Se un contribuente dichiara un credito Iva inesistetente, cioè superiore a quello effettivamente spettante, per utilizzarlo a fini compensativi a quale complicazioni va incontro? Il suo comportamento può essere considerato fraudolento dal Fisco?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2882 del 03.02.2017, ha risolto un caso in tema di uso fraudolento del credito Iva, affermando considerazioni che meritano di essere analizzate.
Nel caso di specie la società contribuente impugnava la cartella esattoriale riguardante il recupero di un credito IVA, per l’anno d’imposta 2006, eccedente quello spettante.
Il contribuente aveva infatti dichiarato un credito Iva superiore a quello effettivamente spettante, a seguito di un’utilizzazione parziale a fini compensativi.
La CTP di Treviso respingeva il ricorso, affermando la natura sostanziale dell’errore commesso dal contribuente, e risultando quindi applicabili al caso concreto le norme di cui agli artt. 10-bis e quater, del D. Lgs. n. 74/2000.
La società proponeva appello, accolto dalla CTR, esponendo che:
- il maggior credito Iva, pur riportato negli anni successivi, non era stato di fatto utilizzato, né chiesto a rimborso (né ciò avrebbe potuto verificarsi);
- era stato violato l’art. 10 della Legge n. 212/2000 poiché l’ufficio fiscale non aveva accolto l’istanza in autotutela di annullamento della cartella;
- era erroneo il richiamo all’art. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000, in quanto afferente alla diversa fattispecie del mancato versamento di imposte per effetto della compensazione con crediti inesistenti o non spettanti, laddove invece, nel