Si presta sempre una particolare attenzione all’arte di scrivere e di parlare e spesso ci si dimentica quanto sia importante tacere. Vi sono diversi modi di tacere e tattico è l’uso che si può fare del silenzio in ambito manageriale.
L’arte di tacere
L’arte di tacere è un’arte per me difficile da praticare.
Passo da un estremo ad un altro.
Ed è anche per questo che, come era tradizione in Scuola di direzione aziendale, il mio stimatissimo collega Gianfranco Piantoni mi aveva regalato un prezioso librettino: “L’arte di tacere” (Sellerio, Palermo 1989) dell’Abbate Dinouart con una appropriata dedica: “anche questo è da studiare con attenzione…. Per un futuro sereno”.
Così, a trent’anni da quell’omaggio mi ritrovo anch’io a suggerirne un’attenta lettura.
Infatti, si presta sempre una particolare attenzione all’arte di scrivere e di parlare, ci sono corsi e libri dedicati a queste due arti e ci si dimentica che anche tacere è un’arte e per di più non è facile.
- È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio.
- Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare.
- Nell’ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà parlare rettamente.
- Tacere quando si è invitati a parlare è segno di debolezza e imprudenza, ma parlare quando si dovrebbe tacere è segno di leggerezza e scarsa discrezione.
- In generale, è sicuramente meno rischioso tacere che parlare.
- Mai l’uomo è padrone di sé come quando tace: quando parla sembra, per così dire, effondersi e dissolversi nel discorso, così che sembra appartenere meno a sé stesso che agli altri.
- Quando si deve tenere un segreto non si tace mai troppo: in questi casi l’unica cosa da temere è non saper conservare il silenzio.” (pp.46-47)
Inoltre, ci sono diversi modi di tacere…
“I diversi modi di tacere nascono dalla varietà di carattere e di spirito degli uomini”.
Tra le otto cause alla base di essi ne ricordo una delle otto indicate dall’Abbate:
“1. Il silenzio prudente si addice agli uomini benevoli, dotati di senso di giustizia e capaci di distinguere con esattezza in quali situazioni tacere o parlare” (pag.52).
Questo tipo di silenzio va a connotare una elevata capacità di ascolto, che è premessa imprescindibile per andare a soddisfare le esigenze di relazione delle persone (vedi Castellucci-Traquandi, Bisogni di relazione).
Il pamphlet è preceduto da un saggio introduttivo dalle pennellate storico-filosofiche di Jean Jacques Courtine e Claudine Haroche: “Un’archeologia del silenzio”.
Mi piace chiudere con le loro parole, prima di rinviare alle altre arti:
“Il primo grado di saggezza è saper tacere; il secondo è saper parlare poco e moderarsi nel discorso; il terzo è saper parlare molto, senza parlare né male né troppo” (pag.13).
NdR: Dello stesso autore potrebbe interessarti anche…Per un management a “regola d’arte”: l’arte di apprendere
A cura di Alberto Bubbio
Sabato 3 aprile 2021