Deducibilità del trattamento di fine mandato riservato agli amministratori di società

A differenza del trattamento di fine rapporto erogato ai lavoratori dipendenti in caso di cessazione del rapporto di lavoro, l’omologa indennità riservata agli amministratori di società, segue regole differenti sia sul piano civilistico che, stando alle recenti precisazioni dell’Amministrazione finanziaria, anche sul versante fiscale. A cura di Stefano Sirocchi

Si anticipa che il ricorso a questa indennità può tornare particolarmente utile (1), sia come strumento di autofinanziamento per l’impresa (che, tra l’altro, a determinate condizioni sostiene anche un costo deducibile fiscalmente per competenza), sia per l’amministratore, a cui è assicurata la liquidazione di una somma di denaro preconcordata, alla fine del proprio mandato.         

Per un più ampio e discorsivo inquadramento del contenuto di questa indennità, tuttavia, si rimanda ad altro successivo intervento, a breve sulle pagine del Commercialista Telematico.

In questa sede ci preme invece sottolineare le conseguenze della Risoluzione n. 211 del 22 maggio 2008, in tema di deducibilità dell’accantonamento del tfm (trattamento di fine mandato) per l’impresa, e fornire i riferimenti circa le posizioni assunte in dottrina.

            L’articolo  105, comma 4, del Tuir, prevede che le indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, comprese quelle derivanti dagli uffici di amministratore della società, seguano la deducibilità per competenza.

            Tuttavia, la tecnica normativa utilizzata dal legislatore, ha sollevato alcuni dubbi in dottrina. Infatti il rinvio operato dal citato art. 105, co. 4, Tuir, nei confronti dell’art. 17 co. 1, lett. c, Tuir, lascia aperte due possibili interpretazioni:

–          Secondo una prima posizione, il legislatore ha fatto rimando all’articolo 17 co. 1, lett. c, solo per qualificare la tipologia dei compensi ed evidenziarne il correlato trattamento fiscale in capo al percipiente (in questo caso di favore, giacché il citato articolo 17 fissa le condizioni per l’applicazione della tassazione separata).

–          Oppure, in alternativa, le condizioni dettate dall’articolo 17 costituiscono anche il presupposto per operare la deducibilità degli accantonamenti per competenza, come previsto dall’articolo 105, co. 4. E poiché per rispettare le richiamate condizioni, è necessario che il diritto all’indennità risulti da atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto, solo in questi casi sarebbe possibile operare la deduzione per competenza, dovendosi viceversa applicare il principio di cassa negli altri casi (ovvero, per l’impresa, deduzione dell’accantonamento solo al momento dell’erogazione del tfm).

 

            La maggior parte della dottrina (2) ha sostenuto in passato la prima tesi, sostanzialmente sulla base dell’autonomia dell’articolo 105, comma 4 Tuir, osservando che le condizioni dell’articolo 17 sono applicabili solo in capo al percipiente, in ragione della possibilità di accesso alla tassazione separata, qualora più conveniente.

            Di segno opposto invece la posizione dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano, che con la norma di comportamento n. 125 del 1995 ha sostenuto lo stretto legame tra le due disposizioni di legge e la necessità di un atto con data certa anteriore all’instaurazione del rapporto, al fine di operare la deduzione degli accantonamenti per competenza.

            Con la Risoluzione n. 211/E del 22 maggio 2008, l’Agenzia delle Entrate ha seguito quest’ultimo orientamento sostenendo che “il citato comma 1, lettera c), dell’articolo 17 del TUIR prevede, ai fini della tassazione di tali indennità in capo al soggetto percipiente, l’applicazione del beneficio della tassazione separata solo ‘se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto’. Si ritiene che il rinvio a quest’ultima disposizione debba rigorosamente ed esclusivamente intendersi quale specifico riferimento ai rapporti risultanti da data  certa  con la conseguenza che, per i rapporti che non soddisfano tale condizione, viene meno la deducibilità del relativo accantonamento per indennità di fine mandato. La deduzione del relativo costo, pertanto, avverrà nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità medesima”.

            Interessanti sono le considerazioni esposte da Marco Piazza nell’intervento pubblicato su “Il fisco” n. 22/2008 (3) che propone un distinguo tra i compensi di amministratore rientranti nell’alveo dei redditi di collaborazione coordinata e continuativa (4) e gli altri compensi di collaborazione, diversi da quelli appena citati (5).

A tal proposito, considerando che i compensi degli amministratori devono essere stabiliti dall’assemblea, pare quanto mai remota la possibilità di alterazione del relativo registro dei verbali, in quanto gli stessi devono essere riportati cronologicamente.

Questa modalità dovrebbe da sola garantirne l’autenticità e la genuinità della data di formazione dell’atto.

            Diversa è invece la circostanza del tfm riconosciuto ad un collaboratore non amministratore. In questo caso non vi è nessuna rassicurazione sulla data di formazione dell’atto, giacché il rapporto lavorativo può instaurarsi anche mediante semplice scambio di corrispondenza e soprattutto senza alcuna verbalizzazione collegiale, che ne garantisca con certezza il momento di formazione. Secondo l’Autore è “possibile che un atteggiamento prudente del legislatore, pensato con riferimento ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa in genere, finisca con l’imporre un eccesso di formalismo anche in situazioni (come quella in cui  l’indennità è stabilita a favore di un amministratore di società) in cui non se ne sente un’effettiva necessità.”

            E’ evidente che operativamente un’interruzione del rapporto e una nuova nomina da parte dell’amministratore toglierebbe, almeno per il futuro, ogni problema applicativo e dubbio sulle modalità di deduzione dell’accantonamento.

Tuttavia è opinione di chi scrive che, anche ove la necessità di dimostrare la certezza della data fosse confermata da un’interpretazione autentica (al fine di operare la deduzione per competenza), rimarrebbe comunque anacronistico – sebbene a questo punto indiscutibile – il bisogno di dover interrompere il rapporto dell’amministratore e provvedere a nuova nomina, per poter modificare le somme da corrispondere a titolo di tfm negli anni a venire.

A differenza dei lavoratori subordinati, infatti, gli amministratori di grandi società, spesso alti dirigenti, percepiscono compensi  (globalmente intesi e comprensivi di benefits, tfm etc.) in relazione ai risultati ottenuti e variabili di anno in anno. Lo stesso dicasi per le realtà più piccole e familiari, dove le retribuzioni degli amministratori sono fissate, non solo  avendo riguardo al lavoro svolto, ma anche in relazione alla situazione economica aziendale.

 

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Stefano Sirocchi

dello stesso autore, vedi: auto, trasferte e rimborsi spese

7 Giugno 2008