Proposta di creazione di un sistema unitario per definire la base imponibile per le società con attività transfrontaliera

vediamo come l’Unione europea sta tentando di ridurre le differenze sulla determinazione dei redditi nei vari paesi per agevolare le attività d’impresa a livello europeo

La Commissione Europea ha presentato al Consiglio dell’UE la proposta di direttiva CCCTB COM 121/2011, sulla Common Consolidated Corporate Tax Base.

 

La proposta dispone un centro unico di normativa fiscale europea utile per la definizione della base imponibile delle società con attività transfrontaliera, garantendo la riduzione dei costi di conformità e totale eliminazione delle problematiche legate alla fissazione dei prezzi di trasferimento.

 

In vero, è utile ricordare come il CCCTB sia stato presentato già nel 2001, nella comunicazione n. 582 e nello studio n. 1681, dove la Commissione Europea presentava il piano europeo per l’eliminazione degli ostacoli fiscali esistenti nel mercato interno.

 

Durante il Consiglio ECOFIN del 2004, nel cd “Non-Paper”, la Commissione ritorna sul piano presentato tre anni prima ribadendo la disciplina da applicare, le attività da mettere in pratica ed i vantaggi propri delle imprese comunitarie che svolgono attività transfrontaliera.

 

In particolare, i vantaggi confluirebbero nella riduzione dei costi di conformità, nell’eliminazione dei problemi legati al transfer pricing, nella compensazione e consolidamento globale dei profitti e delle perdite, nella riduzione dei casi di doppia imposizione, nell’eliminazione dei casi di discriminazione e restrizioni.

 

Continuando con la premessa storica e con l’evoluzione del progetto, si giunge alla comunicazione n. 223 del 2007, nella quale la Commissione europea sottolinea l’importanza della CCCTB al fine di garantire il buon funzionamento del mercato interno.

 

In vero nel 2007, la Commissione iniziava a fissare i principi fondamentali a cui ispirarsi per la proposta di direttiva definitiva.

 

I principi cardine della CCCTB erano individuati nella condivisione generale del progetto sia per le piccole e medie imprese, dove si registrano situazioni di alti costi di conformità, sia per le imprese multinazionali, nella necessità di un consolidamento della CCCTB al fine di stabilire un meccanismo comune di ripartizione, nel opzionalità della CCCTB, nella presenza di un quadro amministrativo e giudiziario per la CCCTB, nella non estensione al campo delle aliquote.

 

La lunga strada segnata dalla comunicazione n. 582 del 2001, si conclude con la creazione della CCCTB Working Group, Gruppo di lavoro incaricato dalla Commissione di studiare gli aspetti tecnici della CCCTB, e con il workshop 2010 che ha anticipato la presentazione della proposta di direttiva in commento.

 

Nel Working Paper del 2007, il CCCTB Working Group fissava la generalità per la definizione della CCCTB:

  • si prevedeva la creazione di una normativa fiscale europea unica a livello opzionale che avrebbe sostituito i regimi fiscali nazionali per la definizione della base imponibile delle società con attività transnazionale;

  • a livello operativo, si prevedeva il calcolo del reddito d’impresa su base consolidata applicando, dunque, regole comuni per tutti gli Stati membri. Per calcolare la base imponibile comune si fa riferimento alla differenza tra il reddito lordo e i costi deducibili: il reddito lordo risulta formato dai sussidi concessi per l’acquisizione, dalla costruzione e la valorizzazione di beni strumentali deperibili, dai proventi dalla disposizione di categorie di beni, dagli utili e i dividendi soggetti alla participation exemption, dal reddito della stabile organizzazione situata in uno Stato terzo, mentre per la definizione dei costi deducibili si è scelto un metodo di calcolo della base imponibile che parta dai dati del conto economico e dal confronto tra i valori patrimoniali netti inclusi negli stati patrimoniali di due esercizi contigui. Il reddito lordo prevede tutte le entrate, sia liquide che no, e non include il capitale ed i finanziamenti a favore dell’impresa, mentre i costi sono deducibili se certi, determinati e se sostenuti per aumentare o assicurare il reddito societario, inclusi i costi per la ricerca e lo sviluppo, i costi per la raccolta di capitale, di finanziamento per l’impresa e i costi per il personale, cd. business purpose test.

In vero per quanto riguarda il test finale sopra riportato, all’interno del CCCTB Working Group, molti hanno sostenuto l’inutilità dello stesso in quanto ogni spesa sostenuta da una società, sarebbe utile a fini imprenditoriali. Comunque si prevedono anche costi non deducibili come i costi di gestione sostenuti da una società per reddito esente, i costi per l’acquisizione, la costruzione o la manutenzione di immobilizzazioni materiali, tranne quelle per la ricerca e lo sviluppo, le donazioni, tranne quelle compiute in favore di soggetti no profit autorizzati, il 50% delle spese di entertainment, le imposte sui redditi. Calcolata la base imponibile comune, questa è ripartita tra gli Stati membri di residenza delle società coinvolte, grazie al sharing mechanism, meccanismo di allocazione basato su una apportionment formula, a sua volta incentrata su vendite, capitale e lavoro. L’operatività del meccanismo termina nel momento in cui ciascuno Stato membro applica la propria aliquota fiscale sulla ripartizione effettuata dal metodo di ripartizione previsto.

  • circa la riportabilità delle perdite, si prevede che quelle poste in essere dal gruppo siano riportabili in avanti a livello di gruppo, mentre le perdite generate dalla società prima dell’ingresso nel consolidato sono riportabili e sono detraibili dalla società dalla quota di base imponibile comune;

  • l’opzione per il consolidato comunitario spetta alle società controllate in misura superiore a 75%, sia a livello diretto o indiretto, o alle società dove la parent company esercita più del 50% dei diritti di voto. La scelta del gruppo sull’applicazione del consolidato comunitario porta alla non esclusione, grazie al principio “all in all out”, di una o più società.

 

Importante è notare come la creazione delle norme comuni applicabili in ciascuno Stato membro con riferimento al calcolo della base imponibile, diventi un reale tentativo di sinergia tra le diverse normative fiscali nazionali, anche se gli Stati possono applicano all’imponibile calcolato l’aliquota d’imposta nazionale.

 

Il CCCTB stabilisce i soggetti a cui si applica la disciplina, ed in particolare:

  • il legislatore comunitario ha fornito un elenco tassativo delle società di Stati membri in un allegato alla direttiva;

  • le stabili organizzazioni localizzate all’interno del territorio comunitario possono essere assoggettate alla disciplina della CCCTB;

  • secondo l’art. 3 della proposta di direttiva, la disciplina si estende alle società con sede in Stati terzi che presentano la forma prevista per le società comunitarie e siano sottoposte alle imposte sul reddito delle società;

  • le società di cui la capogruppo europea controlli, a livello diretto od indiretto, più del 75% del capitale o più del 50% dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria, possono scegliere per il consolidamento tra il proprio reddito ed il reddito della capogruppo e delle altre società consolidanti all’interno del gruppo. Ai fini della definizione di società appartenente al gruppo, si precisa la necessaria sussistenza, per almeno 9 mesi consecutivi, del requisito del controllo qualificato, la cui mancanza comporta la non appartenenza al gruppo.

 

Dopo aver indicato i requisiti oggettivi e soggettivi della proposta, analizziamo la formula per la ripartizione della base imponibile comune consolidata tra gli Stati membri interessati.

 

Secondo l’art. 86 della proposta di direttiva, la formula di spartizione si basa su tre micro-fattori:

  • il lavoro che include due elementi come il costo del lavoro e numero dei dipendenti.

Si effettua una comparazione tra il costo del lavoro e il numero dei dipendenti di tale società ed il costo del lavoro e il numero dei dipendenti dell’intero gruppo, giungendo alla definizione di forza lavoro ai fini della formula di ripartizione ed al costo ed alla localizzazione della forza lavoro;

  • il capitale. Per questo micro fattore, la comparazione si effettua tra il valore degli assets di una data società e il valore degli assets dell’intero gruppo, giungendo alla definizione di assets ai fini della formula di ripartizione ed alla loro valutazione e localizzazione. La Commissione limitatamente agli assets, considera solo i fixed tangible assets, escludendo i cd. intangibles, gli assets finanziari e gli assets correnti. Inoltre, si precisa che, per la valutazione degli assets, ci si dovrebbe riferire al costo storico dal quale detrarre l’ammortamento;

  • le vendite, che sono considerate come sales by origin, in relazione al luogo di spedizione delle merci e sales by destination in relazione al luogo di consegna delle merci. Il meccanismo per calcolare la quota di base imponibile da attribuirsi a una data società del gruppo, in relazione ai tre fattori considerati è sempre quella dell’effettuazione della comparazione tra il valore delle vendite della società ed il valore delle vendite dell’intero gruppo.

 

Dopo aver individuato gli aspetti tecnici ed operativi della disciplina, è indispensabile porre uno sguardo su quelli amministrativo-formali.

 

Gli articoli 104 e ss. della proposta di direttiva seguono il cd. metodo “one stop shop”: si vuole unire l’efficienza propria della presentazione di un’unica dichiarazione nei confronti dell’amministratore fiscale principale da parte del soggetto di imposta principale con la trasmissione dei dati rilevanti a tutte le altre amministrazioni fiscali coinvolte.

 

Tale scelta si spinge verso la cooperazione ed il massimo coordinamento tra amministrazioni fiscali: si crea così uno meccanismo comune a tutti gli Stati membri interessati, con la conseguenza temporale che non si potrà considerare una ripartizione della base imponibile consolidata fino al completamento delle procedure in tutti gli Stati membri.

 

Altra importante disciplina considerata dalla proposta di direttiva sulla CCCTB, è quella anti abuso.

 

L’esigenza della Commissione europea era quella di creare una combinazione tra norme anti-abuso a carattere generale e norme anti-abuso specifiche: l’indispensabilità della combinazione tra i due elementi nasce dalla considerazione che un’unica disposizione di carattere generale avrebbe limiti derivanti dalla difficoltà di una sua completa applicazione negli Stati membri interessati.

 

Già nel Working Paper n. 65 del 2008, la Commissione Europea sottolineava che la presenza di una disposizione anti-abuso di carattere generale avrebbe il pregio di riqualificare le transazioni fittizie portando il contribuente verso la possibilità di dimostrare la ragione economica ed il carattere commerciale dell’operazione.

 

Prendendo spunto da quanto già detto dalla Commissione, l’art. 80 della proposta di direttiva, per il calcolo della base imponibile, stabilisce che non si prendano in considerazione le artificial transactions poste in essere dal contribuente per eludere l’imposta.

 

Comunque la disposizione non si applica alle genuine commercial activities, nel caso in cui il contribuente possa scegliere tra diverse transazioni che portano sì allo stesso risultato ma a differenti suscettibili di portare ad un differente valore imponibile.

 

In vero, parte dei commentatori ha osservato che non esiste una chiara definizione di genuine commercial activities.

 

Comunque, la dottrina

  • fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee che nella sentenza del 12 settembre 2006, caso Cadbury/Schweppes, relativamente alla compatibilità con la libertà di stabilimento della legislazione antiabuso britannica, precisava come il concetto di stabilimento nell’ambito del significato delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento implica l’effettivo svolgimento di un’attività economica. Affinché la restrizione alla libertà di stabilimento possa ritenersi giustificata dall’esigenza di contrastare pratiche abusive, tale restrizione deve avere come obiettivo la prevenzione di quelle pratiche che implicano la creazione di strutture fittizie le quali non riflettono la realtà economica della società;

  • per l’individuazione delle norme anti-abuso a carattere specifico, ricordando il Working Paper n. 65, ci si riferisce alle disposizioni CFC che vogliono impedire alle società residenti di trasferire reddito alle controllate con sede in giurisdizioni a fiscalità privilegiata;

  • conformemente agli orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’art. 82 della proposta di direttiva prevede che nella base imponibile ci sia il reddito della società residente in uno Stato terzo se in questo Paese il medesimo reddito è assoggettato ad imposta secondo un’aliquota inferiore del 40% rispetto a quella media applicabile nello Stato membro interessato. Tale disposizione non si applica quando tra quest’ultimo e lo Stato terzo esiste un accordo sullo scambio effettivo di informazioni; la mancanza di tale accordo diventa una condizione anche per l’operatività della disposizione sulla indeducibilità degli interessi corrisposti ad un’impresa associata, con sede in uno Stato terzo.

 

14 maggio 2011

Sonia Cascarano