Il condono della società non vincola i soci

un’interessante sentenza che illustra i disgiunti effetti del condono fra la società ed i soci della stessa

Con Ordinanza n. 16982 del 4 agosto 2011 (ud. dell’8 giugno 2011) la Corte di Cassazione, in una ipotesi di definizione delle liti fiscali pendenti, ex art. 16, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ha ritenuto non sussistente il litisconsorzio necessario fra società e  soci, facendo venir meno l’unitarietà dell’accertamento frasocietà di persone e soci della medesima, allorquando la società abbiadefinito la propria posizione fiscale, fruendo dello strumento di cuiall’art. 16, L. n. 289/02.

 

Il fatto

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della C.T.R. della Toscana n. 5/21/08, depositata il 14 luglio 2008, con la quale è stato rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la decisione di primo grado, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere in relazione al ricorso proposto dalla persona fisica contro l’avviso di accertamento derivante dalla partecipazione della stessa in società di capitale, in quanto la suddetta società aveva definito per l’anno in questione il proprio contenzioso L. n. 289 del 1992, ex art. 16.

La C.T.R. motivava il rigetto assumendo che la definizione della società era ininfluente sulla posizione della socia, ma che tuttavia l’ufficio avrebbe avuto l’onere di allegare l’avviso di accertamento emesso a carico della suddetta società di persone.

 

La sentenza

La Suprema Corte, richiamando principi già enucleati in precedenza (Cass. n. 2827 del 2010), ha affermato che “In tema di imposte sui redditi, una volta divenuto incontestabile il reddito della società di persone a seguito della definizione agevolata di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9 bis, conv., con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140, nel giudizio di impugnazione promosso dal socio avverso l’avviso di rettifica del reddito da partecipazione non è configuratole un litisconsorzio necessario con la società e gli altri soci, sia perchè l’esigenza di unitarietà dell’accertamento viene meno con l’intervenuta definizione da parte della società – costituente titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41 bis, (introdotto dall’art. 9 bis cit., comma 18) – sia perchè, non controvertendosi della qualità di socio, ovvero della quota a ciascuno spettante, ma, unicamente, degli effetti della definizione agevolata da parte della società su ciascun socio, ognuno di essi può opporre, ad una definizione che costituisce titolo per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa specifiche e quindi di carattere personale”.

Tale principio viene applicato dalla Corte anche nel caso di specie, nel quale l’impugnata sentenza da alto che la società, ha definito la propria posizione ai sensi della L. n. 289 del 1992, art. 16.

 

Commento

La sentenza che si annota riveste un ruolo importante alla luce della riapertura del condono per liti pendenti riproposta nella manovra di luglio 2011.

Sul punto ci sembra opportuno richiamare la posizione assunta dall’A.F. nella risoluzione n.225/E del 18 dicembre 2003, a seguito di un quesito posto ove l’istante faceva presente che, con separati ricorsi dinanzi i giudici di prime cure, aveva impugnato due avvisi di accertamento ai fini Irpef e del contributo al servizio sanitario nazionale, per gli anni 1993 e 1994, “contenenti la rettifica dei redditi derivanti dalla sua partecipazione alla società in nome collettivo XY”.

La rettifica del reddito di partecipazione era conseguente all’accertamento ai fini Ilor per i medesimi periodi d’imposta a carico della società partecipata.

L’interpellante, nella parte espositiva del quesito, evidenzia che gli avvisi di accertamento ai fini dell’Ilor sono stati ritualmente impugnati dalla società dinanzi ai giudici di primo grado.

La Commissione tributaria provinciale competente ha rigettato i ricorsi; avverso tali sentenze sono stati proposti atti di appello da parte della società.

Per tale lite, al fine di definire il contesto, la società si è avvalsa della chiusura delle liti pendenti di cui all’art.16 della legge n.289/02.

Le controversie individuali, derivanti dal reddito di partecipazione in capo alla società di persone, previa riunione dei procedimenti, sono state decise con sentenza del 10 aprile 2001, con il seguente dispositivo: “… la commissione in parziale accoglimento dei ricorsi riuniti, dispone che il reddito di partecipazione venga determinato in conseguenza del reddito definitivamente determinato per la società, e che l’eventuale conseguente sanzione a carico del socio venga dall’Ufficio rideterminata nella misura minima edittale in conseguenza al D.Lgs. n. 471/97”.

L’istante osserva che “la predetta sentenza è passata in giudicato per mancata impugnazione sia da parte del contribuente che dell’ufficio”.

Alla luce di ciò, il contribuente chiede all’Amministrazione finanziaria di sapere se, “al pari della società”, può beneficiare delle disposizioni di cui all’art.16 della legge n.289/02 e successive modificazioni, definendo così la propria posizione personale.

In detta risoluzione – n.225/E del 18 dicembre 2002 -, l’Agenzia delle Entrate ha affermato subito che non ritiene corretta la soluzione indicata dal contribuente – applicazione dell’art.16 della legge n.289/02 – “per carenza del presupposto rappresentato dalla pendenza della lite”.

L’Agenzia delle Entrate, in maniera precisa e puntuale, osserva che “nessun rilievo può assumere la circostanza che, alla data del 29 settembre 2002, risultasse pendente la controversia instaurata dalla società avverso gli avvisi di accertamento ai fini Ilor, della quale – peraltro – non era parte processuale il socio”, dato che “l’impugnazione avente ad oggetto l’accertamento del reddito d’impresa delle società di persone e quella avente ad oggetto l’accertamento del reddito di partecipazione dei soci danno luogo a liti distinte sotto il profilo processuale, suscettibili di autonoma definizione”.

Gli estensori della risoluzione ricordano ancora che il pensiero espresso era stato peraltro già manifestato antecedentemente con la circolare n.12/E del 21 febbraio 2003 e con la circolare n.22/E del 28 aprile 2003.

In particolare:

  • con la circolare n.12/E, al paragrafo 11.5, viene rappresentata l’ipotesi della presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati, che determina la definitività della pretesa dell’Amministrazione finanziaria soltanto nei confronti di uno o più soggetti interessati dall’atto impugnato, così che “le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti i soci sono autonomamente definibili rispetto a quelle instaurate dalla società di persone per le imposte dovute dalla stessa”;

  • con la circolare n.22/E, al paragrafo 12.10, rispondendo ad uno specifico quesito con il quale viene richiesto di sapere come si definisce la controversia instaurata da una società di persone riguardante l’accertamento del reddito d’impresa, dopo avere affermato che “assumendo che l’accertamento impugnato si limiti a rettificare in aumento il reddito imputabile pro quota ai soci”, la controversia non è definibile ai sensi dell’art.16, dato che “come già evidenziato al punto 1.11. della circolare n.17/E del 21 marzo 2003, il comma 3, lettere a) e c) dell’articolo 16 presuppone che la lite definibile esprima un determinato valore sul quale calcolare le somme dovute”, si ribadisce la posizione assunta con la circolare n.12/E del 21 febbraio 2003, dal momento che “le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti i soci di società di persone sono distinte dal punto di vista processuale da quelle instaurate dalla società”.

 

20 settembre 2011

Francesco Buetto