Tra opportunità e rischi l’intelligenza artificiale fa capolino negli studi di commercialisti 

L’intelligenza artificiale, anche nella sua forma più evoluta rappresentata dalla Generative AI (GenAI), sta rapidamente trasformando il mondo dei commercialisti.

Anche gli studi di commercialisti, tradizionalmente associati a pratiche consolidate e adempimenti normativi, si trovano oggi davanti a una sfida epocale: adottare nuove tecnologie per restare competitivi, attrattivi e rilevanti. Tuttavia, tra entusiasmo e incertezza, l’adozione dell’IA avanza a ritmi disomogenei e solleva interrogativi non banali.

 

L’adozione dell’IA: dati globali e realtà italiana

intelligenza artificiale studi commercialistiSecondo la ricerca Future Ready Accountant di Wolters Kluwer Tax & Accounting, a livello globale solo il 27% degli studi utilizza attualmente strumenti basati su IA, mentre un ulteriore 22% prevede di adottarli entro l’anno. L’Italia segue un andamento simile, con un interesse crescente ma una reale implementazione ancora circoscritta alle realtà più strutturate.

L’entusiasmo è comunque evidente: il 53% dei professionisti vede positivamente l’ingresso dell’IA nel settore, percentuale che sale al 57% in Europa. I grandi studi (oltre 50 dipendenti) sono nettamente più inclini all’adozione (76%) rispetto ai micro studi (38%).

Un dato chiave emerge: l’esistenza di una policy formale sull’uso dell’IA fa davvero la differenza. L’84% dei professionisti che lavorano in studi con una policy specifica mostra un atteggiamento favorevole, contro il 44% negli studi senza linee guida.

 

Automazione, efficienza e consulenza evoluta sono reali vantaggi

L’intelligenza artificiale promette di liberare i commercialisti dai compiti più ripetitivi e a basso valore aggiunto. Tra i principali benefici segnalati dalla ricerca di Wolters Kluwer Tax & Accounting emergono lo snellimento delle attività (60%), l’automazione dei processi (50%), la riduzione dei costi, l’aumento della produttività (40%) e una decisa maggiore accuratezza nei calcoli (38%).

Inoltre, grazie alla capacità predittiva e alla gestione massiva dei dati, l’IA consente di offrire analisi finanziarie personalizzate e servizi consulenziali proattivi. Questo sta già cambiando il ruolo del commercialista che si trasforma da semplice “esecutore” di obblighi fiscali a vero e proprio partner strategico delle imprese.

 

Privacy, accuratezza e fiducia sono i rischi percepiti

Non mancano però le preoccupazioni, trasversali per area geografica e dimensione dello studio. La ricerca Future Ready Accountant rileva preoccupazioni su sicurezza dei dati e privacy (44%), accuratezza e affidabilità delle informazioni (43%) e costi elevati per implementazione e monitoraggio (35%).

C’è poi chi teme un impatto negativo sul processo decisionale, la sostituzione di posti di lavoro e la perdita di rapporto umano con i clienti. Per questo, un’adozione etica, trasparente e consapevole dell’IA è fondamentale. L’IA deve affiancare, non sostituire, la competenza del professionista.

 

Nuovi modelli di business e resistenze culturali

Un aspetto interessante riguarda il possibile impatto dell’IA sui modelli di business degli studi. Con l’aumento dell’efficienza, molti si chiedono se sarà possibile superare i tradizionali modelli di tariffazione oraria per approdare a formule a valore o in abbonamento. A oggi, il 19% degli studi ha già cambiato modello di fatturazione, e un altro 19% prevede di farlo entro l’anno. Il 28% ritiene che l’IA renderà estremamente o molto probabile questo passaggio, con punte del 32% negli Stati Uniti.

 

Tra innovazione e prudenza

In Italia, dove lo scenario professionale è composto da una moltitudine di studi medio-piccoli, l’adozione dell’IA è ancora limitata ma in evoluzione. La mancanza di policy strutturate, la diffidenza verso l’automazione e i costi percepiti come elevati frenano l’adozione diffusa. Tuttavia, le realtà più dinamiche – anche tra le PMI – iniziano a investire in formazione, integrazione di soluzioni cloud e AI e modelli organizzativi più agili.

Un ruolo chiave lo giocano anche le università italiane, che stanno gradualmente aggiornando i percorsi di laurea in Economia e Scienze aziendali, introducendo corsi su tecnologie digitali, data analysis e intelligenza artificiale applicata.

 

Un passaggio epocale inevitabile, ma da governare

L’intelligenza artificiale rappresenta una leva trasformativa senza precedenti per il mondo dei commercialisti. Chi saprà coglierne i benefici, affrontando con intelligenza i rischi, si troverà nella posizione ideale per guidare l’evoluzione della professione.

La vera sfida oggi non è solo tecnica, ma culturale. Occorre infatti superare le resistenze, adottare strategie chiare e avviare un cambiamento strutturale. In gioco c’è il futuro stesso della professione del commercialista e la capacità degli studi di diventare protagonisti di un ecosistema economico sempre più complesso, dinamico e digitale.

 

Intelligenza artificiale negli studi di commercialisti: rivoluzione in corso tra opportunità e rischi

L’intelligenza artificiale (IA), nella sua evoluzione più recente rappresentata dalla Generative AI (GenAI), sta trasformando anche gli studi di commercialisti, spingendoli a ripensare processi, servizi e modelli di business. La ricerca Future Ready Accountant di Wolters Kluwer Tax & Accounting mostra un settore in fermento: il 27% degli studi ha già adottato tecnologie IA e un ulteriore 22% prevede di farlo entro l’anno.

Ma come si traduce l’adozione dell’IA in termini pratici? E quali sono le implicazioni per la professione, in particolare in Italia?

 

Dove entra in gioco l’IA: applicazioni concrete

Negli studi professionali, l’IA non è un concetto astratto, ma una leva concreta per migliorare efficienza e qualità. Tra le applicazioni più diffuse:

Automazione della contabilità e riconciliazioni: grazie al machine learning, i software possono categorizzare automaticamente le operazioni contabili (OCR, AI invoice matching) e suggerire scritture contabili riducendo gli errori umani.

Compilazione e revisione dichiarativi: l’IA è già in grado di analizzare grandi volumi di dati per segnalare anomalie, mancanze o rischi fiscali, supportando i professionisti nel controllo preventivo delle dichiarazioni fiscali.

Consulenza finanziaria predittiva: attraverso l’analisi predittiva (predictive analytics), gli strumenti IA permettono di elaborare scenari futuri a partire dai dati storici dei clienti, supportando strategie di budgeting, cash flow management e investimenti.

Chatbot e assistenti virtuali: integrati nei CRM o nei portali clienti, possono gestire FAQ fiscali, scadenze o richieste operative, migliorando la customer experience.

Due diligence e analisi del rischio: gli algoritmi AI possono setacciare dati finanziari, bilanci e fonti esterne per valutare rapidamente l’affidabilità di clienti o partner.

 

L’IA cambia il modello operativo

Il passaggio a strumenti IA comporta anche una trasformazione del modo in cui gli studi operano:

Automazione dei flussi di lavoro: le piattaforme cloud integrate con IA (es. Wolters Kluwer Twinfield, Microsoft Dynamics 365 Business Central, Sage Intacct) permettono un flusso continuo di dati tra cliente e studio, riducendo le attività di input manuale.

Fatturazione a valore o in abbonamento: se l’IA permette di completare in pochi minuti ciò che prima richiedeva ore, diventa necessario ripensare i modelli di pricing. Il 28% degli studi ritiene probabile un passaggio a modelli “a valore”, più coerenti con i servizi di consulenza strategica che emergono grazie all’IA.

Data governance e compliance: l’integrazione dell’IA richiede strumenti per la gestione del ciclo di vita del dato, audit trail, gestione dei consensi e tracciabilità dei processi automatizzati, per restare conformi a normative come GDPR o obblighi antiriciclaggio.

 

I rischi tecnici e operativi

Accanto ai vantaggi, l’adozione dell’IA porta anche rischi e complessità:

Privacy e cybersecurity: il 44% degli studi segnala timori per la gestione sicura dei dati sensibili. Le piattaforme IA devono essere ospitate in ambienti conformi alle normative europee e dotate di sistemi avanzati di crittografia e controllo accessi.

Accuratezza e bias algoritmici: se non addestrati correttamente, i modelli IA possono produrre errori o suggerimenti distorti. I commercialisti devono quindi mantenere un ruolo attivo di supervisione.

Integrazione nei sistemi legacy: molti studi italiani utilizzano ancora software non nativamente compatibili con le API delle nuove tecnologie AI, rendendo complessa la migrazione o l’interoperabilità tra i sistemi.

Competenze tecniche: la mancanza di figure con competenze digitali e contabili integrate è una barriera alla diffusione dell’IA. Tuttavia, alcune università italiane stanno introducendo corsi di “data accounting” e “AI per il finance”, anticipando la futura domanda professionale.

 

Italia: il potenziale è alto, ma serve una visione

Nel nostro Paese, il tessuto degli studi è composto in larga parte da realtà medio-piccole. L’adozione dell’IA è ancora rallentata da resistenze culturali, budget limitati e un approccio spesso reattivo. Tuttavia, la crescente disponibilità di soluzioni “plug & play” (es. software gestionali cloud con AI integrata) può abbattere molte barriere.

La creazione di policy chiare sull’uso dell’IA, la formazione continua del personale e l’identificazione di processi a basso rischio da cui iniziare sono strategie fondamentali per avviare una transizione efficace.

 

Conclusione: dal rischio all’opportunità

L’intelligenza artificiale non è un fine, ma uno strumento. Se utilizzata con consapevolezza e progettualità, può trasformare radicalmente lo studio professionale, rendendolo più efficiente, consulenziale, e soprattutto centrato sul valore. In un contesto economico che richiede rapidità, trasparenza e innovazione, l’adozione dell’IA non è più un vantaggio competitivo: è una condizione per restare nel mercato.

Il commercialista del futuro è già qui — ed è affiancato da un assistente artificiale.

 

Redazione

Martedì 22 aprile 2025