Le ultime modifiche alla determinazione della base imponibile IRAP

in materia di IRAP, ci si sofferma sul tema della inerenza dei componenti negativi del valore della produzione rilevanti ai fini di tale tributo

La circolare Assonime 31 luglio 2009, numero 34, offre un breve commento dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate in materia di IRAP con le circolari numeri  36 e 39 del 2009, soffermandosi, in particolare, sul tema della inerenza dei componenti negativi del valore della produzione rilevanti ai fini di tale tributo.

 

Le puntualizzazioni sul concetto di inerenza della spesa

Il tema di maggiore interesse di cui si occupano gli indirizzi di prassi amministrativa editi con le circolari ministeriali numeri 36 del 16 luglio 2009 e 39 del 22 luglio 2009, attiene certamente alla rilevanza o meno del requisito dell’inerenza quale presupposto per il riconoscimento, ai fini del tributo regionale, dei componenti negativi del valore della produzione.

 

Nel primo di tali documenti (cfr.: circolare n. 36 del 16 luglio 2009) l’Agenzia afferma che l’inerenza dei costi e oneri all’esercizio d’impresa costituisce un principio di rilevanza civilistico-contabile, prima ancora che fiscale e, quindi, a questo principio debbono informarsi anche i componenti che, ai fini dell’IRAP, concorrono alla formazione del valore della produzione, sulla base del nuovo criterio (sancito dalla legge finanziaria del 2008) di derivazione diretta dalle risultanze del bilancio.

 

In quest’ottica, osserva l’Agenzia, gli uffici dell’amministrazione finanziaria hanno il potere, a tutela degli interessi erariali, di sindacare il corretto comportamento dell’impresa nella redazione del bilancio e, in particolare, del conto economico, e “tale sindacato di inerenza si pone in modo particolare con riferimento a determinati costi per i quali il TUIR introduce presunzioni legali di parziale inerenza, ponendo limiti alla relativa deducibilità”.

 

Pertanto, l’Agenzia ritiene che “per esigenze di semplificazione, l’inerenza dei …componenti negativi può essere considerata senz’altro sussistente anche ai fini dell’IRAP, qualora vengano dedotti importi di ammontare non superiore a quelli determinati applicando le disposizioni previste per le imposte sul reddito”.

 

L’estensione all’IRAP delle regole di deducibilità forfetaria stabilite in materia di imposte sul reddito opererebbe, in particolare:

– per gli oneri di utilità sociale di cui all’articolo 100 del TUIR;

– per i costi delle apparecchiature relative a servizi di comunicazione;

– per le spese di rappresentanza come definite dall’articolo 108, comma 2, del

TUIR e dal relativo decreto recante attuazione di dette norme;

– per le spese relative ai mezzi di trasporto di cui all’articolo 164 del TUIR.

 

In definitiva, secondo l’Agenzia, per queste fattispecie di costo, la deduzione in base alle regole forfetarie stabilite dal TUIR metterebbe al riparo le imprese dal potere di sindacato degli uffici, ferma restando la possibilità dei contribuenti di dedurre anche integralmente tali costi qualora siano in grado di dimostrarne analiticamente l’inerenza.

 

Le indicazioni contenute nella circolare dell’Agenzia sembravano lasciare intendere, a parere di Assonime, che il requisito dell’inerenza dovesse esplicarsi agli effetti dell’IRAP, se non proprio nei medesimi termini in cui opera per la determinazione del reddito d’impresa, in modo non molto dissimile.

 

Questa posizione dell’Agenzia ha suscitato perplessità, anche perché molti operatori avevano già provveduto a liquidare e versare le imposte entro lo scorso 16 luglio, attenendosi al criterio di derivazione diretta dell’imponibile IRAP dalle risultanze del bilancio fissato dalla legge finanziaria per il 2008.

 

Sul punto l’Agenzia è intervenuta nuovamente con la circolare n. 39, precisando che con la precedente circolare non si era “inteso – né sarebbe stato possibile – reintrodurre il legame tra IRES e IRAP che è venuto meno a seguito dell’abrogazione dell’articolo 11-bis del decreto IRAP”.

 

Resta, quindi, ferma la derivazione dei componenti positivi e negativi rilevanti ai fini dell’IRAP dalle corrispondenti voci del conto economico.

Naturalmente, ribadisce l’Agenzia in questo documento, “la ricorrenza del requisito di inerenza rileva come condizione per imputare a conto economico un determinato componente negativo di reddito”.

 

Pertanto, gli uffici mantengono il potere, in sede di verifica, di sindacare il corretto operato dei contribuenti. Così ad esempio, prosegue l’Agenzia, “un costo che non attenga all’attività d’impresa, ma alla sfera personale degli amministratori o dei soci, non può essere dedotto solo perché civilisticamente è stato imputato al conto economico”.

 

Quanto alla possibilità, sostenuta nella precedente circolare n. 36, di estendere all’IRAP i particolari regimi di delimitazione forfetaria di talune spese previsti dal TUIR (quali, ad esempio, quelle stabilite per i costi di utilità sociale, per le spese di rappresentanza, etc.) chiarisce l’Agenzia che essa non è collegata ad alcuna previsione normativa, ma costituisce una mera opportunità che i contribuenti possono liberamente utilizzare per evitare eventuali contestazioni.

Resta fermo che anche in queste fattispecie i costi, se inerenti, possono essere dedotti interamente così come risultanti dalle indicazioni del bilancio.

In altri termini, l’inerenza di tali oneri – ed è questa l’affermazione più rilevante contenuta nella nuova circolare dell’Agenzia – non deve essere comprovata analiticamente dai contribuenti: sarà, eventualmente, compito degli uffici sindacarne la sussistenza, trovando adeguate prove.

 

Occorre osservare però, obietta la circolare Assonime di fine luglio, che anche sul piano della corretta redazione del bilancio, infatti, non è agevole individuare l’esistenza di un autonomo principio di inerenza rispetto alle regole fiscali e delimitarne i contorni applicativi. In linea generale, Assonime aderisce all’orientamento ministeriale secondo cui le attribuzioni patrimoniali all’imprenditore o ai soci costituiscono vicende estranee all’esercizio dell’attività d’impresa e probabilmente dovrebbero essere rappresentate, sul piano contabile, nei conti patrimoniali.

 

Ma, in linea di principio, nel conto economico trovano corretta rappresentazione tutti gli oneri che l’impresa sostiene, anche volontariamente, nell’attività gestionale, indipendentemente dal fatto che essi rispondano o meno al tradizionale concetto di inerenza fiscale, intesa come “inevitabilità” della spesa.

 

Così, vanno naturalmente collocati nel conto economico – e in particolare, per le imprese industriali, nella sezione dedicata ai risultati dell’attività ordinaria – non solo le liberalità correnti di cui si è fatto sopra cenno, ma anche i costi relativi all’IVA non detratta (costi che derivano, peraltro, da una tipica e legittima scelta gestionale), nonché gli oneri per sanzioni amministrative comminate all’impresa in relazione ai quali l’amministrazione finanziaria ha ripetutamente negato l’inerenza ai fini delle imposte sui redditi.

Una stretta aderenza, dunque, alle risultanze del bilancio, impone di tener conto anche di queste poste.

 

Tuttavia, non è improbabile che su queste delicate tematiche possa in futuro svilupparsi un contenzioso fra i contribuenti e l’amministrazione, data la dicotomia evidente tra le finalità del bilancio, da un lato, e, dall’altro, i principi fiscali che connotano normalmente la determinazione della base imponibile dei tributi diretti, in particolare quello dell’inerenza. Il coordinamento tra le opposte esigenze, però, non può essere affidato a una prassi interpretativa in contrasto con la norma a meno di non compromettere il fondamentale principio della certezza del diritto e della predeterminazione della fattispecie impositiva.

 

Analisi di singole fattispecie

La circolare n. 36 dell’Agenzia delle entrate si occupa anche di altre questioni importanti.

 

Sanzioni amministrative

Ci riferiamo, naturalmente, alle sanzioni amministrative (quali, ad esempio, quelle antitrust) diverse da quelle comminate all’impresa per violazioni di carattere tributario attinenti alla determinazione dell’IRAP e delle imposte sul reddito.

 

Anche questi ultimi, in effetti, sono oneri che trovano corretta collocazione nel conto economico e, in particolare, nell’ambito del risultato dell’attività ordinaria, ma per un criterio logico sistematico di carattere generale (insito, peraltro, nella disciplina di ogni tributo) essi non ne dovrebbero influenzare la base imponibile in quanto attinenti a prelievi impositivi espressamente non ammessi in deduzione.

 

Contributi

Riguardo ai contributi erogati in base a norma di legge, il nuovo articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 4468 prevede il concorso alla formazione del valore della produzione, fatta eccezione per i contributi correlati a costi indeducibili.

 

Al riguardo, la circolare dell’Agenzia conferma posizioni interpretative già assunte nel recente passato secondo cui “eventuali contributi percepiti dal datore di lavoro erogati specificamente in relazione a nuovi dipendenti assunti, concretizzano un componente correlato a costi ammessi in deduzione nella determinazione del valore della produzione che devono, pertanto, concorrere alla formazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’IRAP.

 

Considerato che la deduzione del costo del lavoro ai fini IRAP compete in relazione ai dipendenti di nuova assunzione nel limiti previsti dall’articolo 11, comma 4-ter, del decreto legislativo n. 446, l’Agenzia ribadisce la regola per cui questi contributi assumono rilevanza ai fini IRAP nei limiti dell’ammontare del costo del personale ammesso in deduzione, ai sensi del predetto comma 4-ter10.

 

Terreni pertinenza di opifici

Altro tema riguarda il trattamento dei terreni di pertinenza di fabbricati strumentali per i quali l’articolo 36, comma 7, del decreto legge n. 223 del 2006 ha precluso l’ammortamento, determinandone il relativo valore con criteri forfetari: nella misura, in particolare, del 30 o del 20 per cento del valore fiscale del fabbricato cui accede, a seconda che si tratti di fabbricato industriale o non.

 

Secondo l’Agenzia, il tenore letterale della norma che fa generico riferimento alle “quote di ammortamento deducibili”, porta a ritenere che il divieto di ammortamento del valore delle aree sottostanti, o di pertinenza di fabbricati strumentali, operi anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, indipendentemente dai comportamenti contabili adottati.

 

Da tale passo della circolare, peraltro, non risulta chiaro, ad avviso di Assonime, se l’Agenzia abbia inteso estendere all’IRAP anche le regole forfetarie di determinazione dei valori da attribuire alle due distinte componenti stabilite dal decreto legge n. 223. Ragioni logico sistematiche inducono a ritenere che per l’individuazione di tali valori debbano valere esclusivamente i corretti criteri di redazione del bilancio.

 

La citata disposizione di cui al decreto legge n. 223 del 2006 è, infatti, anteriore alle modifiche introdotte nella disciplina dell’IRAP dalla legge finanziaria del 2008: quest’ultima, dunque, introducendo il principio di derivazione diretta dal bilancio dei componenti positivi e negativi del valore della produzione, dovrebbe aver “disattivato”, ai fini IRAP, l’applicazione delle regole fiscali da essa dettate, sostituendole con la corretta applicazione dei principi contabili. In particolare, anche tali principi prevedono che la quota di costo riferibile al terreno non sia suscettibile di ammortamento, ma individuano tale quota sulla base di apposta valutazione economica.

Naturalmente, resta fermo, anche in questi casi, il potere degli uffici di verificare se tale ripartizione di costi sia stata attuata nell’effettivo rispetto di questi principi.

 

Regime transitorio ammortamento beni materiali

La circolare dell’Agenzia interviene nuovamente anche sul regime transitorio dell’ammortamento dei beni materiali già trattato nella precedente circolare n. 27 del 2009.

 

In particolare, l’Agenzia chiarisce che la regola transitoria da essa adottata nella precedente circolare n. 27 secondo cui i maggiori ammortamenti stanziati in bilancio nei periodi precedenti e non dedotti fiscalmente (in quanto eccedenti i coefficienti tabellari) si rendono deducibili in base alla precedente disciplina – si applica anche alle svalutazioni dei beni materiali operate ante riforma IRAP e non dedotte. Tuttavia, la circolare continua, come la precedente, ad affermare che “i maggiori valori fiscali, derivanti dal mancato riconoscimento delle svalutazioni operate in bilancio, sono deducibili dal valore della produzione IRAP … a partire dall’esercizio successivo a quello in cui si conclude l’ammortamento contabile, nei limiti dell’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti tabellari …” senza tener conto della circostanza – da noi evidenziata nella circolare 25 – che trattandosi di una regola transitoria, essa dovrebbe essere applicata in modo conforme alla pregressa disciplina di determinazione della base imponibile IRAP.

 

In base a tale disciplina i costi per ammortamento o svalutazione non riconosciuti in precedenti periodi d’imposta potevano essere recuperati anche nel successivo corso della procedura di ammortamento, se e nei limiti in cui le quote stanziate in bilancio fossero risultate inferiori ai limiti tabellari posti dalla norma fiscale.

 

In sostanza, in questi casi, non è sempre necessario attendere il completamento dell’ammortamento di bilancio, ben potendosi recuperare – ove se ne verifichino le condizioni – i componenti negativi già imputati in passato (e non dedotti) in base alle regole dettate in materia dal TUIR. L’art. 109 del TUIR, in particolare, considera comunque deducibili i costi imputati al conto economico di un esercizio precedente se la deduzione è stata rinviata in conformità alle norme contenute nello stesso TUIR.

 

Beni materiali rivalutati

La circolare dell’Agenzia si occupa infine,  anche di un’altra tematica relativa ai beni materiali rivalutati ai sensi della legge n. 266 del 2005, che differiva gli effetti fiscali della rivalutazione al terzo periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale essa era stata eseguita in bilancio.

 

La circolare dell’Agenzia precisa che i maggiori valori fiscali che per effetto del predetto differimento non sono stati fiscalmente dedotti nel periodo di sospensione (2006 – 2007), assumono rilevanza IRAP dal 2008 nei limiti della quota di ammortamento imputata a conto economico e, terminato l’ammortamento civilistico, il residuo valore fiscale diviene deducibile nei limiti dell’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti tabellari.

 

Antonino Romano

4 Settembre 2009