la normativa antiriciclaggio impone ai professionisti l’adozione di una serie di stringenti misure preventive: l’adeguata verifica della clientela, la segnalazione delle operazioni sospette, la conservazione dei dati, la formazione di dipendenti e collaboratori…
La normativa antiriciclaggio di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 impone ai professionisti l’adozione di una serie di stringenti misure preventive al fine di contrastare i fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.
A tal fine, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha predisposto un apposito documento (n. 19 di maggio 2013) sull’antiriciclaggio: Check list per la verifica dell’adozione delle misure di legge negli studi professionali.
Peraltro, la disciplina sull’antiriciclaggio impone una serie di adempimenti formali riguardanti l’organizzazione dello studio. Il professionista, infatti, dovrà innanzi tutto stabilire se la prestazione richiesta dal cliente rientra o meno tra quelle soggette al monitoraggio e, in caso affermativo, ottemperare agli obblighi di legge definendo idonee procedure interne.
Obblighi di adeguata verifica della clientela
Con la previsione degli obblighi di adeguata verifica della clientela (artt. 16 e ss. D.Lgs. 231/2007), il tipo di approfondimento richiesto ai professionisti va ben oltre il mero accertamento dell’identità del soggetto che richiede la prestazione, essendo piuttosto finalizzato ad una approfondita conoscenza e al continuo monitoraggio del relativo rapporto.
L’obbligo di una piena collaborazione gravante sul professionista si amplia fino al punto di richiedere a quest’ultimo lo svolgimento di una costante attività di valutazione del rischio associato a ciascun tipo di cliente (c.d. approccio basato sul rischio).
La nuova disciplina, infatti, richiede al professionista di effettuare una valutazione del rischio fin dal momento in cui riceve l’incarico e impone addirittura un obbligo di astensione dal compimento della prestazione nel caso in cui i risultati di detta valutazione sconsiglino in assoluto l’instaurarsi del rapporto professionale.
Ai fini del riscontro inerente al corretto adempimento dell’obbligo di adeguata verifica della clientela (ordinaria, semplificata o rafforzata), le istruzioni contenute nell’allegato alla circolare della GdF n. 83607/2012 prevedono che l’unità operativa preposta al controllo debba selezionare un campione di operazioni e/o prestazioni professionali potenzialmente soggette all’assolvimento dello stesso.
A tal fine si rende necessaria l’acquisizione di un elenco anagrafico dei clienti, delle operazioni e delle prestazioni professionali distinte per rilevanza di importi e, per gli studi di piccole dimensioni, dei fascicoli della clientela.
Il campione è individuato con riferimento a quegli indicatori che l’art. 20 del D.Lgs. 231/2007 individua ai fini di una corretta valutazione del rischio legato a ciascuna operazione e a ciascun cliente.
Per cui rientrano nel campione oggetto di analisi le prestazioni professionali riconducibili a nominativi di clienti:
– Maggiormente ricorrenti nell’attività propria del professionista ispezionato;
– non residenti o non operanti nella zona di competenza del professionista;
– che hanno richiesto l’esecuzione di operazioni o di prestazioni professionali di importo significativo;
– che ricorrono frequentemente all’uso del contante, a libretti di deposito al portatore, a valuta estera e all’oro;
– che eseguono conferimenti o apporti di capitale in società per importi palesemente sproporzionati rispetto a quelli di mercato;
– nei confronti dei quali siano state rese prestazioni professionali aventi ad oggetto finanza strutturata a rilevanza transnazionale, avendo particolare riguardo alle operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata o non rientranti tra i Paesi terzi equivalenti ai fini antiriciclaggio;
– che presentano precedenti penali, fiscali o di polizia, in particolare per reati a scopo di profitto;
– che presentano profili di incongruenza tra le operazioni poste in essere e la propria capacità reddituale e patrimoniale;
– catalogati quali P.E.P. (persone politicamente esposte) ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. o), del D.Lgs. 231/2007;
– nei confronti dei quali sono state rese prestazioni professionali attinenti alla consulenza, organizzazione o gestione di società fiduciarie, trust o strutture analoghe.
Al fine di operare ulteriori incroci e riscontri, la GdF potrà esaminare gli strumenti informatici in uso presso lo studio e in particolare le e-mail e gli altri documenti acquisiti in sede di accesso.
Ciò, a parere del CNDCEC, desta tanta preoccupazione, soprattutto se si ricollega alla previsione di cui all’art. 36, comma 6, del D.Lgs. 231/2007, che consente l’utilizzabilità a fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti, dei dati registrati in ossequio alle norme antiriciclaggio.
Riguardo la tempistica, la GdF sottolinea come il cliente ed il titolare effettivo debbano essere identificati prima del conferimento dell’incarico professionale o dell’esecuzione dell’operazione, mentre per la clientela già acquisita l’adeguata verifica si applica al primo contatto utile, fatta salva la valutazione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che va operata in ogni momento, comportando in caso di rischio elevato la “immediata attualizzazione della verifica ordinaria del cliente”.
L’identificazione del titolare effettivo deve avvenire mediante un documento d’identità non scaduto al momento in cui l’obbligo è stato assolto.
Costituisce parte integrante della adeguata verifica assolta in modalità ordinaria anche l’acquisizione delle informazioni sullo scopo e la natura dell’operazione o della prestazione professionale.
In caso di identificazione effettuata senza la presenza fisica del cliente, il professionista ne dovrà accertare l’identità tramite altri documenti, dati o informazioni e, comunque, adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti.
Infine, nell’ipotesi in cui abbia assolto gli obblighi di adeguata verifica avvalendosi di terzi, il professionista dovrà conservare l’idonea attestazione dalla quale emerga la conferma dell’identità tra il soggetto che deve essere identificato e il soggetto titolare del rapporto instaurato presso l’intermediario o il professionista attestante, nonché l’esattezza delle informazioni comunicate a distanza.
Adempimenti dei professionisti collaboratori dello studio
Gli adempimenti antiriciclaggio devono essere duplicati in tutti quei casi in cui la posizione del professionista che presta la propria attività nello studio associato sia giuridicamente autonoma, poiché da tale autonomia discende la necessità di porre in essere gli obblighi antiriciclaggio a prescindere dalla circostanza che gli stessi sono già stati assolti dallo studio.
Diversamente, nell’ipotesi di studio individuale, rileva ulteriormente il CNDCEC, il professionista con partita iva sarebbe assimilabile al collaboratore e quindi esonerato dall’adempimento degli obblighi antiriciclaggio, a prescindere dal fatto che abbia incontrato il cliente ed esaminato la sua posizione giuridica, ovvero abbia reso una collaborazione di natura puramente intellettuale.
Occorre, quindi, una analisi, caso per caso, delle prestazioni realmente svolte dal professionista-collaboratore all’interno dello studio professionale, fermo restando che una inutile duplicazione degli adempimenti connessi alla adeguata verifica, nonché alla conservazione e alla registrazione dei dati, non sembra in alcun modo rafforzare l’efficacia preventiva delle procedure prescritte dalla legge.
Ad ogni modo, attesa la delicatezza della materia e la confusione delle interpretazioni fornite sul punto, peraltro in vigenza della precedente normativa antiriciclaggio, è evidente la necessità di un ulteriore chiarimento ufficiale da parte degli organi preposti alla corretta attuazione della normativa.
Sanzioni
Si prevede una specifica sanzione di natura penale per la violazione degli obblighi di identificazione, consistente in una multa di importo variabile da 2.600 a 13.000 euro per ciascun singolo inadempimento.
E’, inoltre, punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da 500 a 5.000 euro l’esecutore dell’operazione che omette di indicare le generalità del soggetto per conto del quale esegue l’operazione o le indica false.
Conservazione e registrazione dei dati
Sulla base del D.Lgs. 231/2007, gli obblighi di conservazione e registrazione non vanno osservati:
– In caso di applicazione degli obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela (art. 25);
– per lo svolgimento della mera attività di redazione e/o di trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale.
A parte ciò, il professionista dovrà conservare la copia o i riferimenti dei documenti richiesti per un periodo di dieci anni dalla fine della prestazione professionale.
Da tenere presente che il fascicolo della clientela deve essere istituito anche dai professionisti che hanno optato per l’archivio informatico.
Il fascicolo del cliente, che va poi tenuto nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali, deve essere costantemente aggiornato e presentato in caso di richiesta degli organi di controllo.
L’esame delle registrazioni sarà eseguito attraverso il registro della clientela o l’archivio informatico, ovvero effettuando dei riscontri rispetto alla documentazione acquisita preliminarmente all’intervento o nel corso dell’accesso.
Verrà effettuata una stampa analitica delle registrazioni effettuate dal professionista ispezionato nel periodo oggetto di controllo.
Nell’ipotesi di registro cartaceo, invece, la GdF dovrà accertare il rispetto dei requisiti richiesti, quali la numerazione progressiva, la sigla in ogni pagina del professionista o di un collaboratore autorizzato per iscritto e l’indicazione complessiva del numero delle pagine unitamente alla firma dei suddetti soggetti nell’ultimo foglio del registro, che dovrà essere tenuto in maniera ordinata e leggibile e senza spazi bianchi o abrasioni.
La GdF evidenzia altresì che il registro non deve essere “a fogli mobili e/o ad anelli”.
I professionisti che svolgono la propria attività in più sedi possono istituire per ciascuna di esse un registro della clientela.
Quanto alle registrazioni, l’unità operativa dovrà accertare che le stesse siano state effettuate tempestivamente e comunque non oltre il 30° giorno dall’accettazione dell’incarico, dal compimento dell’operazione, dall’eventuale conoscenza successiva di ulteriori informazioni, ovvero dal termine della prestazione professionale.
Così, continuano le Fiamme Gialle, si può ipotizzare che il professionista utilizzerà il criterio dell’accettazione allorquando ritenga di essere in possesso di tutte le informazioni, mentre sposterà in avanti l’adempimento della registrazione qualora preveda di venire a conoscenza di ulteriori dettagli in un secondo momento.
Di contro, ove la prestazione non abbia una durata definibile a priori, ovvero si tratti di un’esecuzione continuativa nel tempo il cui termine è “incerto ed aperto”, la GdF ritiene ammissibile che il professionista attenda la conclusione della stessa per eseguire la registrazione.
Tale interpretazione, rileva il CNDCEC, appare assolutamente non condivisibile.
Come osservato dal CNDCEC, il professionista deve provvedere entro 30 giorni dal verificarsi di una delle situazioni indicate: la registrazione deve essere tempestiva e, nella formulazione attuale, la previsione normativa precisa con chiarezza il termine e la circostanza a decorrere dalla quale hanno inizio i 30 giorni.
Volendo esemplificare, nel caso di assunzione, da parte di un professionista, di un incarico professionale consistente nella tenuta della contabilità, i 30 giorni decorrono dall’accettazione dell’incarico.
Il professionista è comunque tenuto ad identificare l’eventuale titolare effettivo e a verificarne l’identità, ma tali informazioni non devono essere registrate nell’archivio informatico, bensì semplicemente conservate nel fascicolo del cliente.
Di contro, viene accolto con favore l’esplicito riferimento delle istruzioni della GdF, ove viene previsto che i dati e le informazioni registrati in modalità cartacea debbano essere resi disponibili entro tre giorni dalla relativa richiesta.
Profili sanzionatori
Nel caso di omessa, tardiva o incompleta registrazione delle informazioni relative al cliente e delle operazioni effettuate viene prevista una multa di importo variabile da 2.600 a 13.000 euro per ciascuna violazione, mentre, nel caso di omessa istituzione dell’archivio informatico o del registro della clientela, al professionista è applicabile una sanzione pecuniaria di importo variabile da 5.000 a 50.000 euro.
Inoltre, qualora gli obblighi di identificazione e registrazione siano assolti avvalendosi di mezzi fraudolenti, idonei ad ostacolare l’individuazione del soggetto che ha effettuato l’operazione, la sanzione viene raddoppiata.
Formazione dei dipendenti e collaboratori
La GdF verifica, inoltre, se il professionista adotta misure di formazione del personale e dei collaboratori e, in particolare, se tali misure hanno carattere di continuità e sistematicità, ovvero se sono stati previsti programmi o moduli formativi attraverso brochure e altri documenti in linea con l’evoluzione normativa.
Segnalazione di operazioni sospette
La segnalazione di operazioni sospette è l’aspetto più importante nell’ambito della strategia di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo.
È tenuto a segnalare il professionista che abbia maturato il semplice sospetto, che abbia ragionevoli motivi per sospettare, ovvero che sia a conoscenza, anche se solo presunta poiché ancora non dimostrata sotto il profilo giuridico: in altre parole la segnalazione prescinde dall’individuazione di una fattispecie criminosa.
Secondo il CNDCEC, da ciò ne deriva la necessità di segnalare le operazioni sospette anche nell’ipotesi del c.d. “autoriciclaggio”, vale a dire nel caso in cui il cliente dovesse essere egli stesso sospettato di aver commesso il reato presupposto.
In relazione alla nozione di “sospetto”, questo può essere desunto da indizi di natura sia oggettiva (caratteristiche, entità, natura dell’operazione), sia soggettiva (capacità economica e attività svolta dal cliente).
Così, ad es., costituiscono elementi di carattere oggettivo fattispecie quali l’utilizzo di rilevanti somme in contanti o mezzi di pagamento non appropriati rispetto all’operazione posta in essere, l’acquisto o la vendita di beni a condizioni o valori palesemente diversi da quelli di mercato, il ricorso ingiustificato a tecniche di frazionamento delle operazioni, l’ingiustificata interposizione di soggetti terzi, l’impiego di strumenti societari, associativi o fiduciari suscettibili di limitare la trasparenza della proprietà della gestione. Di contro, rilevano sotto il profilo soggettivo le caratteristiche del cliente, soprattutto quando si tratta di soggetti dei quali è noto il coinvolgimento in attività illecite ovvero insediati in regimi fiscali o antinciclaggio privilegiati, come ad es. quelli indicati dal Gafi come non cooperativi, o ancora i comportamenti tenuti dallo stesso (reticenza, false dichiarazioni o assenza di giustificazioni plausibili).
Ai fini della segnalazione di operazioni sospette vengono elencate le seguenti fattispecie delittuose previste dal D.Lgs. 74/2000:
– Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2);
– dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3);
– dichiarazione infedele (art. 4);
– omessa dichiarazione (art. 5);
– emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8);
– omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis);
– omesso versamento di IVA (art. 10-ter).
Il CNDCEC ritiene che il professionista non sia tenuto a svolgere alcuna indagine di approfondimento, giacché il “sospetto” può desumersi esclusivamente dagli incarichi affidati, dalle richieste effettuate e dalle intenzioni manifestate dal proprio cliente eventualmente in correlazione a informazioni già note o pubbliche.
Comunque, ai fini della valutazione complessiva dell’operazione è un elemento di sospetto il ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione dei limiti previsti e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000 euro.
In tale contesto, l’introduzione degli indicatori di anomalia è servito per agevolare l’individuazione delle operazioni sospette.
Tuttavia, sottolinea il CNDCEC, la mera ricorrenza di comportamenti descritti in uno o più indicatori di anomalia non è motivo di per sé sufficiente per la segnalazione di operazione sospetta, così come l’assenza di indicatori può non essere sufficiente ad escludere a priori l’invio della segnalazione alla UIF.
Acceso negli studi
Poi dalle indicazioni operative emerge una serie di attività propedeutiche da svolgere nella fase di accesso negli studi, tra le quali rileva, oltre all’individuazione del responsabile della segnalazione e dell’eventuale attività di formazione posta in essere per diffondere la conoscenza della materia tra i dipendenti e i collaboratori, anche l’acquisizione di informazioni in merito alle eventuali “procedure interne di regolamentazione” aventi ad oggetto l’iter valutativo delle segnalazioni.
Una volta conosciuto il procedimento interno, la check list dei controlli prevede l’acquisizione della documentazione disponibile presso lo studio professionale. A tal fine, la GdF potrà avvalersi del campione già oggetto di selezione in materia di adeguata verifica o di registrazione dei dati, ovvero individuare un nuovo campione di operazioni o prestazioni professionali ritenute maggiormente significative in relazione, ad esempio, all’importo o alla localizzazione territoriale (si pensi ai Paesi con regime antiriciclaggio non equivalente o comunque noti come centri off shore, ovvero ai Paesi a fiscalità privilegiata); alla causale che le contraddistingue (gestione di strumenti finanziari, operazioni di finanza straordinaria, operazioni di vendita di beni mobili ed immobili); alle attività comunque collegate, anche indirettamente, a trust, società fiduciarie o ad enti no-profit; alla loro riferibilità ai nominativi con movimentazioni finanziarie di importo unitario più elevato, ovvero maggiormente ricorrenti.
Riguardo la verifica delle omissioni di segnalazione di operazioni sospette, vengono distinte due ipotesi:
– Omessa segnalazione al professionista-titolare da parte dei dipendenti o degli altri soggetti eventualmente incaricati della procedura;
– omessa segnalazione alla UIF, direttamente o tramite l’Ordine di appartenenza, da parte del professionista.
In entrambi i casi l’inadempimento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, variabile dall’1% al 40% dell’importo dell’operazione non segnalata.
In conclusione, l’accertatore dovrà, comunque, redigere verbale per motivare adeguatamente l’eventuale contestazione dell’omessa segnalazione, evidenziando la condotta in contrasto con il precetto violato, illustrando in modo analitico l’iter logico seguito dal professionista ispezionato, acquisendo in atti le dichiarazioni dei soggetti coinvolti e allegando tutta la documentazione ritenuta utile ai fini della successiva attività istruttoria da svolgersi a cura del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ove non sia possibile individuare con esattezza il soggetto responsabile dell’omissione, quest’ultima sarà imputata direttamente al legale rappresentante della struttura, per quanto disposto dall’art. 59 del D.Lgs. 231/2007.
Limiti all’uso del contante
Il Legislatore ha stabilito il divieto di trasferimento, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, di denaro contante, di libretti al portatore o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, quando il valore oggetto dell’operazione è complessivamente pari o superiore a 1.000 euro, anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati allo scopo di eludere la legge.
Ad es. è considerato come effettuato tra soggetti diversi il trasferimento di denaro tra socio e società (si pensi al conferimento di capitale), ovvero tra società controllata e società controllante.
Monitoraggio delle transazioni finanziarie
I professionisti destinatari della normativa antiriciclaggio devono monitorare le transazioni finanziarie poste in essere dai propri clienti.
Ciò poiché l’art. 51, comma 1, del D.Lgs. 231/2007 impone di comunicare al Ministero dell’Economia e delle Finanze (alle competenti Ragionerie territoriali dello Stato) le infrazioni al divieto di trasferimento di contanti o di titoli al portatore di cui abbiano notizia in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni.
La medesima comunicazione della infrazione va trasmessa, a cura del Ministero, anche alla Guardia di Finanza che, ove ne ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, deve darne tempestiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Il professionista che non voglia vedersi contestare tale violazione dovrà, pertanto, effettuare la suddetta comunicazione ogni qualvolta venga a conoscenza di un trasferimento di denaro contante o di titoli al portatore per un importo pari o superiore a 1.000 euro, non effettuato per il tramite di una banca, un ufficio postale o un istituto di moneta elettronica.
Deve anche effettuare la comunicazione il professionista che riscontri le seguenti ulteriori violazioni:
– Omessa indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e omessa apposizione della clausola di non trasferibilità sugli assegni, i vaglia postali e cambiari emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro (art. 49, commi 5 e 7);
– emissione di assegni all’ordine del traente non girati all’incasso (art. 49, comma 6);
– mancata riduzione del saldo dei libretti al portatore, che non deve essere pari o superiore alla soglia critica di 1.000 euro (art. 49, comma 12);
– omissione delle comunicazioni dovute alla banca o alle Poste dei dati identificativi del cessionario, nei casi di trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore (art. 49, comma 14);
– apertura o utilizzo di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia (art. 50).
Circa la natura dell’obbligo di comunicazione, la GdF evidenzia che l’adempimento deve essere circoscritto alle sole infrazioni di cui il professionista abbia notizia per ragioni d’ufficio, ribadendo di contro l’irrilevanza delle notizie acquisite “nel corso di attività espletate a titolo personale o comunque non professionali”.
L’accertamento materiale avviene attraverso l’esame delle scritture contabili obbligatorie relative ad un campione selezionato di clienti.
In particolare, vengono verificate le modalità di pagamento riferibili ad un congruo numero di operazioni commerciali e finanziarie d’importo elevato. In relazione al regime contabile adottato (ordinario o semplificato), vengono individuate le operazioni che hanno comportato:
– La movimentazione di denaro contante, di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore (anche in valuta estera) per un valore, anche frazionato, complessivamente pari o superiore a 1.000 euro, senza il tramite di banche, Poste Italiane S.p.A. e istituti di moneta elettronica;
– l’emissione di assegni bancari, postali e circolari, vaglia postali per importi pan o superiori a 1.000 euro, senza l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiano e la clausola di non trasferibilità;
– l’emissione di assegni all’ordine del traente, non girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.
Il riscontro dell’esistenza di tali operazioni imporrà la verifica, consequenziale, dell’avvenuto invio da parte del professionista, nei 30 giorni successivi alla data di acquisizione della notizia di infrazione, della comunicazione di legge al Ministero dell’Economia e delle Finanze e, segnatamente, alla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio.
Sanzioni
Riguardo l’omessa comunicazione al MEF delle infrazioni, viene prevista, in capo ai professionisti, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria variabile dal 3% al 30% dell’importo dell’operazione con un minimo di 3.000 euro.
Vincenzo D’Andò
11 giugno 2013