Il legislatore tutela la salute dei lavoratori regolando l’orario di lavoro e il diritto alla pausa. Quando l’orario supera le sei ore, spetta al dipendente un intervallo per recuperare energie e consumare il pasto. Ma quali sono i dettagli di questa normativa? Quanto può durare la pausa? Quando deve essere inserita in orario? E in caso di orario spezzato?
In tema di rapporti di lavoro dipendente una delle maggiori preoccupazioni del legislatore è quella di assicurare la salute e il benessere psico-fisico dei lavoratori, quale parte del contratto esposta al rischio di vedersi penalizzata di fronte alle richieste e / o alle condizioni di lavoro imposte dall’azienda; uno dei terreni su cui opera la tutela normativa è quello dell’orario di lavoro, attraverso la previsione di condizioni minime in termini di riposi e pause, spettanti a tutti i lavoratori dipendenti.
La legge di riferimento è rappresentata dal Decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66 adottato in attuazione della direttiva comunitaria sull’orario di lavoro numero 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000.
Il decreto in parola definisce tra le altre cose il diritto del lavoratore alla pausa. Analizziamone la disciplina in dettaglio.
Diritto del lavoratore alla pausa: cosa dispone la normativa?
Il Decreto legislativo 8 aprile 2003 n. “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro” dispone all’articolo 8 che, qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, il dipendente deve beneficiare di un intervallo per pausa.
L’istituto ha l’obiettivo di assicurare il recupero delle energie psico-fisiche e l’eventuale consumazione del pasto, anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
Quanto dura la pausa?
La durata della pausa è fissata dalla contrattazione collettiva, di norma rappresentata dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). In mancanza di previsioni in tal senso, lo stesso Decreto legislativo n. 66/2003 stabilisce che la pausa non possa essere inferiore a dieci minuti consecutivi.
Pur in presenza di disposizioni contrattuali (o nel caso in cui operi la soglia minima di legge) nulla vieta al datore di lavoro di definire, ad esempio con un apposito accordo aziendale / regolamento / prassi interna, una pausa di durata superiore, quale condizione di maggior favore.
Quando collocare la pausa?
Il datore di lavoro ha la competenza in materia di collocazione temporale della pausa, sulla base di quelle che sono le sue esigenze produttive ed organizzative.
Da notare che la pausa può essere fissata in ogni momento della giornata, non necessariamente una volta trascorse le sei ore di lavoro.
Orario di lavoro “spezzato”
Nelle ipotesi di orario di lavoro cosiddetto “spezzato” la pausa può essere assorbita dal momento di sospensione dell’attività lavorativa.
Tale è il caso di un dipendente con orario di lavoro a tempo pieno, pari a 40 ore settimanali distribuite su cinque giorni dal lunedì al venerdì.
In ogni singola giornata l’orario prevede l’attività lavorativa dalle 08 e 30 alle 12 e 30 e dalle 14,00 alle 18,00.
Pertanto, la pausa pranzo dalle 12 e 30 alle 14,00 ha la funzione di assolvere l’obbligo di concedere ai dipendenti il periodo di pausa, ai sensi della normativa di legge o della contrattazione collettiva.
Da ultimo si precisa che l’assorbimento della pausa nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa per la consumazione del pasto è possibile soltanto se la contrattazione collettiva, in alternativa:
- nulla prevede sulle modalità di concessione della pausa;
- consente espressamente l’assorbimento della pausa nel periodo di sospensione dell’attività.
Cosa indicare nel contratto di lavoro?
La durata della pausa e il momento in cui la stessa è collocata all’interno della giornata lavorativa devono essere definiti nel contratto di lavoro siglato con il dipendente. La normativa, rappresentata dall’articolo 1 del Decreto legislativo 26 maggio 1997 numero 152, come modificato dal Decreto legislativo del 27 giugno 2022 numero 104, impone infatti al datore di lavoro di comunicare al dipendente (articolo 1, comma 1, lettera o) le informazioni riguardanti la “programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione”.
Ulteriori disposizioni riguardanti le modalità di fruizione della pausa (ad esempio i luoghi in cui è consentito recarsi all’interno del complesso produttivo) possono essere riportate in appositi regolamenti o informative aziendali, da consegnare ai lavoratori in sede di assunzione, insieme ad altri documenti come:
- modulo per le scelte fiscali su Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef) e detrazioni (modulo cosiddetto “D23”);
- modulo per la scelta sulla destinazione del TFR (modulo TFR 2);
- altre informative aziendali o regolamenti, diversi da quello sulla fruizione delle pause.
La pausa del lavoratore dev’essere retribuita?
La pausa rappresenta un periodo della giornata lavorativa in cui, per gli scopi sopra descritti, il dipendente non è soggetto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro. Pertanto, il suddetto arco temporale non dev’essere retribuito.
L’esempio tipico è quello dell’orario “spezzato” dove la pausa, solitamente utilizzata per la consumazione del pasto, è da intendersi come sospensione dell’attività e, di conseguenza, non retribuita.
Discorso diverso se la pausa è compresa nell’orario lavorativo giornaliero. In questa situazione il periodo in argomento è retribuito ma, all’interno del contratto individuale di lavoro, dev’essere specificato che nel corso della pausa il dipendente non è soggetto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro, al fine di garantire l’effettiva fruizione della pausa stessa. Fanno eccezione le informative e i regolamenti interni sulle modalità di fruizione della pausa che, ad esempio, si preoccupano di indicare i luoghi dove è consentito godere del periodo di riposo.
Rientra infatti tra le prerogative del datore di lavoro la possibilità di precludere determinati luoghi ai dipendenti in pausa, in nome della tutela della salute e sicurezza delle persone nonché della salvaguardia degli impianti.
Un caso tipico è quello del regolamento che delimita gli spazi per la pausa sigaretta, al fine di evitare incendi o pregiudizi alla salute delle persone.
Trattamento economico della pausa |
Tipologia di orario lavorativo giornaliero |
Esempio |
Non retribuita |
Orario giornaliero spezzato e assorbimento della pausa nel periodo di sospensione lavorativa (*) |
08,30 – 12,30 |
Retribuita |
Orario giornaliero comprensivo della pausa (*) |
08,30 – 16,30 |
(*) La distribuzione dell’orario dev’essere precisata nel contratto individuale di lavoro, siglato dal dipendente, nonché nelle intese successivamente intercorse tra le parti | ||
(**) Nel contratto individuale di lavoro e nelle intese successivamente intercorse tra le parti dev’essere precisato che nel corso della pausa il dipendente ha diritto all’effettiva fruizione della stessa e, pertanto, non è soggetto al potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro (fanno eccezione le eventuali disposizioni sulle modalità di fruizione della pausa, fissate da regolamenti e / o informative interne) |
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Paolo Ballanti
Lunedì 23 settembre 2024