I files relativi a presunte cessioni in nero non vanno allegati, essendo sufficiente che l’avviso di accertamento ne riproduca il contenuto essenziale.
Sono queste le conclusioni raggiunte recentemente dalla Corte di Cassazione
I files relativi a presunte cessioni in nero non vanno allegati, essendo sufficiente che l’avviso di accertamento ne riproduca il contenuto essenziale.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20416 del 1° agosto 2018.
Il pensiero della Corte
Il Collegio ritiene che la tesi sostenuta dai giudici di appello – secondo la quale, ai fini della motivazione di un avviso di accertamento, sarebbe necessaria l’allegazione della documentazione (nella specie, i files informatici rinvenuti ed acquisiti dalla G.d.F.) su cui si basa «l’impianto accertativo», non bastando la riproduzione del suo contenuto essenziale nel corpo dell’avviso – contrasta con l’art. 42, del D.P.R. n. 600 del 1973, e non può quindi essere accolta, dovendosi affermare l’opposto principio che la motivazione per relationem di un avviso di accertamento è legittima non solo quando l’atto richiamato sia allegato all’avviso, ma anche quando di tale atto sia riprodotto nell’avviso il contenuto essenziale (Cass.