Particolarmente interessante è una recente sentenza della Corte di Cassazione in ordine alla necessità o meno dell’autorizzazione del P.M. per l’accesso nei locali “promiscui”, adibiti anche ad abitazione.
Particolarmente interessante è la sentenza della Corte di Cassazione n. 6625 del 7 marzo 2019, in ordine alla necessità o meno dell’autorizzazione del P.M. per l’accesso nei locali adibiti anche ad abitazione.
Accesso nei locali adibiti anche ad abitazione: un caso
Il caso sottoposto all’attenzione dei massimi giudici investe un avviso di accertamento fondato su una verifica effettuata presso la sede societaria, in un immobile adibito anche ad uso abitativo.
La ricorrente deduce di avere allegato l’uso promiscuo dell’immobile nel quale è stata effettuata la verifica fiscale in quanto destinato anche a sede sociale (ciò in virtù di contratti di comodato ad uso abitativo registrati in epoca precedente all’accesso).
La CTR ha disatteso l’eccezione osservando che
“l’immobile di (OMISSIS) è un edificio di quattro piani, nel quale vi sono abitazioni private e la sede legale della società è ubicata in una zona separata da quella destinata alle abitazioni e che, in base al processo verbale, l’accesso è stato effettuato solo nei locali adibiti alla sede societaria”.
Il pensiero della Corte
In tema di autorizzazione all’accesso in locali adibiti anche ad abitazione ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52,comma 1, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, comma 1, questa Corte ha più volte affermato il principio secondo il quale “l’uso “promiscuo”
“ricorre non soltanto nell’ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita famil