In nostro precedente intervento (1) avevamo già avuto modo di commentare la sentenza n. 38 del 13 aprile 2006, con cui
L’indirizzo teso a contrastare il comportamento non fattivo del contribuente era stato già, inoltre, stigmatizzato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 16049 del 28 aprile 2005, depositata il 29 luglio 2005, che aveva affermato che la mancata risposta al questionario inviato dall’Amministrazione finanziaria, di per sé, non giustifica il ricorso ad accertamento induttivo nei confronti del contribuente (laddove tale omissione si sia verificata prima dell’entrata in vigore dell’art. 25 della L. 18 febbraio 1999, n. 28 che, al comma 3, espressamente, ha consentito il ricorso ad accertamento induttivo quando il contribuente non abbia dato seguito agli inviti disposti dagli uffici).
In pratica – a contraris –
I pronunciamenti sopra indicati trovano oggi ancora una volta conferma da parte della Cassazione che, con sentenza n. 13511 del 28 marzo 2008, dep. il 26 maggio
PRINCIPI DI DIRITTO
Come è noto, l’art. 32 del D.P.R. n. 600/73 è stato integrato, a opera dell’articolo 25, comma 1 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, che ha aggiunto al testo originario i commi terzo (“Le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri e i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta“) e quarto.
Di converso, è stata aggiunta la lett.d-bis), all’art. 39, comma 2, del D.P.R.n.600/73, consentendo l’utilizzo dell’accertamento induttivo quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, primo comma, nn.3) e 4), del D.P.R.n.600/73 o dell’art.51, secondo comma, nn.3) e 4), del D.P.R.n.633/72.
Parallelamente, ai fini Iva, l’art. 52, comma 4, del D.P.R. n. 633/72 dispone che l’inottemperanza agli inviti comporta l’applicazione delle regole II.DD.
Pertanto, a far data dal 9 marzo 1999, giorno di entrata in vigore delle modifiche normative, la mancata ottemperanza all’invito dell’ufficio è sanzionabile e ciò anche quando l’attività di accertamento riguardi annualità di imposta anteriori all’entrata in vigore della nuova norma, in ossequio al principio secondo il quale siamo in presenza di una norma procedurale, destinata a disciplinare le modalità e i limiti dell’esercizio dei poteri degli uffici, e pertanto pur se si applica solo a partire dalla data di entrata in vigore, investe anche gli accertamenti riguardanti annualità anteriori.
Le cause di inutilizzabilità non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile.
Inoltre, l’art. 52, comma 5, del D.P.R. n. 633/72 dispone che “i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi all’ispezione”.
Tale norma è applicabile anche ai fini delle imposte sui redditi per l’esplicito richiamo operato dall’art. 33 del D.P.R. n. 600/73.
L’assetto normativo tracciato, “per quanto opportunamente opinabile, non sembra possa tacciarsi di illegittimità costituzionale ove innanzi tutto inteso a limitare la possibilità di far valere la predetta documentazione nel prosieguo del procedimento amministrativo di accertamento: può dirsi, infatti, espressione del rapporto fondato su canoni di lealtà e collaborazione, in forza dei quali non sembra neppure irragionevole prevedere una decadenza dalla utilizzabilità (a proprio favore) di quella documentazione che, in precedenza, era stata surrettiziamente tenuta celata. Tanto è vero che l’interpretazione e l’applicazione che di tale disposizione si sono avute in giurisprudenza hanno costantemente confermato l’esigenza di verificare tale elemento di intenzionale sottrazione di elementi utili ai fini della corretta ricostruzione del quadro impositivo del contribuente come il dato qualificante la fattispecie (2)”.
Infatti, la stessa Corte di Cassazione – sentenza n. 9127 del 1° febbraio 2006, dep. il 19 aprile 2006 – ha affermato che l’art.52, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 (richiamato dall’art. 33 del D.P.R. n. 600/1973) va letto ed interpretato “in coerenza ed alla luce del diritto alla difesa, scolpito nell’art. 24 della Costituzione, e del principio della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione). Le norme costituzionali non impediscono certo di porre ragionevoli limiti al diritto alla prova, con conseguente tassazione di cespiti che il contribuente potrebbe dimostrare inesistenti; ma impongono di procedere ad un’interpretazione rigorosa di disposizioni quale il citato art. 52, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972. Appare, in proposito, di particolare rilievo l’esigenza che vi sia stata un’attività di ricerca della documentazione da parte dell’Amministrazione ed un rifiuto da parte del contribuente (rifiuto cui è equiparata la dichiarazione di non possedere i documenti, o la sottrazione dolosa di essi al controllo). Ed è ovvio come simile procedura di richiesta o ricerca da parte dell’Amministrazione e di rifiuto (o occultamento) da parte del contribuente sia in concreto concepibile quasi esclusivamente in riferimento ai documenti di cui è obbligatoria la tenuta. In altre parole, la limitazione alla possibilità della prova è collegata ad uno specifico comportamento del contribuente, che si sottrae alla prova stessa, e dunque fornisce validi elementi per dubitare della genuinità di documenti che abbiano a riaffiorare nel corso del giudizio. Ciò costituisce una giustificazione ragionevole della loro inutilizzabilità; del resto temperata dalla possibilità riconosciuta al contribuente di dimostrare la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione (così come affermato da Cass. 28 gennaio 2002, n. 1030)”.
La sentenza n. 13511/2008
Oggi
Nella specie, ricorreva, invero, il duplice presupposto, per l’accertamento induttivo, ex art. 55 del D.P.R. n. 633 del 1972: mancata risposta alla richiesta di chiarimenti e omessa dichiarazione. Per
Francesco Buetto
17 Luglio 2008
NOTE
(1) Cfr. BUETTO,
Se il Fisco chiama conviene rispondere, in ilcommercialistatelematico.it. febbraio, 2008.
I giudici laziali, preso atto che “i questionari Mod. 55 sono stati notificati il 28/06/2001, successivamente quindi alla modifica dell’art. 39 del DPR n. 600/1973, introdotta con l’art.25 della Legge n. 28/1999, e attesa la mancata risposta ai questionari stessi da parte del contribuente, – ritengono “pienamente legittimo il ricorso dell’ufficio all’accertamento induttivo, non avendo potuto svolgere concretamente e nel merito l’azione di accertamento in conseguenza della mancata esibizione da parte del contribuente di tutti i dati e documenti contabili richiesta… il contribuente si limita a dedurre che la mancata risposta ai questionari non determina la inattendibilità delle scritture contabili, che, sostiene, deve risultare dalle ispezioni delle scritture stesse, ma non assolve neppure in questa sede all’onere di fornire concreti elementi per contrastare gli accertamenti dell’ufficio, che non ritiene verosimili i dati reddituali dichiarati, in relazione alla potenzialità produttiva dell’impresa e alla percentuale di redditività del settore di attività. Per tutti codesti motivi gli accertamenti impugnati si devono ritenere fondati, senza che rilevi, in contrario, la formale correttezza delle scritture contabili della società, essendo noto in proposito che la tenuta di una contabilità formalmente regolare non preclude all’Amministrazione finanziaria la rettifica dell’imponibile dichiarato, ove, come nella specie, si ritenga attendibilmente che quest’ultimo sia inferiore a quello effettivo“.
(2) CAPUTI, L.n. 28/1999: maggiori poteri di accertamento per l’Amministrazione finanziaria e diritto di difesa, in “ il fisco”, n. 10/1999, pag. 3377