La partita (giudiziale) sulle slot machine irregolari

a quale giurisdizione – giudice ordinario o giudice tributario – sono soggette le sanzioni elevate per le slot-machine non conformi alla disciplina legislativa vigente?

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sent. n. 2700/2012, depositata il 23 febbraio 2012, hanno individuato nel Giudice Ordinario l’organo munito di giurisdizione in materia di irrogazione di sanzioni amministrative comminate in relazione alle irregolarità di apparecchi da intrattenimento non collegati alla rete telematica.

 

Il processo innanzi le commissioni di merito

L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), notificava alla società proprietaria degli apparecchi e al proprietario del locale, una ordinanza di confisca e ingiunzione di pagamento per complessivi 10.000 Euro ciascuna; i provvedimenti facevano seguito ad un controllo in un pubblico esercizio – effettuato dalla Guardia di Finanza – in cui veniva riscontrata la presenza, nei locali oggetto di accesso, di un apparecchio da intrattenimento non collegato alla rete telematica e di altri quattro che pur essendo collegati, non risultavano essere stati oggetto di trasmissione – da oltre un mese – dei prescritti dati.

Le destinatarie dell’atto dell’ AAMS impugnavano l’ordinanza davanti al Tribunale di Bolzano, giudice che però declinava la sua giurisdizione in favore del giudice tributario.

Il processo. Incardinato poi innanzi quest’ultimo, sortiva il doppio rigetto del ricorso nel merito, tant’è che le parti soccombenti – cioè la società proprietaria degli apparecchi e il proprietario del locale – proponevano ricorso per cassazione, sostenendo con il primo motivo che la controversia in questione non rientrasse fra quelle riservate alla cognizione del giudice tributario

 

Le ragioni della decisione delle Sezioni Unite

Le Sezione Unite, nella motivazione della sentenza de qua, hanno rammentato che, in fattispecie analoghe ed in ragione delle statuizioni della sentenza n. 130 del 2008 della Corte costituzionale, era stata già affermata (in ultima istanza) la devoluzione delle controversie al giudice ordinario .

Come si ricorderà, in occasione della pronuncia citata, la Consulta aveva dichiarato la parziale illegittimità del D.Lgs n.546 del 1992, art 2, comma 1, non concedendo così più importanza al fatto che la sanzione fosse stata inflitta da un ufficio finanziario, assumendo pertanto assoluta rilevanza – ai fini della attribuzione della giurisdizione – soltanto la natura tributaria (o meno) della norma violata.

In funzione di questo iter logico, la dichiarazione in favore della giurisdizione dell’AGO, nel caso di specie, è stata consequenziale al fatto che la sanzione contestata – evidentemente lungi dal connotarsi per una afflizione di tipo tributario – è in realtà contemplata dal nostro ordinamento in garanzia del “corretto svolgimento, negli esercizi pubblici della gestione dei citati apparecchi al fine di reprimere, nel pubblico interesse, attività illecite capaci di pregiudicare la regolarità delle giocate (C. Cass. nn. 23107 del 2010 e 10872 del 2011)” .

 

Il provvedimento conclusivo e gli aspetti generali della declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice tributario

Essendo stata la controversia de qua instaurata prima del 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della mini riforma del codice di rito ex l. 69/2009) , le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza rimettendo le parti al contraddittorio innanzi il giudice ordinario.

A tal proposito va rammentato che con due sentenze, l’una della Corte di Cassazione n. 4109 del 2007, l’altra della Corte Costituzionale n. 77/2007, era stato solennizzato il principio secondo cui la translatio iudicii potesse avvenire non solo fra Giudici appartenenti al medesimo ordine giurisdizionale, ma anche fra Giudici di ordini diversi.

Pertanto, per i giudizi instaurati prima del decorso degli effetti della sentenza n. 130/2008 della Corte Costituzionale, (ossia prima del 22 maggio 2008), la declaratoria di difetto di giurisdizione da parte delle Commissioni Tributarie comportava l’applicabilità della translatio iudicii dinnanzi al Giudice Ordinario e, per l’effetto, l’obbligo di riassunzione della causa davanti al Tribunale del luogo competente per la violazione commessa.

Sino ai due arresti appena citati la declaratoria di difetto di giurisdizione poteva avere conseguenze ed effetti devastanti per il contribuente, stante la circostanza che il precedente assetto determinava la chiusura del processo pendente avanti la Commissione tributaria non già con una translatio iudicii avanti il Giudice dotato di giurisdizione, bensì con una sentenza di rito, di difetto (quantunque sopravvenuto) di giurisdizione.

Questo assetto, in un processo di tipo impugnatorio come quello tributario, implicava l’inammissibilità di una tardiva impugnazione dell’atto avanti il giudice dotato di giurisdizione ( ndr : evento in pratica puntuale dopo ogni, passato, disconoscimento giudiziale della giurisdizione ) e, di conseguenza, la definitività dell’atto impugnato.

E’ altresì opportuno sottolineare che le liti instaurate dopo il 4 luglio 2009, sono regolate – per quel che attiene le questioni sulla giurisdizione – dall’art. 591 della L. 69/2009 che ha strutturato il nuovo giudizio in termini di riassunzione, stabilendo in particolare che “se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia (declinatoria della giurisdizione), la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin” dall’inizio.

 

La “dilatazione” del regime probatorio

Non può conclusivamente rimanere estranea al presente commento una breve riflessione in ordine al futuro della sentenza trattata (o delle altre similari) sul nodo della utilizzabilità delle prove assunte dal giudice (ora) dichiarato privo di giurisdizione.

E’ indubbio che il passaggio della lite al giudice ordinario dilata gli stretti meandri istruttori del giudizio tributario, date le profonde divaricazioni esistenti tra l’ordinamento tributario e quello civile in tema di prova, prima fra tutte il divieto di giuramento e di prova per testi di cui all’art. 7, D.Lgs. n. 546/1992.

A fronte dei divieti che affliggono il giudice tributario differentemente da quello ordinario, consegue che le prove raccolte nel processo tributario saranno un mero punto di partenza ovvero saranno pienamente utilizzabili nel giudizio civile, laddove il giudice potrà liberamente ritenere di dover integrare l’attività probatoria già svolta, magari disponendo la assunzione di quelle prove testimoniali (spesso invocate dalla dottrina tributaristica maggioritaria) sconosciute al Giudice che la sentenza commentata ha dichiarato difettante di giurisdizione.

 

5 maggio 2012

Antonino Russo

1 Come chiarito da C. Cass. n. 6016 dei 2011, la disciplina contenuta in tale norma non può essere retroattivamente applicata perchè in difetto di specifiche disposizioni in contrario, i poteri processuali delle parti sono regolati dalla legge vigente al momento dell’atto.