L’assunzione di lavoratori stranieri prevede un’attenta analisi del titolo di soggiorno e la gestione delle pratiche tramite lo Sportello Unico per l’Immigrazione: vediamo quali sono i rischi se non si prestano le corrette attenzioni.
Il lavoro quotidiano del consulente del lavoro o dell’addetto alle risorse umane si confronta sempre più spesso con una realtà caratterizzata dalla presenza di lavoratori stranieri. La verifica dei titoli di soggiorno è una delle attività più delicate e al tempo stesso più sottovalutate in fase di assunzione. Capita frequentemente che un datore di lavoro presenti all’intermediario un candidato munito di un permesso di soggiorno apparentemente valido, ma il dubbio che assilla il professionista è sempre lo stesso: quel titolo consente davvero di procedere all’assunzione con contratto di lavoro subordinato? E, se sì, per quanto tempo il rapporto potrà durare senza rischiare irregolarità?
La questione non è di poco conto. Un errore nell’interpretazione della tipologia di permesso di soggiorno può tradursi in pesanti sanzioni per il datore di lavoro e in conseguenze gravissime per il lavoratore straniero, che rischia la perdita del titolo, l’interruzione del percorso di integrazione e, nei casi estremi, l’espulsione.
Per questo motivo, conoscere nel dettaglio la natura dei diversi permessi e le possibilità che ciascuno di essi apre in termini di accesso al lavoro è un passaggio imprescindibile.
Il sistema italiano dei titoli di soggiorno
Il sistema italiano dei titoli di soggiorno si articola in un ventaglio molto ampio di possibilità, che possono essere schematizzate in tre categorie principali: permessi che consentono pieno accesso al mercato del lavoro; permessi che autorizzano a lavorare solo in presenza di condizioni specifiche; permessi che non prevedono alcuna attività lavorativa. All’interno di queste categorie, ogni singolo titolo presenta peculiarità, limiti temporali e normative di riferimento con le quali il consulente deve fare i conti ogni giorno.
Il titolo più utilizzato