Il finanziamento superiore al prezzo di vendita legittima l'accertamento

se il concessionario di auto o di moto, vende i veicoli ad un prezzo inferiore a quello per cui i clienti chiedono il finanziamento, allora è presumibile un’azione di sottofatturazione

Con ordinanza n. 5725 dell’11 aprile 2012 (ud. 6 marzo 2012) la Corte di Cassazione ha accolto, sostanzialmente, la tesi dell’Amministrazione finanziaria in materia di sottofatturazione di merce a rate, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

 

IL PROCESSO

La controversia promossa da T.M. s.r.l. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza della CTP di Catania n. 422/4/2004, che aveva accolto il ricorso della società avverso l’avviso di accertamento relativo ad Iva, Irap ed Iva per l’anno 1998.

 

I MOTIVI DEL RICORSO

Per le Entrate, la CTR avrebbe omesso di considerare gli elementi di fatto che palesavano la sistematica sottofatturazione da parte della società, quali la mancanza di registrazione nei registri propri della società delle battiture di scontrini fiscali equivalenti agli importi delle differenze non fatturate rispetto ai contratti di finanziamento, nonchè l’assenza nel registro delle fatture ed in quello dei corrispettivi di fatture attive relative alle differenze indicate.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte ha ritenuto fondata la censura avanzata, atteso che “nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, è riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, relativamente ai fatti sopraenunciati”.

 

BREVI NOTE

Già con sentenza n. 79 del 5 agosto 2011 (ud. del 19 luglio 2011) la CTP di Firenze, Sez. I – si era occupata di una fattispecie similare, riguardante i concessionari d’auto, dove la fattispecie contestata dall’ufficio derivava dall’esame dei contratti di finanziamento per l’acquisto di autovetture e del conseguente riscontro che “la società ricorrente aveva emesso fatture con importi inferiori rispetto agli importi indicati sui moduli di finanziamento sottoscritti dai clienti. Costoro avevano fatto ricorso al cosiddetto “prestito finalizzato” che consente l’erogazione da parte dell’istituto finanziatore di un importo che viene corrisposto al fine esclusivo dell’acquisto del bene indicato nel contratto. La società A., come garante del finanziamento, ha inoltrato alla banca o istituto finanziario i moduli sottoscritti dai clienti e successivamente, una volta ricevuto l’assegno o il bonifico per il finanziamento versato a conclusione dell’istruttoria di rito, ha concluso l’affare con l’emissione della fattura”.

Per giudici fiorentini “la pretesa tributaria è del tutto giustificata e trae fondamento da tutte le operazioni di sottofatturazione accertate e contestate con la verifica fiscale della Guardia di Finanza. Gli accertamenti impugnati sono dunque legittimi perché la società ricorrente ha emesso fatture per importi inferiori a quelli effettivamente realizzati con il commercio delle auto”.

L’operazione oggi sotto osservazione da parte della Corte di Cassazione descritta appare complessa ma di fatto è assai semplice.

L’auto o la moto viene acquistata e fatturata per 10 mila euro e il finanziamento è di 12 mila euro. La differenza viene ripresa a tassazione quale maggior ricavo non contabilizzato.

Qui più che di una presunzione ci troviamo di fronte a dei dati certi che sono difficilmente smentibili.

Se al cliente l’autovettura costa 10 mila euro che necessità ha lo stesso cliente di ottenere un finanziamento superiore?

E’ vero che nella prassi commerciale, specialmente in un certo periodo storico, il cliente, attraverso il finanziamento dell’acquisto dell’autovettura, si autofinanziava, ma è pur vero che ciò va provato.

Spesso magari si chiedeva un finanziamento maggiore o per procedere a lavori sulla stessa autovettura, ovvero per chiudere altri debiti contratti altrove.

Ma le carte parlano ai fini fiscali. E in queste ipotesi – differenze fra i finanziamenti ottenuti dai clienti e i prezzi di vendita dichiarati in bilancio – è legittimo l’accertamento, atteso che trattasi di presunzione grave, precisa e concordante.

 

11 maggio 2012

Roberta De Marchi