Competenza ampliata per il giudice tributario

la Commissione tributaria è sempre competente per le controversie in materia di rimborso IVA

 

La Commissione tributaria è competente per le controversie in materia di rimborso IVA, anche se l’istanza è stato proposta non dal soggetto passivo ma dal cessionario del bene o dal committente del servizio.

L’importante principio è contenuto nella recente sentenza n. 16281 deposita il 12 luglio 2010 delle sezioni unite della Corte di Cassazione in cui emerge che, nel caso di rifiuto della domanda di rimborso per somme indebitamente versate a titolo IVA, la giurisdizione della relativa controversia spetta al giudice tributario, senza che la stessa possa venire meno atteso che il ricorso è stato proposto dalla banca in luogo del contribuente cliente di quest’ultima.

Il legislatore, modificando il testo dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, recante disposizioni in materia di giurisdizione tributaria, modificato dall’art. 3-bis della legge n. 248 del 2005, ha esteso notevolmente l’ambito della competenza affidata al giudice tributario. Infatti in detta disposizione sono ora ricomprese anche “le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, quelle del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni” (cfr. C.M. n. 10/E del 13 marzo 2006 Agenzia entrate)(1). Attraverso la nuova formulazione della norma si è voluto introdurre una nozione generale molto più ampia di tutti i tributi che di fatto sostituisce l’elenco tassativo di cui alla versione previgente del medesimo art. 2.

La norma introdotta di cui al riformulato art. 2 D.Lgs. n. 546 del 1992, nel riconoscere la definitiva esclusività della cognizione delle controversie tributarie, rappresenta un passo avanti in tema di economia processuale avendo cancellato le incertezze e le difficoltà ai fini dell’individuazione dei soggetti passivi, ed anche di quelli attivi, del rapporto tributario. Conseguentemente appare sempre più marcata la natura di specialità della giurisdizione delle Commissioni tributarie rispetto a quella del giudice ordinario(2).

Nella fattispecie portata al vaglio della Suprema Corte l’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo le parti al primo giudice, sulla domanda, presentata dalla Banca, di condanna alla restituzione delle somme versate per errore a titolo di Iva per conto di una sua cliente, in riforma della sentenza di primo grado.

Le sezioni unite hanno affermato che appartiene alla giurisdizione delle Commissioni tributarie la domanda proposta nei confronti dell’amministrazione finanziaria per la restituzione di somme indebitamente versate a titolo di Iva, allorché sia rifiutato il rimborso. Tale giurisdizione è riconosciuta, come nel caso specifico, quando il ricorso sia stato proposto dal cessionario del bene o dal committente del servizio (istituto di credito) in luogo del soggetto passivo del rapporto tributario.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui in materia di crediti Iva “la giurisdizione tributaria è individuata dall’oggetto della domanda e non dal soggetto titolare del credito e la domanda di pagamento di un credito Iva, contestato dall’amministrazione, appartiene al giudice tributario” (Cass, S.U., 17 aprile 2009, n. 9142; 4 giugno 2002, n. 8090).

Nel caso di specie, uniformandosi a tale principio, i giudici delle sezioni unite hanno ritenuto che è irrilevante, ai fini della giurisdizione, che la domanda sia proposta dalla banca che ha effettuato il pagamento trattandosi comunque di somme versate a titolo di imposta. Il rapporto, infatti, non è di natura privatistica perché l’azione non è stata proposta direttamente dal contribuente, essendo indubbio che il versamento è stato effettuato a titolo di imposta e che la domanda di restituzione presuppone l’accertamento, nei confronti dell’erario, dell’insussistenza dell’obbligo tributario. Per i giudici di legittimità risulta, inoltre, irrilevante, l’allegazione relativa alla mancanza di delega, atteso che la banca, nel caso in cui versa una somma a titolo di imposta, compie tale azione assumendo la veste di soggetto delegato al pagamento e nella stessa veste agisce nel momento in cui chiede la restituzione delle somme versate.

Per quanto sopra evidenziato la Suprema Corte ha accolto il ricorso dichiarando la giurisdizione del giudice tributario, cassando la causa senza rinvio e rimettendo le parti dinanzi alla competente commissione di primo grado.

NOTE

  1. Cass 24 giugno 2005, n. 13549. Cfr. Cass. 13 gennaio 2006, n. 618. Le controversie aventi ad oggetto le contestazioni sui diritti di iscrizione annuale in albi e registri alle Camere di commercio rientrano nella giurisdizione delle Commissioni tributarie.

  2. Cfr. Cass, S.U., n. 23832 del 19.11.2007. Il sollecito di pagamento è un atto che precede la fase dell’esecuzione forzata, atteso che lo stesso è autonomamente impugnabile ed è assimilabile all’avviso di cui all’art. 50, c. 2, D.P.R. n. 602 del 1973 (c.d. avviso di mora), per cui lo stesso non può essere classificato tra gli atti sui quali difetta la giurisdizione tributaria.

27 luglio 2010

Enzo Di Giacomo