Il condono tombale preclude il rimborso IVA

         Con sentenza n. 14828 del 20 maggio 2008, dep. il 5 giugno 2008, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che al contribuente che abbia fatto ricorso alla sanatoria di cui all’art. 9 della legge 289/2002 è  preclusa ogni possibilità di ottenere rimborsi relativi alle annualità coinvolte  nella  sanatoria  stessa.

         La sentenza emessa – di interesse per l’elevato contenzioso in atto – ci consente di affrontare nello specifico una problematica di estrema delicatezza e importanza per le aziende.

 

LA CORNICE DI RIFERIMENTO

 

         Con l’art. 9 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, –  cd. Finanziaria 2003 (1) -, il legislatore aveva messo in campo il re dei condoni: il tombale, istituto che ha consentito ai contribuenti di chiudere la partita con il Fisco, per gli anni che vanno – generalmente – dal 1997 al 2002.

         I soggetti interessati erano tutti i contribuenti, siano essi persone fisiche o persone giuridiche, indipendentemente dal tipo di reddito dichiarato e investiva tutte le imposte.

         Sulla base di quanto disposto dal comma 10, dell’art. 9, il perfezionamento della definizione comportava, fra l’altro, la preclusione da ogni accertamento tributario, sia nei confronti del dichiarante sia dei soggetti coobbligati, limitatamente alle annualità ed ai tributi oggetto di condono.

 

         Per effetto del comma 9, dell’art. 9 della cd. Finanziaria 2003, la definizione automatica, limitatamente a ciascuna annualità d’imposta, rendeva definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni e agevolazioni indicate o all’applicabilità di esclusioni.

         Inoltre, la dichiarazione di condono non modificava gli effetti della liquidazione delle imposte e del controllo formale, sia ai fini II.DD (art. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/73) che Iva (art. 54-bis del D.P.R. n. 633/72), né l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate, né costituiva titolo per il rimborso di ritenute, acconti e crediti d’imposta precedentemente non dichiarati, né per il riconoscimento di esenzioni o agevolazioni non richieste in precedenza, ovvero di detrazioni d’imposta diverse da quelle originariamente dichiarate. 

 

L’ULTIMA SENTENZA A SEZIONI UNITE

 

         La sentenza della Cassazione che si annota – n. 14828 del 20 maggio 2008 (dep. il 5 giugno 2008) della Corte Cass., SS.UU. – nega il rimborso Iva nel caso in cui il contribuente abbia aderito al cd. condono tombale.

         Con riferimento ad altre normative di definizione agevolata dei carichi fiscali (ma la situazione non è diversa per il caso disciplinato dalla disposizione in esame) la Corte di Cassazione ha avuto già modo  di rilevare – e le Sezioni Unite intendono confermare questo orientamento, condividendolo – che il condono “pone  il  contribuente di  fronte ad  una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro:  o coltivare la controversia nei modi ordinali, conseguendo, ove del caso,  i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere  quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto  eventualmente  già  corrisposto  sulla linea del procedimento ordinario” (Cass. nn. 195 e 15635 del 2004; 3163 del 1997; 3273  del  1996).

 

         Queste  conclusioni  hanno  poi  trovato conforme  applicazione  anche  con riferimento alla specifica fattispecie regolata dall’art. 9, della L. n.  289  del 2002, (v. Cass. nn. 3682 e 6504 del 2007 secondo le quali la presentazione della istanza di condono “preclude al contribuente ogni  possibilità  di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi  compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del  relativo presupposto: il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il  contribuente  di  fronte  ad  una  libera  scelta  tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente  pagate, oppure  corrispondere quanto dovuto  per  la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria“).

 

         Pertanto, “la motivazione della sentenza impugnata sul punto è  incongrua, essendo errata l’affermazione secondo la quale sarebbe irrilevante l’utilizzo della sanatoria, in quanto,  nella specie, il  supposto  contrasto  della  norma interna con la direttiva comunitaria determinerebbe l’assoluta  carenza  del presupposto impositivo, poiché il condono ha, tra l’altro, proprio lo  scopo di definire transattivamente la controversia sulla  esistenza  (ritenuta dall’Agenzia e negata dal contribuente) di tale presupposto”.

         Né rileva, per le Sezioni Unite della Cassazione, “per la evidente diversità della questione, la disposizione dell’ultimo periodo della L. n. 289 del  2002,  art  9,  comma  9  il  quale esclude che il condono abbia di per sé un effetto modificativo soltanto  in ordine all’importo di eventuali rimborsi e crediti  derivanti  dalle  (ossia indicati nelle) dichiarazioni presentate dal contribuente, nel senso che  il condono non impone al contribuente la rinuncia al credito  ivi  esposto,  né preclude all’amministrazione di rimborsarlo, se lo  ritiene  fondato,  o  di accertarne la non rimborsabilità (v. Corte cost. ord. n. 340/2005)”.

  

Brevi riflessioni

   

         La sentenza – definitivamente – chiude una lunga questione, che comunque già sembrava avviata a soluzione.

         Infatti, già la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2701 del 5 febbraio 2008 (2) aveva affermato che costituisce principio consolidato, che consente l’accoglimento in camera di consiglio con ordinanza ex art. 375 e 380  bis c. p. c. del ricorso dell’Amministrazione e la  decisione  nel  merito  sfavorevole  al contribuente, l’affermazione secondo cui ogni condono pone  il  contribuente di fronte ad una libera  scelta  fra  trattamenti  distinti  e  che  non  si intersecano fra  loro: o coltivare  la  controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere  quanto dovuto per la definizione agevolata,  ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto  sulla linea del procedimento fiscale ordinario. Pertanto, l’adesione del contribuente alle  sanatorie  fiscali  previste  dall’art. 9 della L. 27 dicembre 2002, n. 289 è ostativa della prosecuzione del giudizio di rimborso per l’Irap che si assume indebitamente versata.

 

         Infatti, la definizione tombale degli imponibili comporta la rinuncia  tacita alla richiesta di rimborso dell’Irap per i medesimi  anni  d’imposta  oggetto  di condono, con conseguente estinzione del giudizio promosso avverso il diniego di tale rimborso.

         La Corte, nella citata ordinanza n. 2701 del 5 febbraio 2008, risponde  attraverso  il  richiamo  di  quanto enunciato, fra le altre, dalla sentenza  n. 3682  del  2007, la  quale  ha stabilito il principio secondo  cui  in  tema  di  condono  fiscale  e  con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre  2002, n. 289,  art. 9,la  presentazione  della  relativa  istanza  preclude  al contribuente  ogni  possibilità  di  rimborso  per  le  annualità  d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP)”.

         Il condono, infatti, è una libera scelta transattiva che ha dei pro e dei contro che il contribuente deve mettere sul piatto della bilancia.

                                          

Gianfranco Antico

31 Luglio 2008



NOTE

(1) Come è noto, il D.L.n.282 del 24 dicembre 2002, convertito in legge 21 febbraio 2003, n.27 ha successivamente modificato l’impianto normativo originario dell’art.9 della legge n.289/02

(2) La giurisprudenza della Cassazione è conforme fin dalla sentenza n. 3682 del 16 febbraio 2007. Nello stesso senso le ordinanze 2690 e 2691 del 5 febbraio 2008