Considerazioni in ordine alla revoca degli amministratori, ai relativi presupposti e alla necessità di distinguere il recesso potestativo della società dalla giusta causa, alla base quest’ultima della sola legittimità della pretesa risarcitoria dell’amministratore revocato.
Per la dottrina costituisce principio di diritto consolidato che una società di capitali possa in qualsiasi tempo procedere a revoca dell’amministratore dalla carica, anche immotivatamente, salvo il solo caso limite dell’abuso di diritto, dovendosi sempre ritenere preminente la tutela dell’intesse sociale. La delibera di revoca dell’amministratore ha un effetto immediato e per la validità della medesima non occorre né il supporto della giusta causa e neppure che ci sia la rappresentazione dei motivi per i quali si verifica la revoca dell’amministratore.
Si sottolinea come la sussistenza della giusta causa si raccordi causalmente con i cosiddetti oneri di legittimazione, nel senso che la sua mancanza comporta una responsabilità per danni, fermo però rimanendo la validità della delibera di revoca.
Se l’amministratore viene revocato senza giusta causa egli potrà contare su un diritto risarcitorio, ma non potrà pretendere il ripristino delle funzioni gestorie.
Sul piano dogmatico la revoca si configura alla stregua di un recesso potestativo da parte della società dal rapporto con l’amministratore, esercitabile a sua discrezione, non essendo neppure necessario il rispetto di un periodo di preavviso.
La revoca degli amministratori
La revoca, infatti, non può essere configurata alla stregua di una sanzione rispetto ad un inadempimento, in quanto raccorda la sua ratio al rapporto fiduciario tra la società e l’amministratore.
Se la fiducia viene meno e ci