Studi professionali: come esserci alla grande!

Storicamente, si sa, il professionista non vende nulla, non promuove nulla. Avvocati, commercialisti, architetti, notai, consulenti del lavoro, ingegneri sono professionisti, cazzo! (per rimanere in tema marinaro del momento).

In quanto tali offrono prestazioni di alto livello, non beni e neppure servizi; prestazioni professionali e basta! Non sono commercianti, non sono imprenditori.

Non vendono scatolette di pomodori o affettati all’etto. Almeno questo è quello che ho sempre sentito, da tutti i professionisti, nessuno escluso. Ma è proprio così? Soprattutto, lo è ancora oggi?

Mi spiego meglio.

 

So che starò sulle scatole a molti, ma meglio così se sarò utile. Non voglio fare il medico che vi dice che va tutto bene, continuate a mangiare e bere come avete fatto finora, tanto il colesterolo è una trovata postmoderna e il diabete adda veni’.

Continuate imperterriti come sempre. No, francamente preferisco fare come il medico rompiballe che vi dice ciò che non vorreste sentire, perché scomodo, ma utile. Utile alla vostra salute. Qui parliamo della salute professionale, non di quella fisica (che poi segue quella professionale il più delle volte).

Il marketing-driven-management, ultima evoluzione del marketing tradizionale, insegna a tener conto dei cambiamenti dell’ambiente in cui si opera. Il professionista, così, dovrebbe adattarsi – come ogni organismo vivente fa secondo principi di adattamento e omeostasi – all’ambiente in cui vive per sopravvivere prima e vivere bene poi. Se come specie siamo sopravvissuti nei millenni è grazie a questo prinicipio evoluzionistico basilare.

Quindi, conoscere gli attori che recitano sul palcoscenico insieme a noi (o che vorrebbero farlo), conoscere le esigenze dei clienti OGGI, e quindi partecipare alla recita in modo attivo, propositivo e perché no, creativo, è molto utile per rimanere in scena e magari occuparne anche il centro.

Quanti studi compiono analisi di mercato, anche blande? Quanti conoscono ciò che accade fuori dalla porta dello studio? Abitudini dei competitors (i colleghi di un tempo), abitudini dei clienti, suddivisione dei clienti per fasce di età (che oggi vuol dire nativi digitali, generazione x e generazione y)? Per capirci: parliamo di fasce di clienti dove abbiamo chi non sa usare una mail e quindi cerca ancora il professionista chiedendo in giro; chi ha un piede di qua e uno di là e cerca il professionista dando un’occhiata ad Internet e chi invece fa tutto su Internet, anche cercarsi il professionista. E il trend? Beh, considerando che la generazione che oggi è adolescente è nata già con un computer in mano… gioco forza come sceglierà un domani i suoi professionisti-consulenti? E voi, differenziate la vostra comunicazione di studio in funzione di ciò? No?! E’ come se leggeste sempre con lo stesso tono un articolo del codice civile e una poesia. Sarebbe più utile adattare il tono agli scopi e alle circostanze. Bene nella comunicazione vale la stessa regola: conosco>so cosa voglio>mi adatto>raccolgo i feedback>correggo.

Facciamo un passo avanti in questo scenario. Oggi tutti parlano di marketing dello studio professionale. Ma sarà ancora così? Mmhh, vediamo. Siamo già oltre! Cari professionisti, rasserenatevi, non dovete fare maketingdei vostri servizi e prestazioni. No quella fase l’avete saltata a pie’ pari.

Oggi siamo al SOCIETING. Che vuol dire? Vuol dire che non dovete “semplicemente” prendervi cura di far sapere cosa fate ai vostri potenziali clienti.

Se il marketing (lett. “mercato”) operava all’interno di un mercato in cui si inseriva e adattava, il societing invece crea il mercato stesso. La sfera di azione non è più il mercato (termine odiato dai professionisti) ma la società. Insomma, i vecchi consumatori “passivi” di servizi professionali – che arrivavano con il passaparola – stanno cambiando in consumatori “attivi”, più consapevoli che collaborano nel co-creare, insieme ai professionisti, domande e soluzioni di servizi professionali in termini di modalità, tempi, tipologia, strumenti, prezzi.

Ecco i nuovi termini con cui dovrete prendere confidenza anche voi professionisti: viral marketing, buzz marketing, word-of mouth, brand reputation e così via. No?! Vabbeh, addio allora…

Lo scenario è mutato e ciò che io percepisco come grave è che anche se la SCENA E’ CAMBIATA molti, moltissimi professionisti, continuano, anacronisticamente, a recitare LO STESSO COPIONE, non accorgendosi che dalla platea molti stanno cominciando ad andarsene. Accorgersene prima che la platea sia vuota sarebbe meglio…che dite?!

Quindi? Cambiamo copione, contribuiamo a creare una nuova scenografia e facciamo saggiamente ciò che è nelle nostre possibilità per rimanere al centro della scena, liberalizzazioni comprese. E non usiamole come ultima scusa per lamentarci e non fare nulla.

Al lavoro, ora!

 

 

13 febbraio 2012

Mario Alberto Catarozzo