ed aggiuntivo” alla produttività del contribuente, ma costituisce semplicemente una comodità per lui (e per i suoi clienti). Si tratta certo di una valutazione difficile, assai più complessa della automatica deduzione dell’imposizione da un fatto accertabile attraverso la denuncia dei redditi e i tabulati INPS; ma questa valutazione conduce a razionalità costituzionale (………………..) l’imposizione. In particolare, la sottoposizione a tassazione aggiuntiva di chi assuma un dipendente anche quando tale dipendente non determini un qualche significativo aumento del reddito e quindi manchi -secondo la tesi qui accolta- il presupposto giuridico dell’IRAP, costituirebbe una sorta di sanzione che scoraggerebbe l’assunzione di dipendenti.>>

 

 

La valutazione del fattore “lavoro dipendente”

Fin qui, dunque, le affermazioni principali delle due sentenze.

Ciò che in questo scritto si vuole rimarcare con forza è che, prima di oggi, anche mo­deste spese per lavoro dipendente erano state ritenute in grado di stabilire con certezza l’esistenza dell’autonoma organizzazione; in altre parole, la va­lutazione circa l’autonoma organizzazione, con ri­ferimento alle spese del personale, era solo di tipo “qualitativo” e non anche “quantitativo”, essendo incentrata sulla valutazione della tipologia del rapporto, non sul suo peso specifico.

La novità che possiamo trarre è quindi legata alla posizione assunta dalla Suprema Corte nel valutare quale sia l’effettivo apporto del dipendente, non vincolando in maniera assoluta il presupposto impositivo dell’Irap per il solo fatto che detto contribuente impieghi stabilmente un dipendente.

Prima di tali sentenze, i due presupposti individuati dalla giurisprudenza per l’applicazione del tributo regiona­le – ossia il lavoro e il capitale – erano d’altronde, immotivatamente, trattati diversamente: infatti se era assodata la tesi per la quale la presenza di beni di significativo ammontare di per sé non configurasse autonoma organizzazione se tali beni sono necessari allo svolgimento della specifica attività, lo stesso non poteva dirsi per la valutazione del lavoro, che appariva invece assai rigida al punto che la mera presenza di un dipendente stabile finiva per obbligare il datore di lavoro al pagamento dell’Irap.

Le sentenze che si commentano introducono la valutazione anche nell’elemento-lavoro. E’ il caso di sottolineare, d’altronde, che tale nuova impostazione è senz’altro più aderente al dettato normativo che, per l’applicazione dell’Irap, richiede che la struttura che genera valore della produzione, oltre che organiz­zata, sia anche autonoma; e una struttura composta da un dipendente che ha un peso del tutto marginale nell’ambito dell’attività non potrebbe mai essere autonoma!

 

 

I ricorsi e le istanze di rimborso

 

Con questi presupposti si allarga quindi la platea dei soggetti che possono a ragione considerarsi esone­rati da Irap.

Nei prossimi giorni, sul sito del Commercialista telematico, verranno dunque resi disponibili i fac simile per la richiesta di rimborso e per il ricorso per i professionisti con dipendenti.

 

22 Ottobre 2013

Danilo Sciuto