Cancellazione della società dal registro delle imprese

vediamo come funzionano i rimborsi d’imposta, quando il contribuente creditore è una società cessata…

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n.77/E del 27 luglio scorso è intervenuta a fornire i necessari chiarimenti su una materia molto delicata dopo la riforma del diritto societario del 2003; gli effetti della cancellazione delle società dal registro delle imprese a seguito della suindicata riforma attuata con il D.Lgs. n.6/2003 .

 

La riforma del diritto societario

Nel corso del 2003, dopo un ampio dibattito parlamentare, è stata varata una importante riforma inerente il diritto societario; tale riforma veicolata nel D.lgs 17 gennaio 2003, n. 6, ha modificato tra le varie disposizioni del Codice Civile anche l’art. 2456 c.c., trasfuso nell’art. 2495 c.c., secondo cui : “Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.

Ferma restando l’estinzione della società , dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

La disposizione valevole per le società di capitali e le cooperative, cita al comma 2 “ferma restando l’estinzione della società”; tale precisazione ha lasciato nel corso di questi anni molti dubbi applicativi sul come debbano essere correttamente effettuati i rimborsi d’imposta a favore di società di persone o di capitali cancellate dal registro delle imprese ed, in generale, quali effetti abbia prodotto la nuova disciplina civilistica delle società estinte sull’attività operativa degli uffici territorialmente competenti dell’Agenzia delle Entrate.

 

Il parere delle Entrate

Con la modifica dell’art. 2495 c.c., attuata in virtù della riforma del diritto societario di cui al citato D.lgs n. 6 del 2003 la giurisprudenza di legittimità ha manifestato due diversi orientamenti in ordine agli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese.

Nello specifico, le due tesi avanzate, affermano:

  1. la cancellazione della società dal registro delle imprese, data la sua efficacia meramente dichiarativa, non determinava l’estinzione della società laddove non fossero esauriti tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo, con la conseguente permanenza della capacità processuale della società e della rappresentanza degli organi che la rappresentavano prima della cancellazione; tale orientamento è stato rafforzato delle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate n. 120 del 1 giugno 2007 e 105 del 21 aprile 2009;

  2. per converso con alcune recenti sentenze i giudici della Corte di Cassazione attribuendo natura costitutiva alla cancellazione della società dal registro delle imprese, hanno affermato l’opposto principio della irreversibile estinzione della società anche in presenza di rapporti non definiti; alla medesima conclusione la Corte di Cassazione è giunta con riferimento alle società di persone, riconoscendo al novellato art. 2495 c.c. “un effetto espansivo”, nonostante, in questo caso, la natura dichiarativa della cancellazione.

Circa il termine di decorrenza degli effetti della cancellazione, quest’ultimo è stato individuato nel momento di entrata in vigore della legge (1° gennaio 2004) per le cancellazioni già avvenute in precedenza e nella data di cancellazione dell’iscrizione per le cancellazioni successive all’entrata in vigore della legge.

 

Le problematiche fiscali

La circolare ministeriale in commento evidenzia , inoltre, che analizzando il problema da un punto di vista fiscale si è avuto, tra l’altro, il problema :

  1. della gestione delle sopravvenienze attive che dovessero emergere a seguito dell’estinzione della società;

  2. il problema dell’esecuzione dei rimborsi d’imposta.

L’aspetto relativo al punto a) non è stato né disciplinato dal legislatore (che all’art. 2495 c.c. si occupa soltanto delle sopravvenienze passive), né affrontato dalla Corte di Cassazione; in pratica solo autorevole dottrina si è interessata al problema cercando di individuare una soluzione. In particolare, taluni hanno ipotizzato la necessità della nomina di un curatore speciale, deputato al completamento delle attività non ultimate dal liquidatore prima della cancellazione, venendosi a creare una situazione simile a quella dell’eredità giacente, come tipicamente nel caso di patrimonio alla ricerca di un titolare; altri, invece, hanno invocato il potere del giudice del registro di “cancellare la cancellazione”, poiché la cancellazione sarebbe stata effettuata in difetto delle condizioni richieste dalla legge; altri ancora, infine, sostengono la tesi secondo cui sui beni mobili e immobili non liquidati, una volta cancellata ed estinta la società, si forma una comunione tra gli ex soci per quote uguali a quelle di liquidazione. Tale ultima interpretazione è stata anche approvata dall’Agenzia delle Entrate , nel senso che l’amministrazione finanziaria è dell’avviso che gli elementi patrimoniali attivi non compresi nel bilancio di liquidazione in quanto non conoscibili a quella data, devono essere attribuiti proporzionalmente ai soci, tra i quali si instaura un rapporto di comunione ordinaria ai sensi dell’art. 1100 del Codice Civile , simile, in linea generale, a quello degli eredi.

 

L’esecuzione dei rimborsi

Con riferimento, invece, ai rimborsi d’imposta, l’art. 5 del D.M. 26 febbraio 1992 stabilisce che il rimborso IVA spettante alla società cancellata dal registro delle imprese può essere eseguito al liquidatore “nella sua qualità di rappresentante legale della società in fase di estinzione”, se il credito di imposta sia stato evidenziato nel bilancio finale di liquidazione, depositato nella cancelleria del tribunale. Secondo la circolare in commento tale disposizione deve, tuttavia, essere integrata nel contesto normativo antecedente la modifica della norma del codice civile che disciplina gli effetti della cancellazione dal registro delle imprese delle società di capitali, e della interpretazione che ne ha fornito la giurisprudenza di legittimità. Con l’inarrestabile estinzione della società, infatti, viene a mancare il soggetto al quale, ai sensi del citato art. 5, l’Agenzia delle Entrate può eseguire il rimborso, in quanto non può esservi rappresentante legale di un soggetto estinto.

I tecnici ministeriali ritengono che con riguardo ai rimborsi possono applicarsi i principi sopra enunciati per gli elementi patrimoniali attivi, con le conseguenza che, come avviene per le società di persone, può essere riconosciuta direttamente ai soci la titolarità del diritto al rimborso, pro quota, delle imposte.

 

Un precedente orientamento

L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 255 del 2000, in relazione al soggetto a cui devono essere materialmente eseguiti i rimborsi, ha avuto modo di precisare , con riferimento ai soci di società di persone cessate, che il conferimento di una delega ad un solo socio per la riscossione del rimborso non costituisce un obbligo, bensì una mera facoltà. Tuttavia, tenuto conto della compagine sociale delle società di capitali, spesso costituita da un numero considerevole di soci, per l’amministrazione finanziaria è opportuno il conferimento di una delega alla riscossione ad uno di essi o ad un terzo, al fine di evitare l’erogazione del rimborso a ciascun socio in proporzione alle quote sociali.

 

Le conclusioni

Per i tecnici delle Entrate, che con la circolare in commento hanno fornito un importante chiarimento, nel caso delle società di capitali, seguendo l’orientamento precedente dell’Agenzia delle Entrate, è possibile che i soci titolari del diritto al rimborso possano delegare all’incasso lo stesso ex liquidatore, previa comunicazione della predetta delega al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

 

3 settembre 2011

Federico Gavioli