Nel novero delle modifiche alle norme del processo tributario, a decorrere dal 1° gennaio 2016, si inseriva l’espresso richiamo al difetto di rappresentanza o di autorizzazione. Tale norma codicistica, ritenuta, prima della predetta data, applicabile anche al processo tributario, era stata coinvolta nell’ambito della c.d. mini riforma al Codice di procedura civile; con questo cambiamento si consentiva la possibilità di sanare i vizi della procura ad litem con efficacia ex tunc, per effetto della produzione degli effetti sostanziali e processuali della domanda sin dal momento della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio
Nel novero delle modifiche alle norme del processo tributario, apportate dal D. Lgs. n. 156/2015 a decorrere dal 1° gennaio 2016, si inseriva l’espresso richiamo operato dall’art. 12, comma 10, D. Lgs. n. 546/1992, all’art. 182 c.p.c., che disciplina difetto di rappresentanza o di autorizzazione.
Da notare che tale norma codicistica, ritenuta – prima della predetta data – applicabile anche al processo tributario[1] solo per effetto del rinvio ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, era stata coinvolta dalla modifica del proprio comma 2 nell’ambito della c.d. mini riforma al Codice di procedura civile (ex Legge 18 giugno 2009, n. 69); con questo cambiamento si consentiva la possibilità di sanare i vizi della procura ad litem[2] con efficacia ex tunc, per effetto della produzione degli effetti sostanziali e processuali della domanda sin dal momento della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio.
All’epoca, si individuava in tale (nuovo) contesto un tentativo di ridurre la presenza, nel nostro patrimonio giurisprudenziale, di responsi di mero rito ovvero di far affievolire il pregiudizievole effetto di quei meccanismi di grande rigore procedurale concentrati sui vizi determinanti la nullità di vari atti processuali; la volontà del legislatore di favorire così l’esame d