Patto di stabilità: una soluzione per fidelizzare i dipendenti o no?

Trattenere le risorse migliori è una delle principali sfide aziendali. Tra welfare, incentivi economici e clausole contrattuali, il patto di stabilità emerge come strumento utile per fidelizzare i dipendenti e tutelare l’investimento del datore di lavoro. Quali vantaggi offre e come si applica?

Il patto di stabilità: uno strumento per fidelizzare i dipendenti e tutelare l’azienda

patto di stabilitàUna delle sfide dell’azienda e degli uffici personale non è soltanto quella di assumere le migliori risorse presenti sul mercato ma altresì riuscire a trattenerle pur a fronte della concorrenza di altre realtà in Italia o all’estero.

La fidelizzazione dei dipendenti passa soprattutto attraverso misure di welfare aziendale, senza dimenticare però la leva economica rappresentata dall’attribuzione di importi aggiuntivi ai minimi di paga base, come superminimi e indennità ad personam.

In quest’ottica quale ruolo e che vantaggi ha il patto di stabilità?

Analizziamo la questione in dettaglio.

 

Cos’è il patto di stabilità?

Nell’ambito delle negoziazioni in vista dell’avvio di una collaborazione lavorativa ovvero nel corso del rapporto di lavoro le parti (azienda e dipendente) possono impegnarsi a non recedere dal contratto per un certo periodo di tempo.

L’impegno in questione è formalizzato attraverso un apposito patto di stabilità o clausola di durata minima garantita, definita a vantaggio di:

  • datore di lavoro;
  • dipendente;
  • entrambe le parti del contratto.

Il patto di stabilità a beneficio del datore di lavoro rappresenta una delle possibili soluzioni per fidelizzare i dipendenti.

 

Patto di stabilità a vantaggio dell’azienda

Il patto di stabilità definito a beneficio del datore di lavoro impegna il dipendente, a fronte dell’erogazione di una somma economica in busta paga, a non dimettersi per un determinato periodo di tempo, eccezion fatta per le ipotesi di giusta causa.

Grazie al patto l’azienda ha la certezza, per il periodo di validità del medesimo, di poter contare sulle prestazioni del dipendente. In caso di inosservanza degli obblighi contrattuali il datore di lavoro può rivalersi economicamente sul dipendente, a mezzo addebito di una determinata somma a titolo di penale, definita nel patto.

 

L’accordo azienda – dipendente

Il patto di stabilità, pur in assenza di un preciso obbligo di legge, è opportuno che, per un’esigenza di certezza dei contenuti, venga redatto per iscritto con i seguenti contenuti:

  • periodo di vigenza del patto;
  • corrispettivo economico riconosciuto al dipendente e modalità di erogazione dello stesso (ad esempio liquidazione mensile in busta paga, quale elemento fisso della retribuzione);
  • deroghe al patto di stabilità (ad esempio dimissioni per giusta causa);
  • penale in caso di inosservanza del patto da parte del dipendente e modalità di pagamento della medesima.

Il documento (contemplato all’avvio della collaborazione o nel corso della stessa) dev’essere sottoscritto dal dipendente per ricevuta e accettazione.

Se manca l’accordo formale del lavoratore, il patto non ha alcun effetto.

 

La penale

Nel patto di stabilità le parti possono definire la corresponsione di una penale, da parte del dipendente, se quest’ultimo si dimette (non per giusta causa) in costanza di validità dell’accordo.

La penale può essere concepita:

  • in misura forfettaria, ad esempio in percentuale rispetto alla retribuzione o ancora in base ad un certo numero di mensilità dell’importo riconosciuto in busta paga a titolo di patto di stabilità (è altresì possibile definire un meccanismo decrescente con una percentuale / importo della penale che si riduce in relazione alla durata del contratto);
  • in relazione ai costi effettivamente sostenuti (o da sostenere) per la ricerca / selezione di una nuova risorsa e / o per la formazione del neo assunto.

Con riguardo al secondo aspetto, i costi possono essere rappresentati dalle fatture delle agenzie di ricerca e selezione del personale o dell’ente di formazione incaricato.

All’interno del patto di stabilità è opportuno definire le modalità con le quali il dipendente può:

  • contestare l’entità della penale e invocare un importo inferiore della stessa;
  • addivenire ad un accordo con il datore di lavoro, ad esempio annullando le dimissioni (in tal caso l’azienda non può mantenere la penale a fronte della decisione del dipendente di proseguire il rapporto di lavoro).

Secondo la giurisprudenza di Cassazione (sentenza 11 febbraio 1998, n. 1435) in assenza di una specifica intesa il dipendente deve farsi carico del risarcimento per il danno subito dall’azienda, ad esempio commisurato ai costi per la ricerca – selezione del personale o per la formazione.

Come recuperare la penale?

L’accordo tra azienda e dipendente è incaricato di fissare i canali di pagamento della penale, dovuta in caso di inosservanza del patto.

In tal caso le alternative sono:

  • Trattenuta in busta paga, da recuperare sulle competenze di fine rapporto, liquidate nel cedolino dell’ultimo mese in forza e in quello di erogazione del TFR;
  • Bonifico diretto dal dipendente all’azienda (in questo caso evidenziando comunque l’importo, a mero titolo figurativo, in busta paga).

Dimissioni per giusta causa

Il patto di stabilità definito a vantaggio del datore di lavoro non produce alcun effetto in caso di dimissioni del dipendente, rassegnate per giusta causa.

Le ipotesi in cui ricorre la giusta causa di dimissioni sono state tipizzate nel tempo dalla giurisprudenza, in particolare di Cassazione.

Trattasi, in particolare, di:

  • mancato o ritardato pagamento della retribuzione;
  • omesso versamento dei contributi;
  • comportamento ingiurioso del superiore gerarchico;
  • pretesa da parte del datore di lavoro di prestazioni illecite;
  • molestie sessuali del datore di lavoro;
  • significativo svuotamento del numero e contenuto delle mansioni, tale da determinare un pregiudizio al bagaglio professionale del dipendente;
  • assegnazione a mansioni inadeguate, non inerenti con quelle assunzione o incompatibili con lo stato di disabilità del lavoratore;
  • mobbing;
  • imposizione al lavoratore, che ha scelto di prestare l’attività nel corso del preavviso, di godere delle ferie residue con sovrapposizione di queste al preavviso.

Le parti sono libere di definire altre ipotesi di interruzione del contratto per le quali non ricorrono gli effetti del patto di stabilità.

 

Paolo Ballanti

Martedì 13 maggio 2025